
Il capolavoro di Krauze sul pittore naif Nikifor.
Krzysztof Krauze è uno tra i registi più interessanti attivi sulla scena del cinema polacco contemporaneo. Come il suo collega Wojciek Smarzowski (di cui abbiamo già parlato qui e qui) si è formato nella celeberrima scuola di cinema di Łódź e ama raccontare come sta cambiano la Polonia moderna, e allo stesso tempo approfondire parti poche conosciute della storia del proprio paese. Nello specifico, Krauze con il film Mój Nikifor (2004) fa riscoprire un originale protagonista della storia dell’arte polacca. Con tono poetico e delicato, racconta la storia di un’amicizia inaspettata e inusuale, quella tra il pittore Marian Włosiński e Nikifor, uno tra i primi artisti naïf polacchi.
Il film si apre mostrandoci il paesaggio innevato di Krynica, città di origine di Nikifor, nel 1960. È qui che avviene l’incontro tra il protagonista, incapace di comunicare se non attraverso la sua arte, e Włosiński. Il promettente pittore si ritrova a dover condividere il suo studio con questo strambo vecchino, non senza essere terribilmente infastidito dalla sua presenza e dalla sua fissazione per la musica da ballo alla radio.
Nikifor è escluso da tutto e da tutti a Krynica, si aggira trascinandosi lentamente per la città cercando di vendere le sue opere e dedica tutto se stesso alla sua arte. I dialoghi tra Marian e il vecchietto spesso si trasformano in mologhi, infatti Nikifor non risponde mai direttamente alle domande che gli vengono poste, lascia parlare al posto suo un silenzio interrogativo o bofonchia qualcosa di inarticolato e spesso incomprensibile. Krauze preferisce mostrare le vere risposte attraverso la cinepresa, che inquadra in successione i dipinti dell’artista.
Quello in cui vive Nikifor è un altro mondo, un mondo naïf e colorato, fatto di ricordi, paesaggi e tetti di chiese greco-cattoliche. Per Marian è difficile entrare in contatto con questo mondo, inizialmente vive la presenza di Nikifor esclusivamente come un intoppo, un peso di cui sbarazzarsi. Ma giorno dopo giorno, vediamo come la situazione si ribalti. Infatti, inizialmente è la moglie di Marian a provare compassione per il povero vecchietto e a chiedere al marito di portare pazienza ed essere gentile con lui. Di fronte alla scoperta della tubercolosi di cui soffre Nikifor, Marian è costretto a prendere una decisione difficile: continuare a occuparsi dell’anziano artista, mettendo a rischio la propria salute e quella della propria famiglia, oppure lasciarlo abbandonato al suo destino.
A questo punto la storia si interrompe, facendo un salto temporale di 7 anni e arrivando così a raccontare gli ultimi anni di vita di Nikifor. Ritroviamo al suo fianco proprio Marian, che ha quindi deciso di lasciare da parte le proprie ambizioni artistiche (oltre alla propria famiglia e a un posto di prestigio a Cracovia) per restare a fianco dell’amico.
Questa storia non ripercorre semplicemente la travagliata biografia di Nikifor, ma racconta soprattutto il cambiamento di un uomo, la sua scoperta del valore del sacrificio, della devozione e della rinuncia. Come ha ricordato il regista stesso in un’intervista: “Ciò che diamo viene preservato, mentre ciò che teniamo per noi viene inevitabilmente perso”.
Una nota da non dimenticare è che il film vanta l’incredibile interpretazione di Krystyna Feldman, che alla veneranda età di 84 recita magnificamente il ruolo di Nikifor.
Sui tram di Cracovia è facile incontrare vecchietti come Nikifor, con occhiali spessi tenuti insieme da del nastro adesivo e con addosso eleganti completi, ormai consunti e rattoppati, di almeno tre taglie più grandi. E chissà che storia si nasconde dietro quegli occhiali.