A due partite dalla fine delle qualificazioni, la Polonia è già sicura di un posto a Euro2020. Con che percorso? E con quali aspettative?
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di Alberto Bertolotto
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La nazionale polacca di calcio, per la quarta volta di fila, disputerà i campionati europei nel 2020. Il fatto che i biało-czerwoni partecipino ininterrottamente alla manifestazione da 12 anni è di per sé un grande risultato, considerato che nelle otto rassegne precedenti – cioè dal 1960 al 2004 – non vi avevano mai preso parte: un fatto decisamente curioso, considerato soprattutto i successi a livello mondiale della nazionale dal 1972 al 1986. Far parte in maniera costante dell’élite europea è già un motivo per essere soddisfatti eppure i polacchi non sono del tutto soddisfatti. Perché alleggia un certo pessimismo? Perché, tra appassionati e addetti ai lavori, si pensa che la miglior generazione di giocatori da molti anni a questa parte, nel 2020, non possa comportarsi alla grande ai campionati europei? E quali saranno le reali prospettive della squadra?
LA STORIA. Domande alle quali si è provato a rispondere prima delle ultime sfide del girone eliminatorio con Israele e Slovenia, in programma rispettivamente il 16 (a Gerusalemme) e il 19 novembre (a Varsavia), totalmente inutili ai fini della qualificazione in quanto già conquistata lo scorso ottobre grazie ai successi con Lettonia e Macedonia. La nazionale è in testa al gruppo G con tre punti di vantaggio sull’Austria, frutto di un cammino fatto di sei successi, un pareggio, e una sconfitta, 13 gol segnati e solo 2 subiti, bottino quest’ultimo che fanno della difesa biancorossa la seconda meno battuta in Europa dopo Belgio (1 rete incassata) e alla pari dell’Ucraina. Le cifre sono confortanti, anche se i rivali non erano irresistibili: un aspetto da sottolineare, altrimenti si possono creare false aspettative. E a riguardo va introdotto il motivo che non fa sognare i polacchi, da individuare nella scarsa propensione a creare un gioco offensivo Per la maggior parte della critica – addetti ai lavori e tifosi – il ct Jerzy Brzęczek è il principale colpevole di questa mancanza. Classe 1971, argento olimpico a Barcellona nel 1992, da calciatore tra gli anni ’90 e 2000 Brzęczek è stato un ottimo numero 10, capace di giocare in Europa (soprattutto in Austria) quando le limitazioni sull’utilizzo degli stranieri erano ancora vigenti: con i biało-czerwoni ha collezionato 42 presenze dal 1992 al 1999 e ne è stato il capitano, pur nel peggior momento della selezione dal dopoguerra in poi. È stato nominato commissario tecnico dopo i campionati mondiali del 2018, quando al termine dei quali Adam Nawałka ha rassegnato le dimissioni. Da parte della Pzpn non è stata una scelta facile: c’è chi premeva per un cambio radicale, un ritorno a un tecnico straniero come ai tempi di Leo Beenhakker (ct dal 2006 al 2009). In questo senso il presidente Zbigniew Boniek aveva individuato nel trevigiano Gianni De Biasi – che aveva fatto grande la nazionale albanese – il successore di Nawałka. Tuttavia Zibì ha messo a segno un vero e proprio colpo di tacco, assumendosi la scelta e la responsabilità di assegnare a un polacco e a un “underdog” come Brzęczek la panchina più prestigiosa del paese: visto il curriculum modesto del tecnico, che in otto anni di carriera aveva brillato solamente nel 2017-2018 alla guida del Wisła Płock, molti hanno storto il naso. Le polemiche e le discussioni sono impazzite sin da subito. E per molti, la domanda, era una sola: cosa farà con Jakub Błaszczykowski, stella in evidente declino? Già, perché il ct è nientemeno che lo zio di Kuba, ed è stato una figura fondamentale nella crescita del giocatore che perse la mamma (sorella di Brzęczek) in circostanza drammatiche quando era un ragazzino.
LA STORIA. Insomma, in Polonia si respirava tanto scetticismo, legittimato in seguito dalla partenza del commissario tecnico: cinque gare da settembre a novembre 2018, due pareggi (con l’Italia al debutto e col Portogallo nella Uefa Nations League), tre sconfitte (con Italia e Portogallo nella Nations League e in amichevole con la Repubblica Ceca) ed esperimenti tattici rivelatisi negativi (l’utilizzo del 4-3-1-2) o perlomeno che necessitavano di un tempo che nessuno era intenzionato a dargli, in ossequio al principio che servono subito risultati.
Non a caso nel 2019, nelle prime uscite di qualificazione agli Europei, il ct è tornato al 4-4-1-1 (o 4-4-2 o 4-2-3-1 a seconda degli interpreti) utilizzato da Nawałka e che meglio si adatta alle caratteristiche dei giocatori a disposizione. Seguendo questo traccia, è stato costruito l’accesso a Euro 2020, blindato già a metà anno in virtù di quattro vittorie di fila da marzo a giugno con Austria (1-0 a Vienna), Lettonia (2-0 a Varsavia), Macedonia (1-0 a Skopje) e Isreale (4-0 a Varsavia). Come si vede, otto gol fatti e nessuno subìto, mettendo in mostra una solidità difensiva notevole. Eppure, anche in questo caso, media e appassionati erano sempre critici nei confronti di Brzęczek, accusato di non aver dato un’identità offensiva alla squadra e quindi non aver trovato il modo per creare un gioco brillante. Solo Boniek difendeva il ct, anche perché era una sua scelta e da presidente della Pzpn non poteva attaccarlo ma solo sostenerlo, cercando di vedere il bicchiere mezzo pieno in ogni situazione. La critica nei confronti dell’ex tecnico di Wisła Płock e Lechia Gdańsk si è acuita lo scorso settembre, dopo il ko con la Slovenia a Lubiana (2-0) e il pareggio con l’Austria a Varsavia (0-0): prestazioni oggettivamente negative, prive di principi di gioco atti a sfruttare l’incredibile stato di forma di Lewandowski, che quest’anno ha iniziato alla grandissima. Il ct è stato investito da un tir di critiche, tanto che Sportowe Fakty, tramite il suo sito internet, aveva lanciato un sondaggio per chiedere ai propri lettori se Brzęczek dovesse dimettersi subito oppure no (il risultato, va da sé, è ampiamente intuibile). Per molti, pochi raggi di sole, tante nubi, che poi sono state parzialmente spazzate via con la gara di ottobre che ha consegnato il pass per Euro 2020: il 2-0 con la Macedonia allo Stadion Narodowy, per quanto conseguito nell’ultimo quarto d’ora, ha fatto vedere che con il 4-4-1-1 e con Góralski al fianco di Krychowiak in mezzo al campo la nazionale ha un equilibrio tra fase di possesso e non possesso.
Gli organi di informazione hanno esaltato questa prestazione, che ha seguito quella un po’ deludente con la Lettonia a Riga al di là del risultato (3-0): Glik, a proposito, al termine del match, ha dichiarato che troppi calciatori hanno pensato a loro stessi all’interno della partita, volendo così lanciare un segnale chiaro e forte al resto della truppa. Una dichiarazione ragionata, volta a scuotere una parte dello spogliatoio, che ha sortito i suoi frutti ma che al contempo avrebbe ricordato a tanti ciò che si sarebbe respirato all’interno della nazionale prima e durante i campionati mondiali del 2018, vale a dire uno spogliatoio presumibilmente diviso tra una parte al seguito di Glik e un’altra alla corte di Lewandowski. A ogni modo, a distanza di poco più di 12 mesi dalla deludente uscita in Russia, la Polonia – pur agevolata da un girone abbordabile – ha dimostrato di sapersi rialzare e, pur con qualche difficoltà, di portare a casa la qualificazione. Non è tantissimo, ma non è neppure poco.
IL FUTURO. La manifestazione continentale, va ricordato, si terrà dal 12 giugno al 12 luglio e per la prima volta non si disputerà in un unico paese (o due, come accaduto in alcune edizioni) bensì in 12 città diverse del Vecchio Continente: partita inaugurale all’Olimpico di Roma, finale a Wembley. La nazionale biancorossa vi arriverà al termine di un ciclo di amichevoli – secondo quanto si sente dalle parti della Pzpn – con rivali molto forti: si parla anche di una sfida proprio in Inghilterra con la selezione dei Tre Leoni. Questo proprio per far sì che ci si abitui ad affrontare avversari di spessore e non sfidanti come nelle qualificazioni che, sulla carta, erano più deboli. L’errore fu fatto in preparazione ai mondiali, con test-match con Nigeria, Corea del Sud e Lituania (per citarne alcuni) pagati poi a caro prezzo. Le scelte di Brzęczek saranno poi fondamentali. Si può dire che nel corso del cammino il ct abbia trovato i suoi punti fermi: tra i pali deve solo decidere chi schierare tra Fabiański (ora infortunato) e Szczęsny, coppia di portieri che tante nazionali invidiano; in difesa si è potuto constatare l’imprescindibilità di Glik (assente a Lubiana nell’unico ko del 2019), in mezzo al campo si può andare verso il duetto formato da Krychowiak e Góralski, con quest’ultimo, straordinario faticatore, che permette all’asso della Lokomotiv Mosca di poter giocare qualche metro più avanti ed essere più libero di creare; davanti si vorrà puntare tutto su Lewandowski, anche lasciando in panchina un Piątek pur strepitoso nella prima parte di qualificazione ma piuttosto in ombra attualmente.
L’asse portante è fatta ed è declinata, come si diceva, sul 4-4-1-1/4-2-3-1. Restano da stabilire i contorni: la partita con la Macedonia ha ricordato che Bereszyński si esprime meglio come terzino destro che come laterale mancino, posizione quest’ultima ricoperta nelle altre gare e che ora potrebbe essere occupata da Rybus se si sistema del tutto fisicamente (a causa della sua assenza, il sampdoriano giocava sulla sinistra) o da Reca, pupillo di Brzęczek visto che lo svezzò a Płock e lo spinse verso il campionato italiano. Al centro della difesa, con Glik, sarà sicuro del posto Bednarek mentre sono da stabilire le riserve: al casting prenderanno parte sicuramente Thiago Cionek, Pazdan e Jędrzejczyk, con quest’ultimo da considerare anche come laterale di riserva assieme a Kędziora e Kądzior. Tra le alternative in mezzo al campo la situazione è molto fluida: Klich, rivitalizzato da Bielsa al Leeds, ha dimostrato nel corso delle qualificazioni di non essere la spalla ideale di Krychowiak. Come il compagno di squadra, è più un palleggiatore che un faticatore, profilo quest’ultimo che Brzęczek preferisce e che porta a far salire le chance di convocazione di calciatori come Bielik (comunque molto geometrico ma utilizzabile anche come centrale difensivo) e Linetty. A sostegno di Lewandowski non sembrano esserci dubbi sulla scelta di Zieliński, il più grande talento biancorosso. A proposito, sulle ali, fondamentali nel gioco che il ct sta dando alla nazionale, c’è concorrenza: Grosicki sembra essere l’unico certo di una maglia, dopodiché è corsa tra Frankowski (in rete con la Macedonia, prodezza che ha rilanciato pesantemente le sue quotazioni), il gioiellino ex under 21 Szymański, titolare negli ultimi due match e, perché no, Błaszczykowski, non più ai livelli di anni fa, spesso infortunato, ma esperto e in grado di dare una mano nei momenti delicati. Davanti con Lewandowski ci saranno sicuramente Milik (utilizzabile anche alle spalle del bomber del Bayern Monaco come a Euro 2016) e Piątek. Kownacki potrebbe avere una chance ma dipenderà da come si comporterà da qui ad aprile. In ultima battuta, il ruolo di terzo portiere, spesso sottovalutato dai tifosi ma molto considerato da tecnici e addetti ai lavori: Skorupski è il favorito anche se non è da escludere una scelta “giovane” e che vede quindi in lotta calciatori come Grabara (titolare dell’under 21) e Majecki (titolare dell’under 20).
PROSPETTIVE. Cosa può fare la Polonia? La storia del calcio biancorosso insegna che, se la nazionale arriva a fari spenti a una grande manifestazione, può andare lontano: fu così ai mondiali del 1974 e del 1982 e, più recentemente, all’ultima edizione dei campionati Europei (eliminata ai quarti dai futuri campioni del Portogallo). Più pragmaticamente, dipenderà dallo stato di salute di alcuni big e dall’equilibrio tecnico-tattico che riuscirà a dare Brzęczek, bravo comunque nell’ultimo periodo a capire i punti di forza dei calciatori a sua disposizione e in generale del gruppo. Non è casuale se, con il passare del tempo, ha fatto sempre più un passo indietro dal punto di vista della proposta del gioco per puntare su modulo e concetti di solidità molto cari al suo predecessore.
Nawałka, pur sbagliando in alcuni momenti della sua gestione, aveva capito che la sua Polonia aveva delle eccellenze (il reparto offensivo) ma allo stesso tempo non disponeva di fuoriclasse in ogni ruolo ed era quindi meglio impostare una squadra attenta in fase di non possesso e in grado di muoversi all’interno di pochi temi nel momento in cui aveva la palla tra i piedi. Parlando tempo fa con addetto ai lavori polacco, mi disse che a suo parere la nazionale è sempre stata questa e questo potrà al massimo offrire: va da sé che, in discorsi di puro fantacalcio al momento, un possibile successore di Brzęczek – se si esclude la pista estera – potrà essere Piotr Stokowiec, attuale tecnico del Lechia Gdańsk che incarna quanto sopra.
In conclusione: valutando la situazione al momento, se tutto va bene, la Polonia può essere una nazionale che può arrivare nuovamente ai quarti di finale come nel 2016. Per quanto criticata in patria, la squadra ha dei punti fermi attorno a cui può sviluppare (e sta sviluppando) un certo tipo di percorso. I mesi che portano alla manifestazione principale del biennio saranno determinanti: a Nawałka costarono cari, all’attuale ct – se saprà sfruttare bene il tempo a sua disposizione – potranno dargli molto.