Le narrazioni dell’Olocausto fanno parte della letteratura polacca del secondo Novecento con una forza insopprimibile, motivata da cause contingenti di ovvia natura. Altrettanto vale per le riflessioni sulla memoria, delle quali per altro su queste pagine ci siamo spesso occupati. Il passo successivo era finora mancato, la riflessione sempre più pressante su cosa ne resta della memoria, quella dell’Olocausto ma soprattutto quella del mondo ad esso precedente, quando i suoi testimoni arrivano alla naturale conclusione delle loro vite. Il romanzo La Pensione, tradotto in italiano da Alessandro Amenta e uscito nel 2016 per i tipi di Mimesis Edizioni, è una prima risposta a questo problema.
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