Film e serie dalla Polonia – quarantena streaming

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La Polonia non è poi così lontana, nemmeno in questo momento. Nell’attesa di poter tornare a programmare un weekend nella nostra città polacca preferita (per chi scrive, senza dubbio Cracovia!) o esplorarne di nuove, possiamo comunque fare un viaggio in Polonia attraverso le sue numerose produzioni cinematografiche. Approfittando di questa quarantena, in cui magari si ha più tempo o semplicemente più voglia di scoprire qualcosa di nuovo, ecco una lista delle produzioni polacche presenti sulle principali piattaforme di streaming italiane (disponibili quindi con audio/sottotitoli in italiano, cosa piuttosto rara da trovare). Iniziamo quindi il nostro itinerario di viaggio tra grandi classici da riscoprire e ultime uscite.

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Ancora un giorno – Another day of life. Kapuściński al cinema

Another day of life PoloniCult

Angola. Oggi pochi saprebbero trovarlo su una mappa senza esitare, eppure eccolo lì, sulla costa atlantica dell’Africa meridionale, uno dei Paesi con la storia più complessa del tramonto della stagione del colonialismo. A metà degli anni Settanta, quando più o meno tutti i coloni portoghesi avevano già lasciato il Paese, capire quale sarebbero state le sue sorti non è stato facile. Per motivi interni, legati a partiti rivali, ed esterni, legati all’ennesimo capitolo di un’estenuante partita a scacchi tra Comintern e forze atlantiche lontano dai propri confini. Come il Vietnam, Cuba, l’Afghanistan, anche l’Angola ha visto gli occhi del mondo su di sé per ragioni distanti e ha visto la propria terra solcata da inviati da tutto il mondo. Uno di loro lo conosciamo bene, era Ryszard Kapuściński. Kapuściński all’Angola ha dedicato uno dei suoi libri più belli e intensi, uno di quelli dove l’urgenza del raccontare e l’esigenza di essere partecipe della storia si confondono dando vita a un racconto di grande passione e impeccabile giornalismo. Il titolo della versione italiana, Ancora un giorno, uscito per Feltrinelli e recentemente ripubblicato, è anche il titolo di un film a tecnica mista girato da Raùl de la Fuente e Damian Nenow, film in arrivo in Italia ad aprile grazie alla distribuzione di I wonder pictures.

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1983 – la prima serie polacca su Netflix tra distopia e tensione

1983

1983 segna un grande passo per il mondo del cinema e della televisione polacca. Si tratta infatti della prima produzione originale made in Poland del colosso Netflix. Scritta dall’esordiente statunitense Joshua Long e diretta, in parte, dalla portabandiera del cinema polacco agli Oscar, Agnieszka Holland, 1983 si presenta come un progetto altamente ambizioso.

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Pomiędzy słowami – quando l’altro siamo anche noi

Pomiędzy słowami PoloniCult

Pomiędzy słowami inizia con una lunga e quasi immobile inquadratura del giovane Michael (Jakub Gierszał), prima di mostrarcelo impegnato in un colloquio con un poeta africano che cerca rifugio in Germania. Una conversazione secca, asciutta. Una conversazione in tedesco e in una lingua africana. Una sala vuota, loro seduti ad un tavolo con un telefono in mezzo: l’interprete è dall’altro lato capo della linea telefonica, è tra le parole dei due. Noi vediamo solo due uomini incapaci di comunicare ma molto più simili di quanto uno possa pensare, condividono infatti lo stesso status – quello di immigrato. Il bianco e nero della pellicola, risalta tantissimo in questa scena: il giovane Michael, con il suo completo nero perfetto e la camicia bianca si trova di fronte al ragazzo di colore che indossa una maglietta bianca:  è come se si guardassero in uno specchio che li riflette al contrario o come se formassero lo yin e lo yang. Michael però non ne vuole sapere di questa similitudine, di questa complementarietà, tutto nella sua vita è perfetto e immacolato, preciso al millimetro, sano, bello. Si finge forte e altro per essere accettato dalla società che gli sta intorno, ma è facile, per lui. Bianco, biondo, avvocato: la finzione regge alla perfezione.

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Cinque corti dallo Studio Munk, palestra dei cineasti polacchi

Studio Munk PoloniCult

A due anni dalla morte di Andrzej Wajda, il cinema polacco non ha ceduto al facile gioco del martirologio -come invece è purtroppo prerogativa di altri ambienti in Polonia- ma ha prodotto alcuni dei suoi risultati migliori di sempre. Basti pensare alla Palma d’Oro conquistata da Zimna Wojna di Paweł Pawlikowski, già premio Oscar al miglior film straniero per il suo Ida, o allo strepitoso successo al botteghino di Kler, il film di Woicjech Smarzowski dedicato ai piccoli e grandi vizi del clero arrivato in poche settimane a diventare il campione di incassi assoluto dal 1989 a oggi.

Non si tratta certo di un caso, ma del frutto della programmazione e del lavoro di una comunità produttiva e di una generazione di cineasti che ha saputo fare scuola nel vero senso della parola, dando il la a istituzioni e fondazioni che oggi formano giovani registi dal gusto maturo e dalle idee brillanti. E in questa galassia di accademie del cinema e produttori illuminati, fa capolino lo Studio Munk, un’istituzione attiva dal 2008 che si occupa di fornire supporto tecnico, artistico e finanziario ai registi esordienti producendo 25 film all’anno tra corti di fiction, documentari e progetti di animazione.

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Twarz: faccia a faccia con la Polonia nascosta

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Twarz è il settimo lungometraggio della cracoviense Małgorzata Szumowska, ritenuta oggi una delle esponenti più interessanti di una nuova generazione di cineasti polacchi. Una regista dalla cifra stilistica riconoscibile e che da qualche anno riesce a realizzare film capaci di dividere l’opinione pubblica trattando temi complessi in modo coraggioso e provocatorio. Ciò che accomuna le ultime opere di Szumowska, come avevamo già evidenziato recensendo uno dei suoi film di maggiore successo di pubblico e critica, è il delicato rapporto che lega il corpo umano allo spirito. Un’interazione reciproca nella quale a un’improvvisa fragilità dell’uno corrisponde talvolta un irrobustimento dell’altro, ma il cui legame a doppio filo corre il rischio di spezzarsi per le eccessive sollecitazioni. Questo film, ispirato a larghe linee a una storia vera, non fa eccezione e mette in scena un trauma personale che innesca un prima e un dopo nella vita del protagonista.

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Zimna Wojna – la guerra fredda dei sentimenti

Zimna wojna

Da qui, da questo canovaccio ‘storico’, ha scelto di ripartire Paweł Pawlikowski– autore anche della sceneggiatura insieme al compianto Janusz Głowacki e a Piotr Borkowski – dopo il pluripremiato Ida, per regalarci un film che al momento ha già portato a casa una Palma d’oro per la migliore regia a Cannes. I legami con Ida sono almeno tre: anzitutto il bianco e nero, con la stessa sfolgorante luminosità che gli avevamo conosciuto nel film sulla novizia in cerca di se stessa, un bianco e nero scelto giocoforza, come il regista dichiara in un’intervista rilasciata a Katarzyna Janowska, “è un po’ imbarazzante aver fatto di nuovo un film in bianco e nero, avrei voluto evitarlo, ma purtroppo non ho trovato il modo per farlo a colori”; eppure, prosegue Pawlikowski, il bianco e nero è così drammatico, pieno di contrasti e forte, che alla fine del film si ha l’impressione di guardare un film a colori.

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Agnus Dei: il mistero della fede

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Polonia, 1945. Il giovane medico Mathilde lavora per la Croce Rossa francese, curando i connazionali sopravvissuti ai campi di concentramento. La sua impegnativa routine lavorativa viene improvvisamente interrotta da una disperata richiesta d’aiuto: una giovane suora polacca si presenta alla sede della Croce Rossa, cercando di spiegarsi in qualche modo, non parlando francese. Mathilde la rimanda fuori senza darle troppa importanza, non rientra nei suoi doveri curare i polacchi. Eppure, la suora riesce nuovamente ad attirare la sua attenzione. Se ne sta lì, nella neve, immobile, inginocchiata in preghiera. Qualcosa scatta nell’animo della giovane francese, che sceglie di seguire la suora fino al convento, dove scopre il motivo dell’urgenza della sua richiesta. Una sconvolgente realtà attende il medico, la maggior parte delle religiose sono in stato di gravidanza e una di loro sta per partorire. Mathilde scopre così che il convento è stato preda di alcune violente incursioni da parte dei soldati sovietici che hanno violentato le sue abitanti.

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Płynące wieżowce – di amore e omosessualità in Polonia

Płynące wieżowce

Quando uscì nel 2013, quest’opera di Tomasz Wasilewski fece parlare molto di sé. Si trattava del “primo film polacco dedicato a tematiche LGBT”, o almeno così si andava ripetendo un po’ dappertutto sulla stampa. La pellicola (ancora inedita in Italia, distribuita all’estero con il titolo di Floating Skyscrapers) racconta la storia di Kuba (Mateusz Banasiuk), giovane nuotatore che sta mettendo anima e corpo nella preparazione di una gara. La sua è una vita tranquilla, scandita dalla routine che si è costruito con Sylwia (Marta Nieradkiewicz), la sua ragazza, profondamente innamorata di lui, e con la madre (Katarzyna Herman). A turbare la serenità di Kuba sarà l’incontro con Michał (Bartosz Gelner), per il quale il protagonista inizia a provare, ricambiato, un’attrazione a cui solo verso la fine del film egli riuscirà a dare il nome di “amore”.

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Cicha noc – sul piano inclinato dell’autodistruzione

Cicha noc

Un pullman di lunga percorrenza viaggia da occidente verso Olsztyn, Polonia. A bordo un uomo sulla trentina con indosso una maglietta con un’enorme bandiera polacca al centro parla al telefono e chiede alla sua ragazza di mandargli una foto della sua vagina, lo fa così ad alta voce che è impossibile non sentirlo. Un ragazzo un paio di file più avanti lo guarda sconfortato e commenta ad alta voce parlando alla sua videocamera portatile. Cicha noc, film tra i più discussi del cinema polacco nel 2017, inizia così e nel cinema d’essai nel centro di Varsavia in cui mi trovo il pubblico ride di gusto e borbotta commenti di familiarità per una scena grottesca quanto realistica. Siamo solo all’inizio, ma già in quella scena e nella reazione del pubblico si condensa la poetica di 97 minuti di pellicola che il giovane regista Piotr Domalewski ha dedicato al tema croce e delizia di ogni rappresentante delle arti polacche: la Polonia stessa.

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