Praga, la Varsavia dove il tempo si era fermato.

Praga PoloniCult

Praga: Varsavia, identità alla mano.

di Lorenzo Berardi
 

Chi arriva a Varsavia spesso lo ignora, ma la capitale polacca è in realtà l’unione di due città, quasi come Budapest. Se i quartieri della sponda occidentale della Vistola comprendono la Stare Miasto, i principali monumenti del potere civile, politico e religioso nonché lo splendido parco reale di Łazienki, a est del fiume si trova Praga. Scritto proprio così.

Menzionata già nel XV secolo come insediamento urbano indipendente, solo dal 1791 la Praga varsaviana è divenuta parte integrante della capitale. Ex area a prevalenza ebraica, ex quartiere operaio, ex zona malfamata, oggi è difficile attribuire un’unica etichetta a questa parte di Varsavia. L’odierna Praga comprende l’area a ridosso della Vistola fra Trasa Toruńska a nord e il ponte Siekierkowski a sud ed è divisa in due distretti amministrativi: Praga Połnoc (nord) e Praga Południe (sud). Tuttavia, storicamente la ‘vera’ Praga è Połnoc, a sua volta divisa in Stara (vecchia) e Nowa (nuova). È interessante notare come oggi anche il verdeggiante quartiere diplomatico di Saska Kępa, a sud dello Stadio Nazionale, faccia parte di Praga Południe, pur avendo tutt’altra reputazione e prezzi al metro quadro assai più elevati.

Targowa

(Ulica Targowa nei primi anni del Novecento)

Il mio primo impatto, a distanza, con questo quartiere risale al 2007 quando la mia amica Alicja mi confessò: «Io vengo non lontano dalla parte di Varsavia chiamata Praga, ad est della Vistola; la riconosci perché è un quartiere pieno di brutti palazzoni popolari». All’epoca mai avrei pensato di trasferirmi in un simile contesto, né quattro anni dopo la visione di una polverosa e spettrale via Targowa sventrata dai lavori per la seconda linea della metropolitana sarebbe stata di grande aiuto. Eppure è a un indirizzo di questa larga strada di Praga Połnoc, nella quale I.B. Singer ha ambientato un racconto (‘Lo Spinoza di via del Mercato’), che vivo da fine 2014 e ho la residenza.

Skyline di Varsavia dal tetto di un palazzo di Targowa

Quando mi sono trasferito qui, proveniente da un quartiere di Cracovia dalla fama assai meno sinistra i miei colleghi polacchi mi hanno subito messo in guardia.

«Davvero non hai paura a vivere a Praga?» mi domandava Piotr che viveva nella rispettabile Mokotów, di rado attraversando la Vistola.

«Un mio amico è stato picchiato da un gruppo di ubriachi vicino a Targowa una sera» rivelava un’altra collega, Małgosia, residente nel remoto quartiere occidentale di Ursus.

«Quindi abiti in via Francuska?» chiedeva rassicurazioni Wojtek offrendomi una birra. Lui abitava fuori città e si dimenticava sempre che il mio appartamento non si trovava lungo la strada principale di Saska Kępa, ma in un’area assai meno à la page, per quanto ad appena un chilometro in linea d’aria. Se a Saska Kępa si sente spesso parlare inglese o francese, nel mio cortile risuonano invece i richiami degli allevatori di piccioni da esposizione (in apparenza un business molto redditizio) e ragazzini con la sciarpa del Legia Varsavia fanno scoppiare petardi.

Chiedere a un varsaviano doc cosa pensi di Praga è un’esperienza da provare. Capita, purtroppo, che superstizioni e stereotipi abbiano la meglio sulla conoscenza in prima persona dei luoghi. Ecco perché Praga viene talvolta vista come un feudo di ubriachi, nullafacenti e attaccabrighe; un luogo pericoloso per gli stranieri. Dicerie e apparenze possono ingannare. Da straniero abbastanza riconoscibile come tale non ho mai rischiato qualcosa in tre anni e mezzo di vita praghese.

Eppure alcuni amici di Varsavia cresciuti sulla sponda occidentale della Vistola,  confessano di non avere mai attraversato il fiume o, al massimo, di averlo fatto da bambini diretti allo zoo, celebre meta praghese. Altri, scherzando, definiscono Praga «la nostra Brooklyn»: un paragone quasi lusinghiero. Diversi fra i conoscenti nati nella capitale, guardano a Praga con una ritrosia giustificata da decenni di pessima reputazione e sostengono che l’accento praghese sia rozzo e simile alla lingua contadina parlata nelle campagne.

D’altra parte, esistono anche pregiudizi inversi dei praghesi nei confronti dei varsaviani dell’ovest. E che vi sia qualche residua frizione reciproca lo dimostra il fatto che fino a pochi anni fa chi nasceva da queste parti tendeva a vedere Varsavia come un luogo separato. «Ancora oggi alcuni anziani abitanti di aree di Praga Południe come Gocław o Kamionek – spiega Łukasz, traduttore e insegnante di polacco – non si sentono del tutto varsaviani». Una versione confermata da Emilia, guida turistica nella capitale che ha appena comprato casa a Praga Połnoc: «La nonna del mio ragazzo è sempre vissuta a Saska Kępa e tutte le volte che deve attraversare il fiume annuncia: faccio un salto a Varsavia». Vi è infine una ristretta minoranza di varsaviani che adora Praga per esservi cresciuta o avervi vissuto. Parlare del quartiere fra passato e presente con queste persone è entusiasmante, ma si corre il rischio di idealizzare Praga, ignorando le sue indubbie problematiche. Per esempio, va ricordato che Praga Połnoc resta tuttora il distretto di Varsavia con la più alta percentuale di disoccupati (circa l’8% della popolazione) e soffre di una cronica carenza di posti di lavoro. Chi abita qui fa il pendolare, diretto spesso dall’altra parte della Vistola.

La vita per principianti

Praga

(Cortile di via Ząbkowska angolo via Brzeska)

Sommando gli abitanti di Połnoc e Południe, a Praga vivono oggi poco meno di 250mila persone: un varsaviano su sette. Stando ai dati raccolti dall’Ufficio centrale per le statistiche polacco, tuttavia, negli ultimi dieci anni la popolazione dei due distretti di Praga è calata di circa 15mila persone. Un dato in controtendenza visto che nello stesso periodo Varsavia ha acquisito 45mila nuovi abitanti. Oggi le parole d’ordine sui manifesti affissi lungo le strade del quartiere e nei comizi dei politici locali sono ‘rewitalizacja’ e ‘rekwalifikacja’. Eppure sono almeno tre lustri che si parla di riqualificazione e gentrificazione di Praga, paventando l’arrivo a frotte di artisti, hipster e speculatori immobiliari. Cosa sinora accaduta a metà.

Già una dozzina d’anni fa l’allora enfant prodige della letteratura polacca, Dorota Masłowska, abitava nel quartiere, salvo poi trasferirsi dall’altro lato del fiume, nella rispettabile Żoliborz. La trasformazione di Praga è lenta, graduale e a volte sofferta. Di certo negli ultimi anni sono cresciuti i fondi a disposizione per iniziative culturali, decoro urbano e miglioramento della viabilità. Forse però l’area destinata a cambiare Praga per sempre, nel bene o nel male, è Port Praski, ex darsena industriale abbandonata accanto allo Stadio Nazionale. Qui da tre anni si costruisce a ritmo serrato nell’ambito di un gigantesco progetto che, una volta ultimato, dovrebbe consegnare alla capitale una marina turistica e a migliaia di varsaviani rampanti costosi appartamenti dotati di una vista invidiabile su tramonti e skyline della capitale.

Nel frattempo, timidi segnali di rinnovamento si notano anche altrove. Dal 2009 un appartamento ristrutturato di un vecchio edificio di Praga Połnoc ospita il Creative Hub Targowa uno dei primi spazi di coworking aperti nella capitale. «Chi lavora qui non arriva soltanto da Praga, ma da tutta Varsavia. Abbiamo ospitato programmatori, agenti di commercio e Ong polacche, ma anche giornalisti freelance stranieri e un’azienda francese» spiega Bartlemiej, fotografo e gestore dello spazio. E se nella vicina Stalowa, una delle strade più degradate della zona, ha aperto persino un boutique hotel, la quasi adiacente Brzeska – via malfamata per eccellenza sin dai tempi di Marek Hłasko – non è cambiata granché negli ultimi cinquant’anni. Qui i Radiohead hanno trovato l’ambientazione notturna e decadente per un loro recente video, I Promise.

Proprio fra Brzeska e Targowa si estende il Bazar Różycki, vera e propria istituzione praghese, luogo di compravendita di armi e munizioni durante gli anni di occupazione tedesca e, negli anni ’50, sfondo del reportage d’esordio di una giovane Hanna Krall per il suo reportage d’esordio. Il bazar, oggi assai meno frequentato che in passato, è al centro di un ambizioso progetto di riqualificazione promosso dalle istituzioni locali e osteggiato dai commercianti del posto. Alla sinistra dell’ingresso principale del mercato è stato ristrutturato un grande edificio che ospita spazi per esposizioni, una biblioteca di quartiere e uffici per il coworking. Alla destra, invece, uno dei palazzi più antichi del quartiere è sede dell’interessante Museo di Praga che propone una collezione permanente e interattiva dedicata alla storia della zona con ingresso gratuito ogni giovedì, laboratori didattici e un piccolo caffè, il Niebieski Syfon (Sifone Blu). Consiglio per fotografi: la terrazza del cortile del museo offre una splendida vista dall’alto sull’attiguo bazar.

Bazar Rozycki nel 1892

Svoltando a destra lungo Ząbkowska e superato uno dei primi bar mleczny di Varsavia, ci si imbatte in quella che è ritenuta la strada simbolo della rinascita culturale praghese. Di certo grazie alla presenza di storici locali come W Oparach Absurdu e Łysy Pingwin oltre che di ristoranti, caffè e panetterie bohemienne, aggiuntisi a negozi di passamanerie e orologiai, questa via ha un aspetto abbastanza vivace, a patto di non aspettarsi un’atmosfera berlinese. Iniziative come Otwarta Ząbkowska (Ząbkowska Aperta) che nei fine settimana estivi chiude la strada al traffico trasformandola in palcoscenico per artisti, teatranti, musicisti, appassionati di street food e robivecchi lanciano segnali positivi per il futuro. In questa strada si trova anche Pausa Włoska, un ristorante il cui proprietario è il celebre ed eclettico musicista Czesław Mozil, noto al pubblico polacco come Czesław Śpiewa.

Basta percorrere poche centinaia di metri lungo Ząbkowska per imbattersi nel Koneser Centrum Praskie, un’ex fabbrica di vodka al centro di una vasta e discussa operazione immobiliare da centinaia di nuovi appartamenti. Proprio qui nell’inverno del 2015 Google ha aperto un suo campus – il sesto nel mondo – per ospitare eventi e incoraggiare startup locali. Grandi cambiamenti alle porte in una zona in cui abbondano palazzi semiabbandonati dalle finestre sbarrate da tavole di compensato e dagli atri cadenti in cui è consigliabile non avventurarsi in solitaria. La speranza è che locali caratteristici quali il pittoresco ristorantino familiare russo Skamiejka non vengano spazzati via dall’inesorabile imborghesimento dell’area.

Praga

Dall’altra parte di Praga, a Południe, la Soho Factory di via Mińska è un esempio di rinnovamento già avvenuto con esiti alterni e affascinanti. Qui un casamento male in arnese nel cui cortile stazionano brutti ceffi intenti a tracannare lattine di birra è circondato da una serie di edifici post-industriali mirabilmente ristrutturati. A Soho si trovano un ristorante di lusso della dinastia Gessler, gallerie di designer, studi di architettura e due imperdibili musei sui generis: il Neon Muzeum  e il Czar PRL. Se il museo del neon ospita la più grande collezione esistente delle celebri insegne luminose che un tempo rischiaravano le notti di Varsavia, la seconda galleria ricostruisce con arredamenti, ammennicoli e fotografie d’epoca un tipico appartamento della Polonia socialista.

Memorie e tesori del recente passato che affiorano anche all’Antykwariat Grochowski. Situata al 12 di Ludwika Kickiego, graziosa stradina fra Mińska e Grochowska questa libreria dell’usato – recentemente ampliata e di cui ha parlato anche il terzo canale della radio polacca – è una miniera d’oro. Qui in un labirinto di scaffali, fra samovar e rari vinili, si trovano veri tesori in polacco, inglese, francese e tedesco a prezzi irrisori mentre un disco di Czesław Niemen o dei Budka Suflera creano la giusta atmosfera.

Tornando in Praga Połnoc, merita una visita un altro intelligente recupero di architettura industriale come il cortile in cui si trovano il Klubokawiarnia Chmury e il Klub Hydrozagadka locali che hanno trasformato la grigia via 11 Listopada in un indirizzo ricercato per vita notturna e concerti dal vivo. Nella vicina e imponente Plac Hallera, si trovano la sede e gli studi di Imiradio stazione radiofonica online fondata dal musicista senegalese Mamadou Diouf, da anni residente in Polonia. La web radio trasmette in polacco, inglese, arabo, francese, spagnolo, russo e ucraino dando così voce a redattori e sonorità provenienti da tutto il mondo: un unicum multiculturale per Varsavia.

Nei dintorni si trovava anche l’associazione culturale Strefa Wolnosłowa, fondata da un gruppo di giovani varsaviani e organizzatrice di spettacoli itineranti, performance teatrali, seminari giornalistici e collaborazioni con altre realtà europee. Dall’ottobre 2015 l’associazione si è spostata a Praga Południe e ora gravita attorno allo Stół Powszechny, caffè culturale ospitato negli spazi del Teatr Powszechny, accanto alla fabbrica di cioccolato Wedel. I temi principali promossi da Strefa sono incentrati sul tema dell’accoglienza e dell’integrazione degli stranieri con organizzazione di incontri con scrittori, workshop teatrali, seminari filosofici, concerti dal vivo e serate di poetry slam sia all’interno del caffè che nel gradevole giardino esterno.

Un’altra realtà unica e preziosa del circondario è AKS Zły (Club Sportivo Alternativo Cattivo),  società calcistica creata un paio d’anni fa grazie all’iniziativa dal basso di un gruppo di tifosi e che gioca alla Don Pedro Arena di Szmulowizna, area fra le più povere e disagiate di Praga. Il club propone un approccio democratico e orizzontale al mondo del pallone in cui la squadra maschile e quella femminile godono della stessa importanza, non esistono presidenti ma autofinanziamento, sugli spalti è vietato insultare gli avversari e alle partite entra gratis chi non può permettersi di pagare. Ideali di fair play e accoglienza che hanno convinto giocatori e giocatrici bielorussi, georgiani, israeliani, italiani, tedeschi e vietnamiti a indossare i colori dello Zły.

Sogni e pietre

Praga

(Angolo Targowa-Ząbkowska negli anni ’70)

Anche grazie a realtà come quelle appena descritte, Praga è ormai entrata a pieno titolo negli itinerari turistici alternativi di Varsavia. Oggi non è raro imbattersi in vecchi pulmini Żuk dal logo Adventure Warsaw aggirarsi fra Mińska, 11 Listopada e Ząbkowska o in stranieri dall’aria smarrita a spasso per via Targowa alla disperata ricerca di qualcosa da fotografare. Forse i visitatori di passaggio sono tratti in inganno da quanto riportato in una delle guide turistiche tascabili più in voga a Varsavia che, nella sua edizione italiana, definisce Targowa: “caratterizzata da una funzione simile a quella di Marszałkowska per Śródmieście”.

Murales in Zabkowska

Di vero c’è che negli anni dell’immediato Dopoguerra, una quasi intatta Targowa ospitò le sedi provvisorie di ministeri e ambasciate durante la ricostruzione dei quartieri della sponda ovest della Vistola. Un po’ poco per paragonare questo stradone rettilineo ingentilito da fioriere e sui cui lati sfilano banche e rivendite di alcolici a Marszałkowska. Parte dell’equivoco è che Praga viene venduta ai forestieri come un angolo della Varsavia del passato. Questo perché il quartiere si è salvato dalla distruzione a tappeto della capitale operata dai tedeschi al termine della Powstanie Warszawskiego, l’Insurrezione di Varsavia, avvenuta fra agosto e ottobre del ’44 sulla sponda occidentale della Vistola.

Controverso in quei mesi fu il comportamento delle truppe sovietiche entrate a Praga a settembre e che scelsero di non intervenire a supporto dei partigiani polacchi. Non sorprende quindi che gli abitanti di Plac Wileński si siano battuti, con successo, contro il riposizionamento del monumento dedicato ‘alla fratellanza con l’Armata Rossa’, rimosso nel 2012. Ecco perché sino alla primavera del 2015 un grande striscione recante la scritta ‘Nie dla czterech śpiących’ (No ai quattro dormiglioni) dominava la facciata del palazzo al numero 81 di Targowa. Il riferimento dei residenti era a uno dei nomignoli coniati per il discusso monumento.

Praga

In gran parte risparmiata dalle distruzioni sistematiche avvenute durante la Seconda Guerra Mondiale, Praga non ha goduto di altrettanta fortuna in passato. Nel 1794 le truppe russe uccisero almeno ventimila abitanti del quartiere mentre gran parte degli edifici originari in legno di questa zona della città sono andati in fiamme nei secoli passati. Ecco perché pur essendo abitata da almeno seicento anni, questa zona di Varsavia non offre oggi palazzi o monumenti paragonabili a quelli sopravvissuti o ricostruiti lungo la sponda occidentale della Vistola. Fanno eccezione la cattedrale cattolica di San Floriano, quella ortodossa di Santa Maria Maddalena e la graziosa Komora Wodna (camera delle acque) dell’architetto italiano Antonio Corazzi, oggi sede di matrimoni civili.

Il che non significa che Praga non abbia altro ancora da offrire al visitatore. I parchi Praski e  Skaryszewski, ad esempio, sono storici polmoni verdi di Varsavia e ancora oggi due splendidi luoghi in cui rilassarsi, fare sport o nutrire intraprendenti scoiattoli. D’estate, invece, una spiaggia come Plaża Miejska lungo le sponde sabbiose e lussureggianti del fiume è amata dai giovani varsaviani per incontrarsi e stare assieme. Tuttavia, il fascino di questa parte di Varsavia è perlopiù nascosto, peculiare e a tratti quasi invisibile. Il recupero di ex edifici industriali e dei caratteristici palazzi popolari di mattoni rossi è iniziato da qualche anno e non viene sempre visto di buon occhio dagli abitanti del quartiere.

Port Praski 1970s

In attesa che terminino i lavori di Port Praski, anche la viabilità sta cambiando. La buona notizia è che il comune di Varsavia ha approvato il progetto di un ponte pedonale e ciclabile che nel 2020 dovrebbe collegare la praghese via Okrzei con il lungofiume inaugurato nell’estate del 2017 lungo la sponda ovest della Vistola. E mentre crescono le postazioni delle biciclette pubbliche Veturilo installate a Praga, sono anche iniziati i lavori per il prolungamento della linea 2 della metropolitana che da qui al 2020 dovrebbe contare tre nuove stazioni praghesi: Szwedzka, Targówek e Trocka.

Là dove sino a dieci anni fa sorgeva il derelitto Stadion Dziesięciolecia, sede del più grande mercato all’aperto dell’Europa centro-orientale, luccica ora l’anello dello Stadio Nazionale costruito per gli Europei di calcio del 2012 e oggi luogo prediletto da skater, pattinatori e podisti. Tuttavia, a poca distanza dall’avveniristica arena illuminata da scacchi biancorossi ogni notte, è ancora possibile imbattersi in un residuo angolo del mercato che era. Ė in questo rettangolo delimitato da tendoni di plastica e lamiere che la mattina presto arrivano e la sera ripartono trascinandosi dietro carretti colmi di masserizie i commercianti del luogo, anziani di origine cinese o vietnamita. Superstiti di un bazar dalla dubbia reputazione ma che ora non esiste più, spazzato via dalla ‘rekwalifikacja’. La speranza di chi vi abita e scrive è che Praga sappia evolversi senza dimenticare quelle radici umili ma genuine che l’hanno resa un luogo unico, affascinante e riconoscibile.

Articolo riveduto, aggiornato e integrato nell’aprile 2018.

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