Una formica contro il nazismo – vita e musica di Mieczysław Fogg

Nestor Perlongher, in una delle poesie tratte da Austria-hungría, porta la murga, la musica del carnevale argentino e uruguagio sulla Vistola. La sua è una poesia che sfida l’idea di un’identità (in questo caso nazionale, ma, più spesso, sessuale) fissa, statica, immutabile. La trovata di incrociare il carnevale argentino con il fiume polacco sembra quindi azzeccata, se non fosse, che, dopo aver ascoltato un po’ di musica (“Buenos Aires” dei Maanam) e sfogliato qualche libro (di Gombrowicz, per esempio) l’Argentina non sembra più così lontana dalla Polonia e l’accostamento di Perlongher molto meno stridente.

Ad attenuare l’impressione di inconciliabilità tra questi due mondi contribuisce anche l’ascolto di alcuni pezzi di Mieczysław Fogg, come “Tango milonga”, “Jesienne róże” (Rose autunnali) e quella che forse è la sua interpretazione più celebre, “To ostatnia niedziela” (Questa è l’ultima domenica). Composte tra gli anni 20 e 30, furono interpretate da diversi artisti, ma, soprattutto quest’ultima, è associata indelebilmente al nome di Fogg.

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Decapitated – Anticult

Decapitated

La scena heavy metal in Polonia è particolarmente agguerrita e si mantiene sulla cresta dell’onda da parecchi decenni. Capostipiti indiscussi furono i Turbo, fondati nel 1980 e che con il primo album, Dorosłe dzieci, uscito nel 1982, cantarono il disagio di una generazione a cui il potere aveva “insegnato regole e date, inculcato [sic!] la saggezza, ripetuto ciò che si poteva e non si poteva fare; l’aveva convinta di ciò che è bene e ciò che è male” eppure, quella generazione viveva con la disarmante sensazione di “non sapere come vivere”, cioè di non sapere cosa farne della propria esistenza.

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Il vario mondo di Czesław Niemen

Niemen

– di Luca Ventura Saltari – Niemen in Italia Nasceva ottant’anni fa, in un paesino dell’attuale Bielorussia, un uomo che avrebbe lasciato un’orma importante nella musica rock polacca e che oggi continua ad essere praticamente sconosciuto in Italia: Czesław Niemen. Ad essere nato a Stare Wasiliszki il 16 febbraio 1939…

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Il Cohen di Maciej Zembaty

Zembaty PoloniCult

Maciej Zembaty è un eroe. Non ha salvato vite sacrificando la propria come ha fatto Ludwika Wawrzyńska e non si è immolato per protesta come Jan Palach. Il suo è un eroismo minore, quello di Prometeo e forse anche un po’ quello di Sisifo: ha tradotto in polacco quasi tutte le canzoni di Leonard Cohen. Certo, anche in italiano esistono traduzioni, come Suzanne, Giovanna D’Arco e Nancy cantate da De Andrè o La famosa volpe azzurra interpretata da Ornella Vanoni, ma niente di ciò è paragonabile al lavoro di Zembaty, per costanza e proporzioni.

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Llach: dalla Catalogna in Polonia in direzione ostinata e contraria

Lluis Llach

 

Pare che David Bowie abbia avuto la sua prima epifania musicale vedendo la cugina scatenarsi al ritmo di Hound Dog. “Per un personaggio interessato alla persuasione delle masse,” ha scritto Luca Majer,  “la scoperta di simili possibilità da parte di una forma artistica così rudimentale e appena iniziata doveva rappresentare un irresistibile stimolo.”

Anche Jacek Kaczmarski deve aver avuto un’esperienza simile quando, agli inizi della sua carriera cantautoriale, ascoltò un disco di Lluis Llach, Barcelona gener de 1976. Si tratta di una di quelle registrazioni in cui la presenza e la passione del pubblico sono quasi tangibili. I cori e gli applausi devono aver colpito Kaczmarski, ma potrebbero anche avergli fatto scendere un brivido lungo la schiena: l’isteria della folla, la potenziale mostruosità delle masse. È da queste sensazioni contrastanti che sarebbe nato uno dei capolavori del bardo polacco, Mury. Ma andiamo con ordine.

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Bednarek – dal freddo cielo polacco, le sonorità del reggae

Bednarek PoloniCult

Ho un ricordo ancora vivissimo di quando, alla vigilia della partenza del primo viaggio in Polonia, una mia amica mi inviò il link ad una playlist di Spotify chiamata “Polskie reggae”. Credo che possiate capire il mio stupore – di certo la Polonia non fa parte dell’immaginario collettivo di ambienti legati a questa tipologia di musica… ebbene, con gli anni ho avuto modo – e piacere – di scoprire questo genere e soprattutto che anche a queste fredde e nevose latitudini le sonorità jamaicane piacciono molto e ci sono diversi artisti davvero in gamba. Oggi vi voglio parlare di un ragazzo che probabilmente – parlo per chi ci segue dalle terre polacche – conoscete già, almeno di vista. Se vi piacciono i succhi Frugo avrete sicuramente visto il suo bel viso sorridente sulle bottiglie e sulle pubblicità. Mi riferisco a Kamil Bednarek – classe 1991, di Brzeg.

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Czesław śpiewa: il bardo sghembo che incanta e indigna

Czesław śpiewa

C’è un personaggio trasversale nella musica polacca degli ultimi anni in grado di raccogliere consensi a vari livelli e accordare -è il caso di dirlo- le esigenze della musica colta, del cantautorato e del pop da classifica, tutto questo pur attirandosi antipatie e ire da parte di almeno metà dell’opinione pubblica. È un fisarmonicista dalla voce acuta, a volte persino stridula, e frontman di una band che domina con il suo nome al punto tale che spesso le due cose si confondono. Lui si chiama Czesław Mozil ma al mondo degli ascoltatori è noto come Czesław Śpiewa.

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Il ritorno dei Wild Books tra innovazione e impegno

Gli aficionados della musica di PoloniCult probabilmente si ricorderanno dei Wild Books, band varsaviana con all’attivo un ep omonimo dal frizzante eclettismo e dal variegato citazionismo a mano libera. Oggi al duetto formato dai sempre privi di cognome Karol e Grzegorz si è aggiunto un bassista, Duszan, e i Wild Books hanno prodotto il loro secondo album -sempre per Instant Classic- dal non troppo ricercato nome di 2. Lo abbiamo ascoltato e per l’occasione abbiamo anche contattato Karol, batterista e co-fondatore della band.

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Dikanda. Come arrangiare l’Oriente.

In Polonia l’interesse per la world music è piuttosto vivo, e ha prodotto negli ultimi vent’anni emergenze di un certo rilievo: celebre è, ad esempio, il gruppo cracoviano Kroke, il quale mescola efficacemente influenze di ascendenza orientale, klezmer e balcaniche ad un jazz di buona scuola. Di Varsavia è invece Katarzyna Szczot, in arte Kayah, già coautrice insieme a Goran Bregović di uno tra gli album di maggior successo di pubblico in Polonia (Kayah i Bregović, 1999; 700 mila copie vendute), e poi interprete di musiche della tradizione ladina, yiddish, araba, ebraica, macedone, romani e polacca in Transoriental Orchestra (2013).

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