La cittadina di Słupsk in questo delicato racconto fa da cornice alla pittura di una delle figure più poliedriche del novecento polacco: Witkacy.
di Iga Figarska-BączykDurante le vacanze mi sono trovata per caso a Słupsk, città della costa baltica, poco a ovest di Gdynia. Vagabondando per le sue bellissime strade, il viaggiatore può trovare qualche perla architettonica e culturale, come ad esempio il Palazzo Municipale (Ratusz), la Chiesa di San Giacinto (Kościół św. Jacka) o la Chiesa di Santa Maria (Kościół Mariacki). Incantata da questa meravigliosa città mi sono recata al Castello dei Principi Pomerani (Zamek Książąt Pomorskich). Sapevo che vi si stava svolgendo una mostra di quadri di uno dei più famosi e importanti pittori e scrittori polacchi, vale a dire Witkacy.
Stanisław Ignacy Witkiewicz, detto Witkacy (1885-1939) è personalità affascinante, capace ancora oggi di attirare a sé e incantare. Nasce a Varsavia, figlio di Stanisław Witkiewicz (anch’egli scrittore, pittore ed architetto) e Maria Witkiewicz de domo Pietrzekiewicz (insegnante di musica). Nel 1890 la famiglia decide di trasferirsi in montagna, a Zakopane. Il piccolo Stanisław non frequenta la scuola dato che suo padre pensa che essa distrugga la personalità dell’individuo. Il padre gli organizza quindi una serie di lezioni private e gli insegnanti non sono casuali ma scelti accuratamente dal padre. Così Witkiewicz alimenta nel figlio una grande passione per la letteratura e l’arte. Dopo aver passato l’esame di maturità, Witkacy viaggia, visita l’Europa e decide infine di studiare Belle Arti a Cracovia. Soffrirà molto – incolpandosene – per il suicidio della fidanzata, Jadwiga Janczewska; l’ambiente esterno, per di più, non fu di nessuno aiuto, visto che veniva accusato anche da altri di avere pesanti responsabilità nel suicidio della ragazza. Dal 1915 al 1917 partecipa alla Prima Guerra Mondiale nell’esercito russo, periodo di cui in seguito Witkacy non vorrà mai parlare. Congedato dall’esercito nel 1917, si reca a Mosca dove assiste alla Rivoluzione d’Ottobre.
La guerra prima e poi la Rivoluzione lasceranno segni indelebili nel suo animo, segni che emergeranno con particolare evidenza soprattutto nella sua opera letteraria.
Nel 1918 torna a Zakopane ed entra a far parte del gruppo dei Formisti. Si fa conoscere grazie a delle mostre, da lui stesso organizzate; per il suo stile di vita e per l’originalità delle sue opere – secondo alcuni troppo d’avanguardia – diventa un personaggio molto discusso, tanto affascinante quanto “strambo”, “eccentrico” e poco “serio”.
Era scrittore, pittore, fotografo, drammaturgo, filosofo ed è molto difficile dire quale tra queste attività sia stata per lui la più importante; per quanto concerne la sua attività più strettamente letteraria, è esponente di spicco della corrente fantastica – catastrofista del romanzo polacco del ventennio (convenzionalmente, il periodo tra le due guerre mondiali), le sue opere più celebri sono Pożegnanie jesieni [Addio all’autunno] (1927) e Nienasycenie [Insaziabilità] (1930). Teorico della Forma Pura, si fece propugnatore di una letteratura e di un teatro che si distanziassero decisamente dai canoni realisti, nel tentativo di far comprendere al lettore/spettatore di costituire una monade isolata del Tutto (ossia di essere sostanzialmente un’individualità irripetibile) e al contempo di far parte di partecipare a questo Mistero dell’Essere. L’unico modo per raggiungere l’obbiettivo, a fronte di un lettore/spettatore contemporaneo dotato di una sensibilità estetica esasperata diviene allora, a suo dire, sbarazzarsi del paradigma realista, creando mondi inverosimili popolati da personaggi “estremi” (folli, erotomani, artisti maledetti o fémmes fatales), “che odiano la routine e tentano invano di provare sentimenti metafisici inseguendo esperienze estreme ed eccessive” (F. Fornari, La letteratura tra le due guerre, in AA.VV., Storia della letteratura polacca, a c. di L. Marinelli, Torino 2004, p.405); questo perché, come spiega Fornari (op. cit., p.393) “[…] questo sentimento metafisico era diventato, secondo Witkiewicz, sempre più difficile da esperire. Ben lontano dall’esaltare la società della democrazia e della tecnica, egli vi vide l’ultimo stadio di un processo degenerativo che avrebbe portato alla tragedia finale, all’instaurazione di una società di automi in cui la massa avrebbe schiacciato l’individuo, e alla perdita totale della capacità di accostarsi alla metafisica legata alla sfera dell’arte e della religione”.
Vale la pena ricordare il dramma Matka (1924), dove l’eroe è un filosofo di nome Leon (morfinomane e assassino) che tenta di opporsi alla società meccanizzata, finendo però ucciso da degli operai.
La prima domanda che viene in mente a una persona che visita il Museo è da dove provengano tutti questi quadri. All’inizio della mostra veniamo a sapere che il Museo nel 1965 comprò 110 quadri da Michał Białynicki-Birula, uno degli amici del pittore. A oggi il Museo ha collezionato ben 253 opere; molto numerosi sono, tra queste, i ritratti a pastello su carta.
Per le persone che visitano la mostra e non conoscono l’opera di Witkacy, essa può apparire come una scoperta inattesa, per quelli che ne conoscono invece la produzione letteraria sarà un’opportunità per conoscere anche la sua pittura; per coloro che invece hanno familiarità con la sua opera pittorica, sarà un’occasione per vedere le opere dal vivo.
Il Museo a Słupsk presenta prima di tutto i ritratti: nel 1925 Witkacy rinuncia alla pittura a olio e si mette in proprio fondando “La Ditta Ritrattista. S.I. Witkiewicz”. Questa data è rilevante per la sua opera. Dal regolamento che stende lo stesso artista veniamo a sapere che le regole della ditta sono semplici: i clienti ordinano i ritratti (quasi tutti pastelli su carta) e devono esserne soddisfatti. Inoltre Witkacy descrive cinque tipi di suoi ritratti:
- A) la persona viene presentata in modo naturale, solo lo sfondo può essere irreale
- B) la persona viene presentata in modo naturale anche se possono essere sottolineate le sue caratteristiche
- C) destinato agli amici, fatto durante le feste, l’artista può essere ubriaco o drogato, i disegni sono caricaturati
- D) lo stesso di C, però senza l’uso di droga e alcol
- E) la libertà del pittore, la Pura Forma
Benché egli stesso non apprezzasse molto questa parte della propria attività artistica, in futuro rimarrà noto soprattutto per questi ritratti eseguiti solo per guadagnare qualcosa. Alcuni di essi sono incantevoli e meravigliosi, come ad esempio il ritratto di Maryla Grossman che presenta non solo la donna ma anche un paesaggio fantastico e il pittore stesso mentre la sta ritraendo. Non è solo la codificazione (tipo A, B, C, D) ad essere interessante. Guardando bene i ritratti possiamo osservare che tranne la firma e la data, come è solita fare la maggior parte dei pittori, l’artista aggiunge anche delle informazioni supplementari: tipi delle bevande (caffè, tè, alcol) e della droga, della pipa, p.p.c (“prawie po ciemku”, quasi al buio), N.P. 12 (nie palił 12 dni, “non ha fumato per 12 giorni”) ecc.
Witkacy si suicida dopo aver ricevuto l’informazione dell’invasione sovietica della Polonia il 18 settembre del 1939. Come la sua vita anche la morte affascina fino ad oggi e porta a diverse misteriose ipotesi.