Pietrzykowski – storia di un pugile nella PRL

Pietrzykowski

La storia di Zbigniew Pietrzykowski, tra i più forti pugili polacchi di sempre, arresosi solo di fronte a Cassius Clay.

di Salvatore Greco

Roma, 5 settembre 1960, al Palazzo dello Sport dell’EUR un giovane pugile afroamericano alza i pugni al cielo accanto all’arbitro che ne ha dichiarato la vittoria. Poco più in là, il pugile sconfitto, un uomo asciutto, biondo ed emaciato, guarda di fronte a sé con la faccia un po’ seria e un po’ corrucciata di chi è arrivato a un passo dal titolo olimpico ma alla fine ha perso. Sì, perché a Roma il 5 settembre 1960 si combatte la finale per l’oro ai Giochi della XVII Olimpiade nel pugilato e in particolare nella categoria dei pesi mediomassimi. Quel ragazzo afroamericano sorridente è il diciottenne Cassius Clay al primo alloro di una carriera maestosa, da miglior pugile della storia. Lo sconfitto è un ventiseienne del villaggio slesiano di Bestwinka e risponde al nome di Zbigniew Pietrzykowski.

Pietrzykowski non è stato un’eccezione, scheggia impazzita nella storia dello sport, ma esponente di una tradizione pugilistica che in Polonia ha radici salde (ma non buone prospettive) e, seppur non unica, la sua storia di atleta racconta in modo esemplare il rapporto tra uno sport popolare e la sua capacità di riscatto.

Il mondo del pugilato, nella percezione di chi non lo conosce da vicino, assume sfumature confuse e non poche colpe ricadono sulle spettacolarizzazioni -una su tutte il wrestling- dove un insieme di violenza acrobatica, personaggi pittoreschi e atmosfere da circo romano hanno gettato confusione su una disciplina antichissima e piena di tradizione. A scanso di equivoci per i lettori meno avvezzi, è bene precisare qui che non solo il pugilato non ha alcun rapporto con discipline come wrestling e affini, ma anche che all’interno dello stesso mondo chiamato pugilato esiste una rigida differenziazione tra pugilato dilettantistico –i cui atleti si confrontano all’interno delle competizioni federali senza scopo di lucro- e pugilato professionistico i cui atleti invece si scontrano all’interno di leghe organizzate allo scopo e con premi in denaro destinati ai vincitori e un apparato mediatico sempre maggiore.

Nella Polonia socialista, dove l’idea dello sport professionistico inteso in questi termini non era contemplata, ecco che il pugilato dilettantistico ha rappresentato una delle discipline più praticate e ha portato negli anni ben 43 medaglie olimpiche tra i Giochi del 1952 e quelli del 1992. Negli ultimi 25 anni invece di medaglie non ne sono più arrivate, quasi che l’intera spinta propulsiva del pugilato polacco fosse finita con Solidarność, il passaggio alla democrazia e l’ingresso in un mondo dove non si cerca più il riscatto facendo a pugni, o forse non lo si cerca proprio.

Non è un segreto, del resto, né più di tanto uno stereotipo culturale, che il pugilato sia atavicamente uno sport delle classi più disagiate, espressione delle periferie e più in generale di quella parte di mondo con meno mezzi a disposizione per praticare altri sport. In fin dei conti per iniziare a tirare di boxe non serve altro che un paio di nocche e un po’ di sana rabbia di classe che non guasta mai. È servita per Cassius Clay, ragazzino nero delle periferie di Louisville, Kentucky, è servita per un campione nostrano come Primo Carnera, nato ed emerso nella provincia friulana, ed è servita anche per Pietrzykowski.

Zbigniew Pietrzykowski nacque nel 1934 a Bestwinka, villaggio che oggi conta 1200 anime legato amministrativamente alla città di Bielsko-Biała, famosa per ospitare importanti stabilimenti Fiat ma già storicamente cuore di un distretto con una certa vocazione industriale. Di certo essere nato in Slesia negli anni ’30 non deve aver reso l’infanzia di Pietrzykowski semplice, ma per quella generazione la guerra fu un fenomeno talmente condiviso da tutti da non rendersi elemento biografico peculiare per nessuno. Lo stesso pugile non ne parla volentieri, non è interessato ad agiografie di tale sorta. In un’intervista si limitò una volta a ricordare come prima della fine della guerra, quando aveva ancor dieci anni, vendesse sigarette per strada: “Ricordo che se riuscivo a venderne almeno cento” racconta “mi potevo permettere un quarto di pane”. Fatto sta che, guerra o no, Pietrzykowski iniziò a tirare di boxe da ragazzino; nel 1953 non ancora ventenne venne convocato in nazionale per gli europei di pugilato ospitati proprio a Varsavia e si fece valere nella categoria dei mediominimi conquistando la medaglia di bronzo. Nel 1954, a 20 anni, divenne campione nazionale per la prima volta. Fu l’inizio di una carriera di grandi soddisfazioni. L’entusiasmo attorno al pugilato nella PRL era evidente: Pietrzykowski vinse nuovamente i campionati polacchi nella categoria mediominimi nel 1955 e nella stessa categoria conquistò l’oro durante i campionati europei tenutisi a Berlino Ovest; nel ’56 si laureò campione nazionale per la terza volta consecutiva e a Melbourne conquistò la sua prima medaglia olimpica, di bronzo, dopo aver perso in semifinale dall’ungherese Laszlo Papp.

Nel 1957 ritornò alla sua Slesia e si riconfermò campione di Polonia nella categoria dei pesi medi, e con lo stesso peso vinse di nuovo il titolo di campione europeo a Praga. Alla fine della sua carriera i titoli nazionali per lui furono ben undici, record ancora imbattuto e solamente raggiunto nel 2005 da Andrzej Rżany.

Nel frattempo Pietrzykowski divenne un pugile maturo sia mentalmente che fisicamente, passò ai pesi mediomassimi e vinse nuovamente la medaglia d’oro ai campionati europei, stavolta a Mosca. Nel 1960 a Roma era uno dei favoriti della vigilia per il titolo olimpico, assieme a lui quel giovane americano Cassius Clay sul quale si raccontavano gli aneddoti più strani e che faceva molta più notizia del taciturno polacco. Le Olimpiadi di Roma 1960 furono le prime trasmesse dalla tv polacca e la finale raggiunta da Pietrzykowski divenne un evento di massa capace di radunare le persone in casa dei pochi che all’epoca possedevano una tv (stime parlano di circa un milione di apparecchi per 40 milioni di polacchi) o attorno alle radio. Ma a dare il senso della portata della cosa c’è il servizio telefonico istituito per l’occasione con cui bastava telefonare a un numero apposito per avere l’aggiornamento in diretta da una centralinista impiegata allo scopo.

Pietrzykowski

Il match di per sé poi fu ben poco storico: di fronte alla boxe rivoluzionaria di Clay, Pietrzykowski perse cinque round su cinque senza mai dare l’impressione di poter ribaltare la situazione. “Era semplicemente troppo veloce per me” dichiarò Pietrzykowski e non è un segreto che la qualità che portò Cassius Clay/Muhammad Alì a diventare il pugile più forte della storia fu la velocità dei suoi piedi più che la potenza dei suoi pugni.

La carriera di Pietrzykowski raggiunse quel giorno un apice oltre il quale non andò mai. Per la verità, al di fuori di quella perfetta macchina da pugilato che era Clay, Pietrzykowski fu nettamente il pugile più forte della sua generazione e lo dimostrò con il quarto oro europeo conquistato a Mosca nel 1963 e con la terza medaglia olimpica della sua carriera, il bronzo ottenuto nel 1964 – già trentenne e quindi piuttosto anziano per questo sport – ai Giochi di Tokyo. Si ritirò qualche anno dopo con 350 incontri affrontati di cui 334 vinti e passando praticamente subito alla carriera di allenatore nello stesso club di Bielsko-Biała dove aveva limitato praticamente per tutta la sua carriera.

A testimonianza della sua notorietà e del rispetto che aveva guadagnato nel suo Paese, fu candidato alle elezioni parlamentari nelle liste del Blocco Apartititico per la Realizzazione delle riforme (BBWR) voluto da Wałęsa in persona per la tornata elettorale del 1993 che avrebbe eletto i parlamentari della seconda legislatura della Polonia libera. Pietrzykowski venne eletto e quindi servì da deputato fino al 1997. Morto nella sua Bielsko-Biała nel 2014, se ne è andato con la soddisfazione di essere stato votato, dieci anni prima, come miglior pugile polacco della storia in un sondaggio organizzato dalla Federazione Pugilistica Polacca, preferito nelle graduatorie persino ad atleti che avevano ottenuto l’oro olimpico.

La finale di Roma, seppur persa, rese insomma Pietrzykowski il simbolo di un pugile quasi imbattibile, costretto ad arrendersi solo di fronte a un vero e proprio alieno e l’eco di quella finale arriva ancora oggi più lontana delle sue tante vittorie. Lo stesso Alì, anni dopo, descrisse il suo incontro in finale a Roma come uno dei più duri della sua carriera. Difficile dire se fosse sincero o mosso a parole così miti solo per circostanza e nostalgia, di certo l’incontro tra i due nel 1978 durante una puntata dello show della tv americana This is your life è un momento che mostra emozioni difficili da dissimulare e i sorrisi dei due ex avversari raccontano una rivalità sincera e un rispetto profondo che solo i campioni veri riconoscono fra loro. Pietrzykowski, oro olimpico o meno, è stato uno di questi.

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