Róża, tra amore e identità. Un capolavoro di Smarzowski.

di Elettra Sofia Mauri

Il racconto di un amore sullo sfondo di un’amara pagina di storia polacca

Torniamo a parlare di Smarzowski, che questa volta con Róża affronta una pagina della storia della Polonia forse troppo poco conosciuta. Con un realismo autentico, a tratti spietato come solo la realtà della guerra può essere, Smarzowski racconta una storia d’amore nata tra le macerie della Seconda Guerra Mondiale e i laghi della Masuria.

In un contesto storico tragico e distruttivo, in cui l’uomo sembra aver perso tutto, il regista si chiede se sia possibile mantenere intatta la propria dignità e se si possa ancora costruire un rapporto umano.

La storia ruota attorno all’incontro tra Róża, coraggiosa vedova masura, e Tadeusz, ex soldato dell’esercito reduce dai combattimenti a Varsavia (interpretato dall’affascinante Marcin Dorociński, già visto in Jack Strong). Nonostante i due siano segnati dalle indicibili violenze subite durante la guerra, riescono a recuperare uno sguardo di sincera fiducia verso l’altro e affrontare insieme le brutali conseguenze portate dal processo di nazionalizzazione in Masuria.

Róża non è un film fatto di grandi dialoghi, Smarzowski preferisce lasciar parlare le immagini. In questo caso, i colori sgargianti di Wesele lasciano spazio a una patina grigia-verdastra, che rende tutto sbiadito, quasi slavato. Tuttavia, in questo film si sentono parlare ben tre lingue (polacco, tedesco e russo), come sono tre le popolazioni che hanno occupato questo territorio nella parte Nord-Est della Polonia.

La Masuria fino al diciannovesimo secolo ha fatto parte della Prussia Orientale. Nel corso dei secoli la popolazione di questa regione ha sviluppato una propria identità culturale e un proprio dialetto, ma si è vista più volte costretta a non poterlo parlare, in favore di tedesco o polacco (a seconda delle intenzioni degli occupanti). Sul finire della Seconda Guerra Mondiale, gli abitanti della Masuria videro l’arrivo delle truppe sovietiche e vissero sulla propria pelle il processo di “polonizzazione” attuato da questi ultimi. Con la conferenza di Postdam nel 1945 infatti, fu stabilita l’appartenenza della Masuria alla Polonia. Ciò comportò un vero e proprio smistamento tra gli abitanti, era obbligatorio dimostrare la conoscenza della lingua polacca per poter rimanere nella regione ed essere approvati come abitanti della futura Polonia comunista. Per chi non risultava idoneo, come Róża, non rimaneva che l’espatrio forzato in Germania.

Smarzowski tocca un argomento estremamente delicato e importante per la storia della Polonia, quello dell’identità nazionale a cui molti Masuri sono stati costretti a rinunciare.

Guardare Róża non è un’esperienza piacevole, è molto facile provare sensazioni di disturbo, quasi disgusto, durante la visione a causa delle scene di cruda violenza. Con questo non voglio scoraggiarvi alla visione, anzi. Smarzowski non risparmia nulla al suo pubblico, bisogna essere preparati ad affrontare il suo realismo diretto e senza censure, per poter cogliere la bellezza di questo rapporto di amore e amicizia che cresce nonostante sia circondato da rovine e devastazione.

Per concludere, una curiosità: scorrendo i titoli di coda salterà all’occhio dei più attenti il nome di Krzysztof Zanussi, uno dei grandi maestri del cinema polacco, in qualità di coproduttore.

 

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