Ota Pavel, rompere il ghiaccio in Boemia

Ota Pavel

 
 
di Lorenzo Berardi
 

La cittadina boema di Buštěhrad si trova a una ventina di chilometri da Praga. Il turista qui arriva soltanto per caso. Ed è un peccato. Due o tremila anime in croce, le rovine di uno splendido castello rinascimentale in cima a una collinetta e la mole barocca dell’ex birreria imperiale sulle sponde di due laghetti artificiali creati ‘per il diletto dei cittadini’. Dal 2002 il visitatore di passaggio approdato nel borgo sulla strada per la capitale ceca può dedicare un’ora scarsa del proprio tempo a un piccolo museo ospitato in una casetta dalle tinte pastello. Una sola ampia stanza ma tirata a lucido e ricolma di memorabilia, fotografie, sbiaditi articoli di giornale, poster e aspirapolvere anteguerra. Il Muzeum Oty Pavla u rotta è dedicato alla vita e agli scritti del cittadino di gran lunga più celebre di Buštěhrad, Otto Popper, meglio noto come Ota Pavel.

Ota Pavel

Atleta mancato e giornalista sportivo di successo

Figlio di un venditore porta a porta di aspirapolvere Electrolux di origine ebraica e grande appassionato di pesca (descritto mirabilmente nel racconto ‘Al servizio della Svezia’), il giovane Otto è a sua volta un patito di amo e lenza. Ota PavelIl ragazzo sogna di diventare un famoso giocatore di hockey su ghiaccio, ma una brutta tonsillite, l’amore per la buona tavola e una penna ispirata ne fanno un celebre reporter sportivo negli anni ’50. È questo il momento in cui l’ex minatore Otto Popper – scampato all’Olocausto per una serie di fortunate coincidenze – diviene Ota Pavel. Noto in patria per le sue biografie di atleti cecoslovacchi, gli articoli sul quotidiano sportivo Stadion e le ispirate corrispondenze sulle frequenze di Radio Praga, Pavel ha la fortuna e il privilegio di potere viaggiare, visitando l’allora Unione Sovietica, Francia, Svizzera e spingendosi persino Oltreoceano.

Oggi, tuttavia, Ota Pavel è ricordato fuori dai confini della Repubblica Ceca soprattutto come l’eccezionale autore di una manciata appena di racconti brevi. Scritti ironici e irresistibili capaci di ricostruire con delicatezza un mondo affascinante e oggi scomparso, quello della Cecoslovacchia pre-Seconda Guerra Mondiale. In quest’ottica Pavel può essere accostato ad un autore ceco suo contemporaneo come Josef Škvorecký, anch’egli in grado di rievocare con sense of humour e gusto cosmopolita l’epoca pre-bellica di Praga e dintorni. Sia Pavel che Škvorecký ebbero l’occasione – assai rara a quel tempo per cittadini della Cecoslovacchia socialista – di varcare l’Oceano Atlantico. Assai diverse però furono le circostanze. Se l’autore di Zbabělci (‘I vigliacchi‘, edito da Rizzoli e tradotto da Giuseppe Mariano) si trasferì stabilmente in Canada nel 1968, divenendovi un editore di libri messi all’indice in madrepatria, Pavel visitò gli Stati Uniti nel ’62 come reporter al seguito della squadra di calcio del Dukla Praga.

La crisi depressiva, il successo editoriale e la scomparsa

Due anni dopo, il giornalista nativo di Buštěhrad si trovava nella città austriaca di Innsbruck per seguire le competizioni dell’Olimpiade invernale 1964 al seguito degli olimpionici cecoslovacchi. Ed è qui che accadde il patatrac. Una crisi maniaco depressiva, attacchi di schizofrenia. Pare che Pavel fosse certo di avere riconosciuto il criminale nazista Martin Borman fra la folla e si fosse convinto di essere pedinato da qualcuno. Per questo, il giornalista non rientrò in patria assieme alla squadra a cinque cerchi del suo Paese. Venne ritrovato poche ore dopo a pochi chilometri da Innsbruck dove aveva appiccato fuoco a un fienile in quello che riteneva un tentativo di salvare la città dalla presenza di Borman. Ricoverato d’urgenza in una clinica psichiatrica di Praga, Pavel non si riprese mai del tutto entrando e uscendo dagli ospedali. Nonostante il successo raccolto dai suoi scritti sportivi e dai suoi racconti pubblicati subito dopo il suo primo ricovero, lo scrittore si spense nel ’73 in seguito a un attacco cardiaco: aveva appena quarantadue anni.

Le vecchie foto in bianco e nero che ritraggono Ota Pavel ci mostrano un uomo dallo sguardo ironico, e dalOta Pavel sopracciglio destro simile a un accento circonflesso. Un trentenne precocemente stempiato e con un pronunciato doppio mento, sorridente ma malinconico. È difficile associare queste immagini a una persona soggetta a crisi depressive, manie di persecuzione e attacchi di schizofrenia. Ancora più arduo pensare al quadro clinico degli ultimi anni di Ota Pavel leggendo i suoi racconti che sono un inno all’allegria, alle piccole gioie del quotidiano, alla buona tavola, al piacere di stare all’aria aperta, alla battuta pronta e autoironica. Un vero antidoto alla noia che offre mirabili descrizioni delle dinamiche interne alla famiglia Popper in un quadro al tempo stesso bucolico e cosmopolita. Leggere per credere.

Ota Pavel in italiano, inglese e polacco

Dal 2013 l’opera più nota di Pavel, ‘La morte dei caprioli belli’ (Smrt krásných srnců) è disponibile in italiano grazie ai tipi di Keller Editore. Il libro si legge d’un fiato e contiene nove irresistibili racconti tradotti dal ceco da Barbara Zane e impreziositi da una postfazione del giornalista polacco Mariusz Szczygieł, grande e apprezzato conoscitore di cose ceche e slovacche. Sette divertentissime pagine tratte da Láska nebeská per la traduzione di Marzena Borejczuk in cui Szczygieł confessa la propria predilezione per lo sfortunato autore ceco e ricostruisce le improvvise circostanze che portarono alla sua prematura scomparsa. L’unica pecca dell’edizione italiana è quella di essere in realtà troppo breve. In questo senso, l’augurio è che anche altri racconti autobiografici di Ota Pavel possano essere presto tradotti e pubblicati in Italia. A cominciare magari da quelli raccolti in Jak jsem potkal ryby (‘Come ho incontrato i pesci’), disponibili tanto nell’edizione polacca intitolata ‘Śmierć pięknych saren. Jak spotkałem się z rybami’ ed edita nel 2015 da Czuły Barbarzyńca, quanto in quella inglese di Penguin, ‘How I came to know fish’.

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