I versi di Anna Frajlich, poetessa della distanza e del ritorno, raccolti in un’antologia per il pubblico italiano: Un oceano tra di noi.
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di Salvatore Greco
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La poesia polacca del Novecento, con le sue continuazioni nel nostro secolo, conosce una fortuna tra le trame della letteratura mondiale che a volte ancora sorprende oltre che inorgoglire. L’autorità ottenuta da Czesław Miłosz sul continente americano, le ispirazioni che ha regalato Zbigniew Herbert all’Europa occidentale ma soprattutto la familiarità con cui Wisława Szymborska ha portato i suoi versi nel sentire comune di un numero inaspettatamente alto di persone hanno reso la poesia polacca un piccolo eco-sistema e un marchio di qualità riconosciuto. La luce che questi grandi maestri hanno contribuito a gettare sulla poesia polacca, tuttavia, spesso la trattengono su sé stessi e pochi bagliori riescono a farsi strada all’ombra di queste figure imponenti. Non che tra quei bagliori manchino poeti di altissimo livello, spesso senza nulla da invidiare -se non riconoscimenti del livello del premio Nobel- ai succitati: Ewa Lipska, Tadeusz Różewicz, Stanisław Barańczak, Adam Zagajewski, Julia Hartwig sono solamente alcuni di questi. Per questo e altri motivi è un piacere accogliere sulle pagine di PoloniCult un esempio prezioso di questi bagliori da “sottobosco”, l’antologia di versi Un oceano tra di noi della poetessa Anna Frajlich, uscita nel 2018 per il giovanissimo editore campano La Parlesia nella traduzione di Marcin Wyrembelski.
La poesia della Frajlich è fatta di rintocchi delicati e cortesi che però raccolgono tutta la sofferenza complessa di una vita, quella dell’autrice, passata in una condizione di lontananza, emigrazioni forzate e segnata dalla costante ricerca di un ritorno -poetico e spirituale più che concreto- ai luoghi della sua infanzia e alla sua Polonia. La vita della Frajlich infatti è stata tale da rendere impossibile anche il solo pensare di scinderla dalla sua opera. Nata a Leopoli nel 1942 da una famiglia ebraica assimilata come ce n’erano tante allora, si trova a passare i primissimi anni della sua vita tra le montagne del Kirghizistan dove i Frajlich erano fuggiti in quei tragici frangenti; tornata in Polonia dopo la guerra, la famiglia Frajlich si stabilisce a Stettino dove la poetessa cresce e matura la sua vena creativa che porterà avanti a partire dagli anni ’60 come studentessa all’Università di Varsavia. C’è di nuovo una fuga però a sancire la vita della Frajlich, una fuga che ha il sapore dell’esilio, legata alla pagina oscura del marzo ’68 polacco quando le autorità socialiste costrinsero diverse migliaia di cittadini di religione ebraica a emigrare, e tra loro la non ancora trentenne Anna in compagnia del marito e del figlio piccolo. La piccola odissea dell’emigrazione della poetessa la fa passare per Vienna, poi per Roma lungo una rotta infine diretta a New York che sarebbe diventata -e ad oggi è- la sua nuova casa. Nella sua veste talvolta scomoda di “poetessa dell’emigrazione” la Frajlich ha iniziato una carriera accademica alla Columbia, vinto numerosi premi e dato alle stampe nove volumi di versi di cui oggi Un oceano tra di noi si propone di essere un compendio efficace per raccontare al pubblico italiano una parabola poetica particolarmente valida e interessante a vari livelli di lettura.
Nell’introduzione a Un oceano tra di noi, Wyrembelski scrive efficacemente che “la vita di Anna Frajlich è un lungo viaggio-esilio” e la sua poesia ne è costantemente costellata con il tema del ritorno che fa capolino testardamente in quasi tutti i componimenti scelti per l’antologia e raccolti dal curatore in quattro aree tematiche. Il ritorno è naturalmente di tipo ideale e affettivo più che geografico, legato a una mappa della Polonia così stravolta dalla Storia, basti pensare che la Leopoli dove la Frajlich nacque non era già più polacca due anni dopo la sua nascita e che la Stettino dove andò a vivere lo era diventata da poco. Si tratta inoltre di un ritorno strozzato, forse impossibile, più volte sfiorato ma sempre mancante del suo passaggio finale come il titolo della raccolta in qualche modo suggerisce. Un oceano tra di noi riassume efficacemente la condizione di separazione fisica della poetessa dalla madrepatria, ma che non si traduce in un patriottismo esasperato o in un’idealizzazione, quanto più nella cristallizzazione in poesia di momenti e immagini cari alla memoria, come in questi versi tratti da Sognando Leopoli (pag. 45):
La mia mamma sta sognando via Sykstuska
Chi si ricorda di via Sykstuska 14
Dopo la Grande Guerra
E prima del diluvio
Chi si ricorda
Del falegname che vi abitava
Un povero vedovo
Con sei figli a carico
[…]
Dall’altra parte dell’oceano
Sulla sponda opposta dell’esistenza
La mia mamma sta sognando via Sykstuska.
E del resto le pagine più efficaci dedicate alla memoria e al ritorno in poesia ai luoghi cari affonda le sue radici in immagini arcadiche e naturali, condensando e consegnando all’eternità ritratti semplici di fiori o alberi da frutta che lega alla propria infanzia, ai luoghi e al tempo in cui ha conosciuto pace e normalità e che rivendicano con orgoglio il diritto alla banalità tipica delle cose meravigliosamente normali:
Ci ritornai
Nell’anno dell’abbondanza delle pere
Che pendevano dagli alberi
Pregne dei loro succhi
[…]
E ogni frutto ben riempito del paese dell’infanzia
Fino ai bordi della sua ruvida buccia.
Molto riusciti sono anche i versi che la Frajlich dedica al secondo, temporalmente, luogo elettivo del suo io lirico oltre che della sua vita a tutti gli effetti: New York. La città americana, porto reale e simbolico, è per la poetessa un luogo ambivalente e mai del tutto definito, un posto che si ritrova a essere approdo sicuro di una nuova esistenza finalmente compiuta ma anche distanza incolmabile dalla vita che si sarebbe attesa e dai ricordi di un’innocenza perduta. Ancora una volta, più che i versi dedicati a Manhattan o quelli di riflessione più generale, è la natura a venire in soccorso della poetessa e a darle l’imbeccata giusta per rendere al meglio il suo sentire:
Acero
Anche qui ho un mio albero
Un acero che dietro alla finestra
Si ammanta di foglie sotto le spoglie di un aprile
Mirando a primeggiare in altezza
Sulla casa del posto
Questo acero è mio
Ma al contempo così estraneo
Riecheggia i rumori dei mari d’oltreoceano
E lappa i succhi di una terra estranea
Lecca la rugiada dalle nuvole estranee
È mio
Si precipita dentro attraverso la finestra
Con i suoi colori verde ocra o ruggine
Rovesciando la sua ombra sul pavimento
Quest’acero estraneo
Quest’acero di qui.
Un oceano tra di noi, come detto, è un’antologia che tiene traccia al suo interno di un’intera carriera poetica e lo spazio di questo articolo non è sufficiente a darle il giusto respiro. Meriterebbero più spazio e una lettura completa anche i delicatissimi versi d’amore, i versi ispirati dai mesi di soggiorno a Roma, quelli dedicati a Bruno Schulz, quelli di omaggio a Wisława Szymborska o a Czesław Miłosz per i quali non possiamo fare altro che rimandare all’acquisto e alla lettura dell’intera raccolta.
Quello che qui possiamo -e in una certa misura- dobbiamo aggiungere è una riflessione su Anna Frajlich all’interno della poesia polacca. Per il lettore italiano sarà quasi inevitabile il confronto con Wisława Szymborska, che sicuramente condivide con la Frajlich la poetica delle piccole cose e il gusto per le immagini semplici, ma la natura di Szymborska è molto spesso più fortemente metaforica e portatrice di una simbologia più stratificata, che si esprime a vari livelli dopo varie letture. Nelle liriche di Un oceano tra di noi c’è una complessità diversa, fatta di rimandi simbolici più diretti, talvolta spigolosi, è una poesia con una maggiore esigenza di immediatezza, più personale e meno universale rispetto a quanto accade in Szymborska dove il vissuto dell’autrice resta meno svelato e più a margine. Anna Frajlich mette dentro la sua poesia tutta sé stessa, gli odori, i colori e i suoni di una vita spezzata in tanti luoghi diversi, uniti da una continua patina di estraneità, di mai completa appartenenza. Che siano perduti per sempre, mai raggiunti, destinati alla vita o anche solo immaginati, i luoghi della Frajlich sono distanti di una distanza che sembra incolmabile, eredità pesante di un secolo poco rispettoso verso le identità come è stato il Novecento. Le poesie di Un oceano tra di noi, scelte a cavallo di un tempo molto lungo e tra luoghi frastagliati, restituiscono tutto questo con un ritmo a volte dolce e malinconico, altre volte ruvido e spezzato, e donano un quadro poetico di grande valore ritratto attorno alla distanza e al ritorno mai compiuto che tenta invano di colmarla.