La solida tradizione dei portieri polacchi

Portieri polacchi

Nell’ultima parte di stagione si è parlato molto di Bartłomej Drągowski: se n’è discusso tanto in Italia perché, con la maglia dell’Empoli, ha disputato più di un paio di partite eccellenti, l’ultima delle quali con l’Inter al Meazza; in Polonia è stato argomento di discussione perché, forte di queste prestazioni, pare abbia rifiutato di ricoprire il ruolo di vice di Kamil Grabara ai campionati Europei under 21: sembra si aspettasse la maglia da titolare, il giocatore di Białystok, quando invece nessuno osava toccare le gerarchie precedentemente stabilite. Risultato? Drągowski seguirà la manifestazione da casa, ufficialmente a causa di un infortunio. Ciò non toglie il fatto che il futuro sia dalla sua e che sia l’ennesimo prodotto di una grande scuola: per quanto riguarda i portieri la Polonia ha una tradizione d’oro, che parte degli anni ’60, arriva sino ai giorni nostri anche se non sempre – ma, va detto, spesso non per colpa loro – gli estremi biancorossi hanno militato in grandi club europei.

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A ritmo di Polska – storia della Polonia ai mondiali del ’74

A ritmo di Polska

 

Lo sport professionistico di oggi predica così tanto ai vari livelli la programmazione che storie di exploit di da contesti inaspettati diventano facilmente leggenda o, con un termine abusato da certa narrativa sportiva, “favola”. La storia della nazionale di calcio polacca ai mondiali del 1974, capace di eliminare l’Italia ai gironi e di battere il Brasile nella finalina per il terzo posto, sembra prestarsi a una lettura del genere. A cogliere la sfida del raccontare questa storia è stato Alberto Bertolotto, giornalista italiano grande appassionato di storie di calcio e curioso frequentatore della Polonia che nel 2017 ha dedicato alle vicende di Deyna, Tomaszewski e compagni il suo A ritmo di Polska edito dai tipi di Alba editore.

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Jan Tomaszewski – il pagliaccio che fece piangere Wembley

Jan Tomaszewski

Istanbul, 25 maggio 2005, allo stadio olimpico Ataturk si gioca la finale di Champions League tra Milan e Liverpool. Di fronte ai più di novantamila spettatori presenti allo stadio e ai milioni di fronte alle televisioni si consuma una delle partite più imprevedibili del calcio moderno: il Milan, dopo aver chiuso il primo tempo in vantaggio per 3-0, è convinto di avere già la coppa in tasca, ma il Liverpool ritorna dall’intervallo con una grinta inimmaginabile e annichilisce i rossoneri portando il punteggio sul pari in quindici minuti scarsi di gioco. Il resto della partita è ozioso, frutto della stanchezza dei britannici dopo quel folle quarto d’ora di intensità e dell’incapacità del Milan di reagire. Si va così ai supplementari, che passano senza lasciare traccia, e quindi si decide tutto ai rigori. Il Liverpool ci arriva con il cuore ruggente di una rimonta impensata, il Milan con lo sconforto di un’occasione sfuggita via, ed è in questo momento che esplode il genio folle di Jerzy Dudek.

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