Aruspici – Wit Szostak #3

Noi qui invece viviamo oltre il mondo, abbiamo un mondo oltre tutti i mondi e qui non arriva niente che noi non vogliamo, perché solo le persone che invitiamo noi hanno accesso a questo nostro mondo. Sul tetto della stazione pende una vecchia insegna a caratteri neri CURAMONDI, così si chiamava questa stazione quando ancora era una stazione. Doveva esserci una stazione termale qui vicino perché gli uomini saggi che tanto tempo fa venivano sulle montagne a cercare la verità, scoprirono le acque sorgenti in collina, quella che cura dalla tristezza e dalla malinconia, ma poi scoprirono che quell’acqua non curava e le persone tornavano a essere tristi. Prima di tutte le guerre mondiali qui c’era più di una pensione, poi caduti in rovina, ora sono tutti diroccati, che emergono dai giardini, e nessuno ci va più. Su uno di questi c’è una civetta, su un altro un pappagallo, ognuno aveva il proprio simbolo segreto. Poi costruirono la stazione dei treni, troppo grande, i piani erano di farla troppo grande, nella sala d’attesa fecero addirittura una fontana, che ancora oggi è lì, abbiamo la fontanella in casa, qui da noi alla stazione. La sera sciaborda allegramente, l’acqua colpisce l’altra acqua e c’è questo sciabordio che fa addormentare. Forse funziona così quest’acqua, che fa addormentare, che col suo sciabordio assopisce la tristezza e la malinconia, con quel movimento di acqua sull’acqua immobile. Io resto spesso a guardare la fontana, le due acque che si incontrano e mi sento soddisfatto della mia vita, che occupo con il guardare l’acqua e col berla proprio dalla fonte.

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Kontrasty – Studnia życzeń, co świat się nazywa

Kontrasty - Il pozzo dei desideri

W Orvieto, tuż  przy parkingu i kolejce, która wwiezie was z Orvieto Scalo wprost na stare miasto znajduje się Pozzo San Patrizio.
Niskie, ceglane schody wiodą was spiralnie w dół, a wy z każdym krokiem zostawiacie chaos rzeczywistości, z jej zgiełkiem, kompromisami i poczuciem, że częściej to wy jej służycie niż ona wam, i zagłębiacie się w mrok. Macie do pokonania dwieście czterdzieści osiem stopni, by w końcu dotrzeć do wody, lśniącej w dole jak oko Boga; i tyle samo, by wydostać się na zewnątrz. I mimo, że schody są podświetlone przez małe lampy a kilkadziesiąt okien wewnątrz studni chwyta cierpliwie wpadający z góry blask nieba, na samym dole jest prawie ciemno.

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Sankja, o della rivoluzione fatua.

San'kja

Quasi di diritto un classico della letteratura russa contemporanea, Sankja è uscito nel 2006 dall’abile penna di Zachar Prilepin e dal 2009 possiamo apprezzarlo in italiano grazie alla traduzione di Enzo Striano e naturalmente all’opera inestimabile dell’editore Voland. Sankja non può essere un eroe e nemmeno un picaresco antieroe, ma non si può non solidarizzare con lui nella sua goffa ingenuità, nella sua rabbia senza sbocco e nella sua sofferenza senza apparente spiegazione. Leggere delle sue disavventure è dunque un tuffo nella Russia più profonda dell’oggi…

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“Morte di un cane ceko” di Janusz Rudnicki.

Un paio di anni fa gli zingari si misero a occupare il campo di concentramento di Bergen-Belsen. In questo modo lottavano per il riconoscimento del loro status di minoranza in Germania; per i risarcimenti, per quello che era successo a suo tempo. Bisognava farlo lì dove in passato si veniva uccisi, ecco perché Bergen-Belsen. Ecco perché c’era stato anche lo sciopero della fame a Dachau (!)

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