Un estratto della straordinaria vita di Marie Curie in una produzione franco-polacca firmata Marie Noelle.
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di Lorenzo Berardi
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Torniamo a occuparci di Maria Skodłowska-Curie e lo facciamo con immutato piacere. A centocinquant’anni dalla nascita della chimica e scienziata polacca-francese nata in via Freta a Varsavia è in corso una meritata riscoperta delle sue scoperte e vicende. La fumettista e regista iraniana Marjane Satrapi è al lavoro su un lungometraggio dedicato a Madame Curie e ispirato a Radioactive, opera di Lauren Redniss, mentre su queste colonne abbiamo scritto della recente graphic novel Marie Curie di Alice Milani. E come dimenticare il grande murales di recente dedicato dalla capitale polacca alla scienziata per ravvivare l’area antistante la fermata Centrum della metropolitana varsaviana?
Questo ‘Marie Curie’ è una raffinata co-produzione polacca-francese di inizio 2017 in cui la regia è affidata alla transalpina Marie Noelle e i ruoli principali ad attori polacchi. Il film è stato girato tra Polonia, Francia e Germania.e talvolta sono proprio Varsavia (noi di PoloniCult ci siamo anche imbattuti nelle riprese) o Łódź a sostituirsi ai boulevard della Ville Lumière.
La qualità o il limite del film è quello di concentrarsi su appena nove anni della vita di Marie Curie: dal 1903 al 1911. Un periodo che comprende l’arco di tempo tra il Nobel per la Fisica ottenuto dalla scienziata assieme al marito Pierre e ad Antonie Henri Becquerel e il Nobel per la Chimica assegnatole per la scoperta del radio e del polonio.
Da un lato questa scelta consente di costruire una storia lineare e cronologicamente facile da seguire, senza flashback, date sovrimpresse o artificiosi invecchiamenti dei protagonisti. Dall’altro, tuttavia, limita le possibilità narrative all’interno di una vita ricca di avvenimenti, scoperte e incontri come quella della scienziata polacco-francese. Manca, ad esempio, alcun riferimento all’infanzia e alla gioventù della protagonista, così come è assente l’esperienza al fronte della Curie e della sua rivoluzionaria equipe radiologica motorizzata durante la Prima Guerra Mondiale.
Virtute, ma poca scienza
Il film della Noelle funziona ed eccelle nella ricostruzione dei conservatori ambienti accademici e scientifici parigini in cui attempati baroni e luminari della scienza si oppongono e negano il genio di Marie. Un ostinato ostracismo di genere che li porta a vedere nella brillante scienziata una straniera, un’usurpatrice dei meriti del marito Pierre e addirittura un’ambiziosa arrivista. Sono questi professori a opporsi alla “polacca” Madame Curie in più occasioni, dapprima cercando di negarle l’accesso alla cattedra universitaria lasciata vacante da Pierre e poi riuscendo impedendone l’ammissione fra i membri della prestigiosa – e rigorosamente al maschile – Accademia Francese delle Scienze. Questi giochi di potere, questi falsi sorrisi, questi bisbiglii e queste condiscendenti rassicurazioni sono espressi con grande efficacia.
Ridotte all’osso, invece, quelle spiegazioni scientifiche che sono il punto di forza della graphic novel di Alice Milani. Il film non illustra la complessità delle scoperte di Pierre e Marie Curie e l’estenuante ricerca che vi è alle spalle, ma punta sull’algida luminescenza azzurrina del radio e su generici esperimenti fra fiale e alambicchi condotti dai coniugi Curie. Le cose migliorano quando è Marie stessa a dovere spiegare in aula o a scettici accademici gli effetti e le possibili applicazioni pratiche delle sue scoperte, ma un po’ più di coraggio su questo punto si poteva mostrare.
Sorprende inoltre che in una co-produzione polacca con interpreti, location e tecnici polacchi di Polonia quasi non si accenni affatto al di là di qualche battuta della protagonista sulla difficile situazione in corso nella sua madrepatria. Un tema, quello dell’essere donna polacca in Francia e del rapporto della Skodłowska-Curie con la Polonia, che viene appena sfiorato dalla trama. Eppure in varie occasioni il film mostra come le origini straniere di Marie – accusata falsamente di essere ebrea – la rendano indigesta a parte dell’establishment scientifico parigino.
Senza dubbio i novantacinque minuti di ‘Marie Curie’ hanno il pregio di non suscitare sbadigli e contenere alcuni momenti di ottima cinematografia dallo stampo decisamente francese. La fotografia, ad esempio, dà grande rilevanza alla luce del sole e a bianchi accecanti che creano un efficace contrasto con i polverosi interni di laboratori e aule accademiche. L’accompagnamento musicale, invece, punta su toni classicheggianti e archi usati in maniera efficace per sottolineare gli accenti drammatici della trama, senza mai strafare.
All’interno di una storia nota e ampiamente documentata come quella della Curie, gli sceneggiatori del film si prendono alcune libertà. Fra tutte, l’ambientazione marina degli esterni durante il primo congresso di Solvay del 1911 tenutosi in realtà all’interno dell’elegante Hotel Metropole di Bruxelles, lontano quindi dalle spiagge mondane di Ostenda.
Inutile nasconderlo, l’effetto visivo dei maggiori scienziati europei, tra i quali un giovane Albert Einstein e Hendryk Lorentz in giacca nera e cappello a cilindro a passeggio su una spiaggia bianchissima accanto a onde ora livide ora perlacee coglie nel segno. Tuttavia chi è alla ricerca di accuratezza storica potrà chiedersi se fosse così necessario stravolgere la geografia degli eventi.
E di sicuro sorprende la scena che vede Madame Curie lanciarsi in una spontanea nuotata nelle gelide onde del Baltico. Perché di questo mare si tratta, visto che le scene in questione sono state girate sul bagnasciuga e fra le candide dune di Łeba, località della costa polacca a metà strada fra Danzica e Słupsk. La scelta di ricreare una delle due celebri foto del congresso di Solvay che vedono la Curie unica scienziata donna attorniata da colleghi uomini è senz’altro nobile. Tuttavia, l’istantanea mostrata nel film è simile per composizione allo scatto in esterno del Congresso del 1927 e non a quello, in interno, del 1911.
Una Curie messa a nudo
La varsaviana Karolina Gruszka si cala nella parte della nota concittadina Skodłowska-Curie con grande intensità. Va dato merito all’attrice polacca di riuscire a costruire una donna realistica, al tempo stesso appassionata e scostante, scienziata analitica e madre premurosa per quanto talvolta assente. Il portamento, le espressioni facciali e il tono di voce flebile ma deciso dell’attrice sono facili da associare alla Curie per lo spettatore che non resta spiazzato. Può invece lasciare perplessi, e non per colpa della valida interprete, la decisione del copione di scalfire all’improvviso la rigidità inamidata della chimica e scienziata per farne trasparire un lato romantico e sognatore.
Questo perché il film della Noelle dà ampio spazio al noto affaire fra Marie e Langevin che rischiò di intaccare la reputazione della scienziata varsaviana. Difficile oggi pensare che la relazione fra Madame Curie e l’ex allievo del marito sia stata così intensa e passionale come mostrato dal film. Più facile pensare a un’intimità fra i due dai toni complici ma discreti e coltivata di nascosto, in modo più maturo e intellettuale che di puro e giocoso compiacimento estetico. Nell’indugiare sulle nudità della protagonista in tecnicamente impeccabili inquadrature artistiche la regista mette sottosopra la figura tradizionale della Curie, pur sempre un’austera quarantatreenne al momento dei fatti. Una scelta di grande coraggio e autonomia di pensiero, ma anche pericolosa in quanto corre il rischio di intaccare il registro stesso del film. Per fortuna ‘Marie Curie’ non scade mai del tutto nel mélo sentimentale, ma qualche battuta o momento cliché potevano essere evitati.
Da segnalare, infine, le eccellenti performance di due attori polacchi come Daniel Olbrychski e Piotr Głowacki. Il primo riesce a dare al suo Emile Amagat tutta la melliflua perfidia cattedratica che il personaggio richiede, mentre il secondo impersona un giovane Albert Einstein. Per quanto riguarda il cast francese, convincono tanto il Pierre Curie di Charles Berling quanto il bonario Eugène Curie di André Wilms. Troppo contemporaneo invece lo stile di recitazione di Arieh Worthalter e da Marie Denarnaud i cui Paul che Jeanne Langevin non lasciano il segno.
Nel complesso ‘Marie Curie’ è un film elegante e capace di affrontare e presentare il personaggio della Skodłowska-Curie da una prospettiva senz’altro nuova. Non una biografia completa o filologicamente accurata, ma uno spaccato su un periodo chiave della vita della due volte premio Nobel visto da un’angolatura stilistica emancipata che non lascia indifferenti gli spettatori.
Il film sarà proiettato alla Casa del Cinema di Roma domenica 26 novembre come ultimo evento dell’edizione 2017 di CiakPolska, rassegna della quale PoloniCult è stato media partner.