Intervista con Robert M. Wegner, creatore di Meekhan, maestro riconosciuto del fantasy polacco
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di Salvatore Greco
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(Articolo uscito in collaborazione con Nova Books Agency).
Robert Wegner è lo sconosciuto più famoso in Polonia. Sembra un paradosso, ma lo è solo fino a un certo punto. L’uomo che firma le copertine dei suoi libri, successo assoluto di pubblico nel comparto fantasy, con il nome di Robert M. Wegner, nella vita reale porta un altro nome e fa un lavoro normale mentre sforna i capitoli successivi della sua saga dedicata all’impero di Meekhan pubblicata in Polonia da Powergraph e i cui diritti per l’Italia sono rappresentati da Nova Books Agency.
Al di là della riservatezza dell’uomo, il Wegner scrittore è una delle stelle più brillanti del fantasy polacco per il modo in cui ha saputo allinearsi presto ai nuovi parametri del genere. Nella sua opera, dedicata all’impero di Meekhan, non c’è spazio per buoni buonissimi contro cattivi cattivissimi, ma un’umanità con tutte le sue imperfezioni, dubbi, paure, e identità incerte. E sullo sfondo un mondo tratteggiato nei minimi dettagli e raccontato alla perfezione, tra battaglie, marce nella neve, banchetti e incontri misteriosi.
Come hai avuto l’idea della saga di Meekhan? Quando e in che modo sono iniziati ad apparire i personaggi, i luoghi e le atmosfere dell’enorme impero che hai inventato?
Meekhan è nato per gradi, negli anni, ed è venuto fuori, lo dico con il sorriso, dalla mia curiosità. Da adolescente ho scritto un racconto su un ladro di una grande città di mare che finisce in uno strano intrigo. Dopo di che ho iniziato a farmi molte domande su quale fosse la storia di questa città e del Paese in cui si trovava, con chi confinasse, con quali Paesi avesse rapporti commerciali, quali dei si adorassero lì e perché proprio quelli. Ogni domanda ne portava a un’altra e senza nemmeno accorgermene avevo passato due anni a scrivere la storia di un continente immaginario che a dire il vero aveva chiare radici tolkieniane. Per fortuna in un certo senso, di tutti quegli appunti non ho fatto quasi niente, ma quel lavoro mi è rimasto impresso così a fondo che quando anni dopo sono tornato alla scrittura avevo un solido scheletro per la costruzione di tutto un mondo letterario.
Negli ultimi anni, anche grazie ai tuoi romanzi, l’approccio dei lettori e dei critici nei confronti del fantasy sta cambiando. Lo stereotipo secondo cui il fantasy separa il bene dal male in modo troppo netto e poco realistico oggi non ha più molto senso di esistere. Qual è lo stato del genere fantasy oggi secondo te?
Sono totalmente d’accordo sul fatto che il fantasy abbia finalmente superato la fase del cliché del bianco o nero. Da molti anni ormai si vedono nel genere sempre più sfumature di grigio, che si tratti di personaggi, mondi o delle trame stesse. Non mi azzardo invece a immaginare gli sviluppi di tutto il genere, credo che sia impossibile. Non sono in grado di dire quali problemi, conflitti, emozioni e drammi saranno parte del bagaglio dei nostri successori. E la letteratura, il fantasy non fa eccezione, è lo specchio in cui si riflette la realtà.
Sempre su questo tema. Nonostante i pregiudizi di alcuni critici che parlano di fantasy fatto di personaggi appiattiti, hai inventato un mondo in cui l’identità è una questione aperta. Spesso i tuoi personaggi devono scegliere tra la propria identità personale e quella del popolo o della comunità a cui appartengono. È un’esigenza emersa scrivendo o sei stato influenzato da quello che succede oggi nel mondo?
Un po’ è stato naturale, sì. Ma se guardo più nel profondo, devo ammettere che mi hanno influenzato molto le mutazioni sociali che la nostra parte di mondo ha vissuto nelle ultime generazioni. Il mondo è diventato meno stabile, più liquido, le comunità locali tendono a sparire. Sempre più raramente i giovani ereditano la formazione, il lavoro e il posto nel mondo dei propri genitori e nonni. Partono dai luoghi natii per cercare la strada e non è raro che finiscano con il trovarsi in un ambiente del tutto estraneo a loro, cosa che causa conflitti di identità. Ed è una cosa del tutto naturale. E del resto io spesso strappo i miei personaggi dai luoghi che conoscono sin da bambini per metterli alla prova altrove.
I tuoi lettori, soprattutto in Polonia ma anche all’estero, sono talmente appassionati dal creare fan club, citare i tuoi libri a memoria, preparare compilation da ascoltare durante la lettura. Ti aspettavi questa popolarità? Come ci si convive?
No. Non me la aspettavo affatto. E devo confessare che la cosa più stressante nello sviluppo della fandom di Meekhan sono proprio gli incontri con persone che conoscono i libri meglio di me (ride). Soprattutto con la squadra che gestisce la pagina facebook Imperium Meekhańskie. È una cosa fantastica quando il tuo lavoro come autore trova un riscontro così positivo e non mi immagino nemmeno un successo più grande di questo.
Ti ritieni uno scrittore professionista? Come si tiene insieme la vita professionale e quella privata? Visto che Robert Wegner è uno pseudonimo, dove finisce lui e dove inizi tu?
Per ora no, non mi sento uno scrittore professionista, anche se è il mio grande sogno. E per quanto riguarda Wegner, è vero, è uno pseudonimo, ma non c’è nessun conflitto di identità tra noi (ride). Tuttavia, devo ammettere che qualche tempo fa ho scoperto come non si possa essere scrittori a mezzo servizio. Le idee, i dialoghi, l’ispirazione ti colgono nei posti più impensati e richiedono riflessione. Mi capita quindi di isolarmi a metà di un film o mentre pelo le patate perché mi viene l’ispirazione. È una specie di deformazione professionale con la quale si deve convivere.
Probabilmente avrai sentito questa domanda un milione di volte, ma i lettori italiani stanno imparando a conoscerti e quindi te lo chiedo. Chi è il tuo modello di scrittura a cui ti ispiri? Non necessariamente fantasy, naturalmente.
A nominarli tutti ci vorrebbero giorni. Diciamo che mi ispiro a tutti quegli scrittori, letterati, cantastorie che mi hanno rubato anni di vita permettendomi in cambio di vivere le vite dei loro personaggi. E credo, a distanza di anni, che sia stato il migliore affare mai concluso nella mia vita. Da quando ho imparato a leggere, ogni libro alla mia portata doveva svelarmi i suoi segreti anche se alcuni erano decisamente al di là della mia mente di bambino. È impossibile dunque per me nominare un solo maestro, ma per ognuno di questi splendidi autori ho un enorme rispetto e una forma di debito che mi sforzo di ripagare scrivendo le mie storie.
I tuoi libri sono decisamente ricchi di colori e sfumature. Atmosfere di montagna, deserti aridi, soldati induriti e rubizzi signorotti, infidi burocrati e donne indipendenti, battaglie e banchetti… In tutta questa varietà cosa è più difficile da scrivere? Quali personaggi o quali scene ti fanno faticare di più?
Sicuramente le descrizioni dei vestiti e dei colori. Se cerchi il maschio medio da stereotipo che riconosce non più di sette colori, eccomi, sono io. E descrivere i tagli dei vestiti è un incubo, è molto più facile per me descrivere una battaglia sanguinosa tra due eserciti che gli abiti di tre eminenti dame. Ma mi sforzo di farlo e, sia lodata la Provvidenza, vivendo ai tempi di internet queste cose sono più facili.
Probabilmente per ogni scrittore, tutti i propri personaggi sono come figli e quindi scegliere è difficile, ma proviamoci: hai un personaggio preferito?
Preferito? No, questo non lo dico, provo affetto per tutti i miei personaggi. Ma quello a cui mi sento più vicino è Altsin, il giovane ladro che finisce per caso in un gioco più grande di lui. È proprio lui il ladruncolo di cui parlavo prima, quello da cui tutto è iniziato molti anni fa. E poi è quello con il senso dell’umorismo più vicino al mio.
Cosa ti sentiresti di dire a un lettore che sta iniziando adesso a leggere i tuoi libri?
Che spero che si diverta. Che spero che gli piacciano i miei personaggi e che il viaggio che affronterà con loro diventi per lui un’avventura fantastica. E ovviamente che inizi dal primo tomo di racconti. Sarà più facile.
Cosa ti piace leggere? Che libro hai sul comodino in questo momento?
In questo momento è Ilium di Dan Simmons. È una lettura che consiglio sinceramente, anche con il rimpianto di non avere molto tempo per leggere. Ma anche questo è il destino di uno scrittore.