Il padre di Gienia, invalido di guerra, gestiva il dopolavoro alla fabbrica di spazzolini. Io e Gienia, uscite di scuola, ci precipitavamo a guardare la tivù, arrivavamo sempre sudate e col fiatone per la fretta di sederci prima degli operai del cambio turno. Non vedevamo l’ora di sentire le canzoni di Sława Przybilska, o vedere danzare i Mazowsze, o le lezioni di ballo di Witold Gruca. Ricordo ancora benissimo i pantaloni che portava, con l’abbottonatura tra le gambe che lo facevano sembrare un pallone. Io e Gienia poi fingevamo di parlare di balletti, delle varie coreografie, sfiorando soltanto con delle allusioni the heart of the matter. Finché poi il bubbone scoppiava e una di noi se ne usciva che Gruca aveva le palle di uno struzzo e sghignazzi e risate per tutta la strada di casa. Qualche volta attiravamo l’attenzione dei passanti, ragazze, non si fa così. La cosa bella era che nessuna di noi due aveva mai visto le palle di un uomo, e nemmeno quelle di uno struzzo. Ma per il resto… La mascolinità era un’ossessione stuzzicante, quanta forza conteneva, e quanta grazia, quanta decisione e quanto mistero.
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