I Wild Books sfruttano un’iconografia vintage e un sound classico in un ottimo album di esordio targato Instant Classic.
di Salvatore Greco
La vulgata che vuole Varsavia più allineata ai mood occidentali rispetto al resto del Paese spesso è arruffata e figlia di pensieri poco ragionati, ma è pur vero che il panorama musicale indipendente di Vava mostra più di quelli di altre città esempi di band dal respiro globalizzato come i Wild Books, band nata sulla Vistola varsaviana che non sfigurerebbe a San Francisco.
Nato dal progetto di due ragazzi già noti alla scena musicale locale, Wild Books è un progetto alla sua prima uscita: un LP anch’esso intitolato Wild Books e uscito per l’illuminata etichetta Instant Classic. Voce chitarra e batteria per un album composto da dieci brani frizzanti e gradevoli, con uno stile che non fa segreto di ispirarsi a mostri sacri dell’alt-rock come i Pixies ma che mostra una sua eclettica freschezza.
Il filo conduttore di tutto Wild Books è indubbiamente nel gusto “vintage” che si porta dietro brano dopo brano. La chitarra elettrica sporca e distorta, in un modo che il rock degli anni zero e dieci sembrava non conoscere più, qui è una bandiera ideologica portata con fierezza dall’esordio con Suburbs –brano dinamico e ritmato, facile da immaginare come base per le mosse goffe di qualche ragazzotto delle periferie della capitale- fino all’aggressiva e riuscita Waterproof. È tutto un po’ anticato nei Wild books, a partire dalla polaroid sfocata che fa da copertina all’album passando per il gusto nello scegliere gli arrangiamenti e per il tono assieme scanzonato e malinconico dei testi.
A volerli cercare tutti, gli omaggi a un’intera generazione del rock dentro Wild books non si finiscono di contare. Tanti e tali i riferimenti che l’ascolto di questo disco a un primo acchito sembra godibile fino in fondo solo a veri cultori della materia e maestri della citazione, ma c’è spazio anche per chi più semplicemente tra le schitarrate vaporose e fruscianti di un disco ad alto livello di inquinamento acustico abilmente tarato riconosce l’omaggio di un brano intitolato Loud Reed o ritrova qualcosa di già noto nella bella Walk of shame.
L’esordio dei Wild books è quindi più un porto sicuro che una ventata di freschezza che spinge la barca al largo, eppure il sound tradizionale in cui trovano riparo non è un paravento dietro cui nascondere una cattiva ispirazione ma l’alcova da cui far nascere un progetto che brilla già seppure non sia ancora chiarissimo.
Spiragli in particolare vengono fuori da un brano come Eyes in cui le fughe noise della chitarra si fanno più autonome, meno canoniche e ortodosse, in un crescendo che può far ben sperare e che trova ulteriore compimento nella già citata Waterproof.
A Karol e Grzegorz, che si presentano così senza cognomi ad appesantirli, probabilmente serve solo la malizia dei grandi per uscire un po’ fuori dai binari rassicuranti del già noto e dalle pareti a volte soffocanti dei tre minuti o poco più dello spazio-canzone. Un potenziale ben espresso dal brano, a opinione di chi scrive, meglio scritto di tutto il disco, quella Rewinding tapes che incastonata in mezzo alle curve melancoliche di un rock nostalgico e fuori fuoco racconta una capacità compositiva in grado di andare oltre.
Al netto del potenziale, resta di Wild books un pensiero in atto e cioè che la scena indipendente polacca ha saputo fare emergere l’ennesima band di provato gusto e ancora acerbo ma evidente talento, un dono da promuovere, coltivare e possibilmente indirizzare.