Il brano che segue è tratto dal romanzo Tylko Lola di Jarosław Kamiński (W.A.B., 2017). Tutti i diritti appartengono a Jarosław Kamiński.
I diritti per la traduzione italiana sono liberi e gestiti in esclusiva da Nova Books Agency s.c.
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La traduzione dal polacco è di Francesco Annicchiarico.
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Barcellona, marzo 1937
Lidia
Ma non adesso. Non adesso. Qualcos’altro ci trattenne a Varsavia. Sciocchezze. Prima o poi lo dirò. Adesso non ho la forza per.
E poi la libertà.
Arrivammo a Praga e al confine con l’Austria e dormimmo tra i rovi in catapecchie abbandonate costruzioni eccetera. E ricordo la birra nelle locande e la notte passata dal curato in campagna e tylko holki ne zapomnete u bohu o qualcosa del genere e la mattina in montagna. E il freddo e la pelle d’oca. No. Non in montagna, in un campo e sulla paglia. E mi svegliarono i baci umidi e pensai fosse Lola invece no. Era una mucca.
Non sapevo mungere ma ce l’ho fatta a riempire una tazza per me. Latte fresco profumato. Qualche sorso. Oppure no oppure è stata un’altra volta. Di sera. Del pane secco e un pezzo di salame. Con il latte.
Attraversammo l’Austria con dei contrabbandieri forse quelli che trasportavano la birra forse. E poi. Ancora la strada. No era prima. Un’auto. Un furgone. Un rimorchio. E vento e neve. Fino alla vita e le mani e i piedi come ghiaccioli. Eravamo fradice e congelate. L’hotel era troppo caro e aveva due leoni di pietra davanti all’ingresso. La stanza era calda noi nude. Per la prima volta assaggiai il sapore di Lola. Proprio così. Quella volta. Con la lingua sgranai il seme dal baccello.
E poi ancora Vienna Graz Salisburgo mi pare.
Oppure. No. Graz Salisburgo. E dormimmo dai cugini di Lola e lenzuola fresche e cibo tutti i giorni e andava meglio in un certo senso. Più umano. Ci aiutarono. Non ci arrivò la notizia che la piccola Moel era impazzita e aveva tradito la famiglia. Ma eravamo già in Austria e Svizzera o Francia o forse ancora in Austria. Mi pare.
Il cugino di Lola studiava in Svizzera. Un sottoscala fumoso e birra forte in boccali di pietra. Pesanti come macigni e. E quel cugino di Lola. E brindammo per. E non ricordo più per cosa per la buona fortuna per Lola per il viaggio per la rivoluzione. E il suo boccale finì a terra. Gli cadde di mano o lo buttò lui e si ruppe. E mazeltov. Almeno mi pare.
O forse era Graz. Possibile. A Graz.
La notte era fredda e caldo il corpo di Lola. Il suo petto e la pancia e la mano mia tra le sue natiche e le sue cosce. Umida di sudore e umore.
Non voleva alzarsi ma non potevamo fermarci. Fuggire e partire.
Finimmo in una taverna. Tutta buia fumosa di legno come bruciato dal fuoco. E dentro molta gente. Ci aggregammo a loro e ancora con qualcun altro dopo. Tre o quattro persone. Camminammo fino in Francia. Nel bosco con le cime dei monti tra i rami. Neve fino alle ginocchia cosce petto. Mi sentivo felice. Quel paesaggio unico e le montagne e io.
E il fruscio dei rami e il sussurrare della guida. E ogni passo pesante molto pesante. Tra le montagne. Da qualche parte. Verso il confine.
Avevo diciannove anni.
E paura. Avevo paura.
Ma non tanta. Afferravo Lola per la mano al buio e camminavamo assieme e ci passava. Anche a lei. Aveva detto. Mi guardava dritto negli occhi e andava meglio ed eravamo certe che niente ci avrebbe mai separate. E non avevo più paura. Non avevamo più paura di niente. Niente.
E poi luci negli occhi bagliori di torce. Divise. Militari o guardiani. Interrogatori e arresto. Non per spionaggio per fortuna. Condraband. Condrabano. No. Non si dice così. Contrabbandiere. Mi sembra. E noi dicemmo che non c’era nessun contrabbandiere con noi. E loro che è illegale attraversare il confine. E ci presero e ci mandarono dagli svizzeri. In tribunale. E il poliziotto ci ordinò di fare tutto in due ore. Andar lì mangiare e tornare. Come un orologio svizzero.
Pranzo in una locanda. Ci lasciarono andare. La polizia. Fiducia al cittadino. Persino se è illegale. O forse non volevano rotture di scatole. Per colpa nostra o in generale. Probabile.
Noi continuammo ancora e ancora alla ricerca di cotolette e stinco di maiale. Ma la verità era che cercavamo la pista di partenza degli aerei. Arrivò un’auto e noi montammo su. Con un balzo. A stento frenò e per miracolo non ci uccise. Era il corrispondente di un giornale americano. Viveva a Parigi o così mi pare. E viaggiammo con lui e poi continuammo a piedi e in treno e arrivammo.
Marsiglia.
Due settimane. Senza contatto. Senza motivo. Restammo lì. E che fare. E come farlo. Aspettammo e cercammo un modo. Di contattare qualcuno che ci dicesse cosa fare. Niente. Forse altri stavano organizzando raggruppando ma non li trovammo. Non ci riuscimmo.
Niente. E freddo. Vento. Come un rasoio sulla faccia.
Contatto contatto contatto. Con qualcuno che si sarebbe occupato del trasferimento. In Spagna. O chissà dove.
Gente misteriosa. Ovunque. E ci controllavano i documenti e chiedevano e vendevano la gente. Avevo questa sensazione. I loro occhi mi mettevano i brividi. Dicevamo di essere studentesse. O qualcosa del genere non mi ricordo. Di lingua svizzera. Dell’università. Eravamo di ritorno da. In Svizzera.
E c’era da aspettare e restare in bar del porto e guardarsi le spalle dai pescatori marinai magnaccia banditi. E chiedere con discrezione così nessuno ci avrebbe. E così capirono.
Prima di partire Lola era bene in carne e. La strada l’aveva divorata. Arrivò a Marsiglia magra come un chiodo e con due occhi che avrebbe acceso le sigarette con lo sguardo. Per la fame. E per la foga rivoluzionaria. E faceva impressione ai maschi e più di uno si innamorò di lei.
Un emigrante tedesco. Avevo voglia di ucciderlo. Come quell’altro di Kercelak. Dico sul serio. Si dava delle arie che non se ne poteva più. Quello di Marsiglia lo stesso.
Ed era anche ricco. E la invitò a bere un pastis un caffè in pasticceria a fare un aperitivo e al ristorante. E lei se ne tornò con un dolce pane carne. Nella tasca. E il tedesco si chiamava Ottone e noi lo prendevamo in giro Ottone cagone.
Ma con Lola non funzionò e la lasciò andare. Ci lasciò andare. Si salvò appena in tempo da un amore infelice. Furbo. Solo per questo. Le disse proprio così. E sparì. Certi uomini sono strani certi altri sono a posto.
E quell’Ottone conosceva contrabbandieri e pescatori. Ci mostrarono come pescavano. Braccia piegate e mani su e giù e pescavano all’amo. E risate e così fanno i pescatori.
Temevo ci buttassero in mare. Violentassero uccidessero e buttassero giù. Esatto.
Ma poi fu tutto a posto. Tempesta e pioggia e freddo e vomitai e mi sentivo sballottare da ogni parte e mi sarei buttata da sola in mare tanto per darci un taglio con.
Così stavo per farlo.
Lola mi trovò.
E mi impedì di buttarmi di sotto.
E si prese cura di me. Mi pettinò accarezzò. Non c’era segreto o vergona o così non si fa. E la amai ancora di più.
La seconda repubblica spagnola era come la terra promessa e il desiderio e come stare a letto con Lola. Finì il mare il vomito e il dolore. Finalmente. Solo lievi capogiri e mancanza di equilibrio almeno mi pare.
E poi mi svegliavo di notte e mi sembrava di stare ancora sulla nave. Per Marsiglia per Varsavia per Siedlica.
Trovammo un letto in una cantina e quella tana puzzava di acqua di mare e di alghe e di pesci marci. Era vicina al mercato del pesce almeno mi pare. E sempre vicina al mare.
Per le strade bandiere nere e rosse e slogan sui muri delle case. E facciamo questo o quest’altro o prendiamo parte a oppure stop basta e si deve fare così il coraggio in questa cosa o in un’altra e questo o quello. Lola incitava senza fine per strada o dalla finestra in camera o sul tram. Urla. Incitazioni. Slogan. Anarchia surrealismo modernità. Anarchia surrealismo. Anarchia.
Lola.
Mi si ficcarono in testa fatti e ricordi e sensazioni e speranze stupide. Non ci ho mai capito niente di politica mai capito e mai ho voluto capire e che importa. Ho dovuto farlo. Ogni cosa fatta l’ho dovuta fare. Per chi mi stava intorno. E morirono anarchici e soldati delle brigate internazionali e i civili. E subito giunsero gli altri e non mancavano i volontari.
Non mancava l’entusiasmo. Amico nessuno ti obbliga a dar retta al prete. Nessuno ti obbliga a fare il militare. Non devi inchinarti a nessuno. È tutto tuo. Questa città. Questa fabbrica. Quel palazzo. Quella chiesa.
Il potere.
La felicità.
E solo se vorrai andrai al fronte. Combattere. Solo se.
Non so. Cosa ricordo o come lo ricordo perché questo e non quest’altro e non altro ancora. Tanti libri ho letto su questa guerra e tanto ho parlato e non so se siano ricordi miei o di qualcun altro. Di chi.
Se sia la verità.
Abbiamo vissuto la guerra per tutto il tragitto.
Ogni nemico morto. Ogni pallottola nella testa del nemico. No. Una pallottola per due teste. Tre. Quattro teste. Ma che sto dicendo. Ma perché no.
Niente del genere.
Invece che al fronte ci mandarono in cucina a cucinare il rancio ai soldati. Noi e le pentole noi e le padelle noi e le forchette. Puro surrealismo. Ma dove sono le pistole i fucili le granate. Dove sono le divise. E noi. Grembiuli indosso tra i rifiuti e i piatti sporchi.
Disperazione.
Piangevamo. Non si dormiva più. Per una due notti almeno mi pare.
Bisogna fare qualcosa.
E arrivammo ai mezzi diretti al fronte. Al convoglio dei camion sotto i copertoni. Al mattino.
Silenzio. A lungo senza fiatare. Poi borbottio di motore. Corto. E subito poi una luce molta luce e.
Controllo del carico almeno mi pare. Noi cademmo.
Per miracolo non ci fucilarono come sabotatrici. Puro caso. Qualcuno avvisò la brigata internazionale. Che eravamo donne e polacche. E che bisognava verificare. E valutarci. E chi doveva farlo. Roma. Confermò le identità. Andammo a ringraziarla e ringraziammo e lei restò zitta e restò zitta e restò zitta. E poi all’improvviso disse che dovevamo scappare subito di lì che non era posto per noi. Almeno mi pare.
E Lola rideva che il comunismo stava finendo e sarebbe arrivata la nostra ora. Anarchia surrealismo moderno. Disse. Sbatteva la verità in faccia. A tutti.
Di questo parlava. Col povero ricco con tutti. Che curiosità e vedere il mondo come non l’hai mai visto finora. E lei mi faceva paura. E non dormii una due tre notti. Perché. Qualcosa sulla pelle. Almeno mi pare. Sentivo qualcosa.
Roma Rozner Lusia Dobrowolska Arek Friedlander. Comunisti. Tenevano gli anarchici a distanza. Non si fidavano degli anarchici. Con Lola era diverso. Gli andava a genio così pensavo. Per un bicchiere per una chiacchiera. E perché bella perché giovane e la poesia e la rivoluzione e aveva sempre un’opinione su qualsiasi argomento. Perciò gli andava a genio.
Lei.
Discutere.
E Lusia e Arek morirono. Roma no. Bene o male. Domanda curiosa.
E non ho più forze per oggi. Dottoressa lei pensa che io stia facendo in fretta perché ho un appuntamento o chissà che. Ma ho tutto a portata di mano. È solo che non mi va. Nemmeno di stendere la mano. Lei ha ragione. Non mi va e mi va ma è così difficile. Ha cambiato strategia. Me ne sono accorta. Mi prende per le buone e con la calma. Come i poliziotti in Svizzera. L’unica differenza è che non ha paura che io scappi via.
Lola.
Lola. Cara lontana accogliente. Amore sensibilità tatto baci.
Non fui mai più felice di così. Prima dopo. Non ho mai avuto né ricevuto. Niente del genere. Così. Mai.
E girovagammo ubriache per le strade e sognavamo il cibo e di essere assieme sempre e che i giorni fossero come quelle notti e noi intrecciate unite ora per sempre e.
La Rambla. Il Barrio. Il Porto. L’alcol.
Si riusciva. Si trovava il vino si ammazzava l’appetito che strana sensazione. Si soffocava dal caldo. Avevo il fiato corto. Mi tremavano le mani. Almeno mi pare.
E ci baciavamo nelle bettole e nelle cantine puzzolenti di piscio sudore chiuso e nella pioggia e nei portoni. E avevo diciannove anni.
E avevo paura e come andrà a finire pensavo. Baciavo facevo l’amore e passava.
Sembrava proprio che. Fosse tutto a portata di mano. Che ancora lo fosse.
E pelavamo patate nella bettola e sbucciavamo fagioli e stendevamo la sfoglia per.
Per.
Per quando sarebbe servita.
Si riusciva ad avere della carne. Carcasse intere. E bisognava nasconderle. Le spogliavamo e baciavamo e sangue su bocca e mani. E per togliere la puzza di interiora bevevamo rafia o ratafia. Da quelle carcasse. Le interiora. Delizioso.
Ratata. Almeno mi pare. Dalla cantina dei ricchi. Delizioso.
E la malattia cominciò al secondo mese di soggiorno almeno mi pare. Malnutrizione e parassiti da ogni dove. Perché arrivavano uomini da ogni dove polacchi ebrei americani cechi francesi inglesi russi ucraini bielorussi. Per salvare la repubblica. Aristocratici rossi e poveri. E portarono i parassiti. Si capisce. I propri e anche quelli degli altri.
Ma cos’è che volevo scrivere. Non lo so più.
E lo sparo. E poi. Un uomo.