Una panoramica sui fratelli Singer, protagonisti “obliqui” della letteratura polacca
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di Lorenzo Berardi –Nell’elenco dei Nobel per la letteratura polacchi, il nome di Isaac Bashevis Singer non trova posto. Eppure l’autore premiato dall’Accademia di Stoccolma nel 1978 e scomparso a Miami nel 1991 è nato a Leoncin, non lontano da Varsavia, nel 1902. Izaak Zynger, questo lo spelling polacco del suo nome, è inoltre cresciuto fra le cittadine di Biłgoraj e Radzymin, ha studiato e lavorato nella capitale ed è vissuto in Polonia sino all’età di trentadue anni prima di trasferirsi negli Stati Uniti. E solo nel ’43 lo scrittore ha acquisito la cittadinanza americana.
Vero, tutte le opere di Isaac B. Singer sono scritte in yiddish, sua lingua madre, e non in un polacco che l’autore stesso confessa nelle sue illuminanti memorie ‘Ricerca e perdizione’ di padroneggiare con minore sicurezza. Tuttavia è innegabile come sia stata la Polonia, per quanto essenzialmente ebraica, a influenzare una carriera letteraria decollata poi negli Stati Uniti. Leggendo i libri e le raccolte di racconti di Singer è impossibile non accorgersi di come la maggior parte di essi siano ambientati nella natia Polonia. Dall’esordio di ‘Satana a Goray‘ a ‘Il mago di Lublino‘, da ‘Lo schiavo‘ – ambientato sui monti Tatra – al racconto ‘Lo Spinoza di via del Mercato’ (ovvero ulica Targowa a Varsavia) sino ‘Alla corte di mio padre‘, storie legate agli anni trascorsi dalla famiglia Singer al numero 10 di via Krochmalna nella capitale.
Senza dimenticare quello che è considerato il capolavoro dell’autore, ovvero ‘La famiglia Moskat‘ straordinaria epopea familiare varsaviana che nulla ha da invidiare a ‘I Buddenbrook’ di Thomas Mann. Un libro che ha il potere evocativo di un documentario e pare quasi un’ideale continuazione della dinamica e multiculturale Varsavia di fine Ottocento narrata da Bolesław Prus ne ‘La bambola’ (Lalka) per quanto da una prospettiva prettamente ebreo-polacca.
(veduta di via Krochmalna negli anni ’30, foto da Fotopolska.eu)
Pur avendo a volte spostato il proprio raggio d’azione dal Vecchio Continente al Nuovo Mondo, ambientando negli adottivi Stati Uniti libri come ‘Nemici‘ e ‘Ombre sull’Hudson‘, Isaac B. Singer non ha mai dimenticato la Polonia. Basti ricordare come le due ultime opere pubblicate dall’autore sono entrambe ambientate nella terra natia. ‘Il re dei campi‘ è il tentativo – un po’ impacciato – di raccontare la genesi della Polonia cristiana in maniera romanzata, mentre il protagonista di ‘Schiuma’ ritorna nella Varsavia di inizio XX secolo lasciata anni prima per emigrare in Argentina. Segno di un legame con le proprie origini mai veramente interrotto e anzi rafforzatosi con la vecchiaia.
Dal numero dei titoli già citati in questa sede si può intuire come Isaac B. Singer sia stato uno scrittore prolifico. Autore di decine di romanzi e centinaia di racconti, oltre che di due autobiografie, Singer ha pubblicato il suo ultimo libro alla veneranda età di 88 anni, pochi mesi prima della morte. Tuttavia, il premio Nobel 1978 per la letteratura è divenuto scrittore relativamente tardi. ‘Satana a Goray’ è uscito nel 1935 quando lo scrittore era già ultratrentenne ed in procinto di lasciare Varsavia per stabilirsi a New York. Da un lato, l’Isaac B. varsaviano era incapace di concentrarsi sulla scrittura, fra tentazioni femminili, correzioni di bozze e fallimentari esperienze da reporter. Dall’altro, il peso di essere bollato come ‘il fratello minore di Israel Joshua Singer’ nei circoli letterari della capitale minava l’autostima del giovane Isaac Bashevis.
Israel J. Singer era infatti una figura celebre nella Varsavia dell’epoca. Apprezzato giornalista e direttore responsabile di varie testate, nonché rarissimo esempio di scrittore yiddish (per quanto di nazionalità polacca) tradotto e pubblicato in Polonia grazie a ‘Yoshe Kalb‘, Israel Joshua era al tempo stesso un modello e un insuperabile paragone per Isaac B.
Al passo coi tempi e consapevole dell’espansionismo tedesco e delle recrudescenze antisemite propagate dalla Germania nazista fu Israel Joshua il primo a trasferirsi Oltreoceano. E fu sempre Israel Joshua a convincere il fratello ad abbandonare Varsavia per raggiungerlo a New York. Giunto negli Stati Uniti, un confuso e sperduto Isaac Bashevis trovò ospitalità presso la casa del fratello che riuscì anche a procurargli un posto presso il quotidiano yiddish per cui lavorava. A Israel Joshua si deve anche il costante incoraggiamento fornito al fratello minore in ambito letterario sino al punto di arrivare a riordinare e rileggere le bozze del romanzo su cui Isaac B. stava lavorando. L’improvvisa scomparsa di Israel Joshua – avvenuta all’età di appena 50 anni a causa di un infarto – certo sconvolse il futuro premio Nobel ma lo spinse anche fuori dalla bambagia familiare affrancandolo dal ruolo di fratello minore e protegè.
Se nella Varsavia anni ’30 e poi nella New York dei primi anni ’40 la fama di Israel J. Singer oscurava quella dell’aspirante scrittore Isaac Bashevis., la situazione si è capovolta a partire dagli anni ’50. Il successo ottenuto da I.B. Singer ha finito infatti per oscurare i libri del fratello maggiore. Per molti anni quindi un autore prezioso è stato pressoché dimenticato dal grande pubblico. Un lungo periodo in cui era difficile, se non impossibile, leggere Israel J. Singer in qualsiasi lingua con ogni suo titolo da tempo fuori catalogo (in Italia lo pubblicò Longanesi nel ‘70) e perciò confinato alle bancarelle dei libri di seconda mano. Per un bizzarro paradosso, infatti, la fama e il successo internazionali di critica e pubblico ottenuti da Isaac B. Singer hanno oscurato, anziché messo in risalto, i libri pubblicati da Israel J. anni prima.
Un ostracismo incomprensibile vista la qualità, la ricercatezza e la preveggenza dei romanzi di Israel J. Singer. Il fratello maggiore del futuro premio Nobel era un autore al passo coi tempi e meno ancorato alla tradizione ebraica di quanto non si sia rivelato il più giovane Isaac Bashevis. Giornalista di formazione, appassionato di scienza e politica, uomo di mondo; come si evince dalle memorie di Isaac Bashevis è stato proprio l’intraprendente e cosmopolita Israel Joshua il primo a portare nel conservatorismo chassidico di casa Singer i testi scientifici e filosofici, i romanzi contemporanei, i quotidiani determinanti nel solleticare l’intelligenza del fratello minore. Un’influenza decisiva nella formazione di Isaac Bashevis sin da piccolo irrequieto e avventuroso, assetato di conoscenza e assalito da domande sull’esistenza di Dio capaci di scandalizzare i propri genitori. Non sorprende quindi che Isaac B. Singer abbia dedicato ‘La famiglia Moskat’ alla memoria del fratello, scomparso pochi anni prima, defindendolo ‘padre spirituale e maestro di vita’.
La riscoperta di Israel J. Singer in Italia è avvenuta solo di recente, ma tanta inspiegabile attesa si è tradotta in un successo di vendite e critica capace addirittura di superare gli allori conseguiti dal Nobel ’78. Tutto è cominciato con la pubblicazione de ‘La famiglia Karnowski‘ a opera di Adelphi avvenuta nel 2013 con la traduzione di Anna Linda Callow. Nel giro di pochi mesi il libro è divenuto un vero e proprio caso letterario, convincendo l’editoria italiana a insistere sul maggiore – forse non solo anagraficamente – dei Singer. Non a caso, ‘I fratelli Ashkenazi‘, ‘Yoshe Kalb‘ e ‘A oriente del giardino dell’Eden‘ le tre maggiori opere polacche di Israel Joshua, fuori catalogo per decenni, sono oggi tutte disponibili per il lettore italiano grazie ad Adelphi e Bollati Boringhieri.
Ancora più recente la riscoperta delle storie brevi di I.J. Singer che rappresentano una produzione sterminata e a lungo semi-inesplorata in Italia. Dal 2015 a oggi Passigli Editori ha pubblicato addirittura sei raccolte ‘Perle e altri racconti’, ‘Sulla Vistola‘, ‘Nella città vecchia‘, ‘Ebrei di campagna‘, ‘Tra le montagne‘ e ‘Giorni d’estate‘. Per appassionati completisti, invece, la raccolta ‘Una primavera tardiva‘ uscita quest’anno per Bollati Boringhieri promette di ospitare l’intera produzione di racconti dell’autore nelle sue 400 pagine. Un patrimonio letterario tradotto al quale si aggiungono le memorie dell’autore intitolate ‘Di un mondo che non c’è più‘ e pubblicate sempre dall’editore torinese con la traduzione di Marina Morpurgo. E non è finita qui perché persino opere forse ‘minori’ di Israel J. Singer come ‘La pecora nera‘ sono tradotte, pubblicate e di facile reperibilità per il lettore italiano.
Una galleria di uscite editoriali che non ha tuttavia intaccato il primato di vendite e il successo di critiche de ‘La famiglia Karnowski’, tuttora considerato il capolavoro di Israel Joshua Singer. Un romanzo che è riuscito nell’impresa perlomeno di eguagliare il consenso ottenuto da ‘La famiglia Moskat’ di Isaac Bashevis. In questo contesto, però, l’importanza di un libro come ‘I fratelli Ashkenazi’ non va sottovalutata. Se Berlino è la città al centro delle vicende di tre generazioni di Karnowski, gli Ashkenazi prosperano nella polacca Łódź. Ed è proprio l’odierno capoluogo dell’omonima regione polacca la terza protagonista del libro assieme ai due fratelli Ashkenazi. Una Łódź di cui Israel J. Singer descrive la tumultuosa crescita, avvenuta nel giro di un paio di generazioni, da sonnolento villaggio a seconda città della Polonia e ‘Manchester del tessile europeo’. ‘I fratelli Ashkenazi’ riesce ad essere al tempo stesso un romanzo storico e politico, una saga familiare e un libro di denuncia sulle discriminazioni subite dagli ebrei. Eppure l’autore non è certo tenero nei confronti dei propri correligionari evidenziandone a più riprese avidità, bigottismo e miopia sociale. Il tratto d’unione fra questo libro e ‘La famiglia Karnowski’ è inoltre l’insanabile frattura consumatasi fra due successive generazioni di ebrei europei con il desiderio di assimilazione dei figli contrastato dall’isolazionismo dei padri. Un fenomeno che Israel Joshua conosceva in prima persona avendolo vissuto nella casa di via Krochmalna dove un padre pio, contemplativo e alieno a ogni modernità stentava a comprendere la vocazione letteraria e secolarista del figlio maggiore.
Nonostante Israel Joshua sia scomparso troppo presto per affrontare il delicato tema degli ebrei polacchi scampati all’Olocausto divenuto importante per Isaac Bashevis, è lui a restare il più moderno fra i due fratelli. Il laureato Nobel ha costruito le proprie fortune di autore di racconti pescando a piene mani nella tradizione orale ebraica e non di rado ha ambientato le proprie opere nella Polonia dei secoli passati fra miti, superstizioni e falsi messia. Riesce invece difficile immaginare Israel Joshua scrivere di violinisti erranti, maghi donnaioli, consessi di rabbini, dybbuk (spiriti dei defunti capaci di possedere i vivi) e scemi del villaggio.
Fra i personaggi descritti dall’autore de ‘La famiglia Karnowski’ troviamo invece capitani d’industria e giovani socialisti, medici vegetariani e candidate al Bundestag. La sensazione inoltre è che il maggiore dei fratelli Singer fosse più a suo agio del minore nel creare e dare voce a personaggi goym (non di religione ebraica) credibili. Un talento probabilmente dovuto a una conoscenza del mondo non ebraico e a un’inclinazione mondana più spiccata in Israel Joshua, rispetto al timido e riservato Isaac Bashevis, mai veramente a proprio agio nel parlare polacco o inglese.
I due Singer avevano anche un terzo fratello, Moshe, divenuto rabbino e scomparso nell’allora Unione Sovietica negli anni ’40, e una sorella, Esther, trasferitasi prima in Belgio, poi in Inghilterra a seguito del marito e scomparsa nel ’54. Spesso snobbata tanto da Israel Joshua quanto da Isaac Bashevis (che tuttavia la immortala nel racconto ‘Il ragazzo della Yeshiva’), Esther Singer Kreitman si è presa una rivincita sui fratelli pubblicando anche lei libri e racconti oltre a tradurre Charles Dickens e George Bernard Shaw in yiddish. Anzi, a dire il vero, fu proprio Esther la prima della famiglia Singer a scrivere fiction pur scontrandosi con l’ostilità dei genitori e lo scarso supporto dei fratelli, più aperti culturalmente ma ancora legati ai retaggi di una società maschilista.
Sino a un paio d’anni fa la presenza dei libri di Esther sugli scaffali di librerie e biblioteche italiani si limitava a un unico romanzo tradotto: ‘Deborah‘ (Der Sheydim-Tants) pubblicato da Baldini Castoldi Dalai nell’ormai lontano 2007. Fortunatamente il recente successo riscontrato dai libri di I.J. Singer, ha portato a una riscoperta anche della produzione letteraria della sorella maggiore. Sempre grazie alla lungimiranza di Bollati Boringhieri e alle traduzioni di Marina Morpurgo (purtroppo non dagli originali yiddish, ma dall’inglese) nel 2016 è uscito in Italia anche un ulteriore romanzo scritto da Esther Kreitman Singer: ‘L’uomo che vendeva diamanti‘ (Brilyantn), al quale si è affiancata ‘La danza dei demoni‘, una nuova traduzione di ‘Deborah’. Si tratta di due documenti preziosi per comprendere la prospettiva femminile del cosmopolita ma conservatore mondo yiddish centro-europeo negli anni precedenti alla Seconda Guerra Mondiale. Ambientati nell’Anversa dei tagliatori di diamanti di origine ebraica, entrambi i romanzi contengono alcuni elementi autobiografici dell’autrice che fu costretta a trasferirsi in Belgio per via di un matrimonio combinato. Per una completa riscoperta italiana di Esther Kreitman Singer non resta che tradurre la raccolta di racconti ‘Yikhes’ disponibile in inglese sin dal ’49 con il titolo di ‘Blitz and Other Stories’.
Di certo oggi i tre fratelli Singer sono autori la cui importanza va sottolineata anche in ottica polacca. Isaac Bashevis ha avuto il tempo di evolvere la sua scrittura aggiornandone le tematiche alla propria vita statunitense. Israel Joshua non è vissuto abbastanza a lungo per regalarci i frutti di un periodo americano che sarebbe potuto essere altrettanto fecondo di quello del fratello minore. Esther, infine, pur avendo pubblicato assai meno dei celebri fratelli è ancora oggi considerata una delle voci più autorevoli ed emancipate della letteratura yiddish al femminile. La storia non può essere modificata, ma oggi si può affermare che i tre Singer erano e restano grandi scrittori nonché testimoni di una Polonia anteguerra oggi scomparsa. In fondo non è un caso che la grande kermesse di musica, cinema letteratura e cucina ebraica fondata a Varsavia quattordici anni fa e la cui edizion2017 si terrà dal 26 agosto al 3 settembre si chiami Festiwal Singera.