Il Lech ha fatto scuola – viaggio nella cantera del calcio polacco

Dawid Kownacki capitano dell’under 21. Foto di Jan Kowalski per Agencja Gazeta

Se gli under-21 polacchi sono sempre più appetibili, il merito è anche di una solida tradizione di scouting, iniziata dal Lech Poznań.

di Alberto Bertolotto

(Qui lo speciale sui migliori under-21 polacchi di oggi, sempre a firma di Alberto Bertolotto)

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Specialmente in Italia ma anche in Germania, i giocatori polacchi, in particolari i più giovani, sono diventati molto richiesti negli ultimi cinque anni. Al di là delle qualità intrinseche degli stessi calciatori, che vanno dalla grande forza fisica all’ottima disponibilità al lavoro, il motivo per cui sono ricercati va anche trovato nell’ottimo lavoro svolto da parte delle società di origine, frutto di una politica che nell’ultimo decennio ha visto puntare i club in maniera decisa sul vivaio. In questo senso si può dire che il precursore sia stato il Lech Poznań.

In Wielkopolska, tecnici e dirigenti che negli anni si sono succeduti hanno sempre avuto coraggio nel lanciare i giovani, specialmente della zona. Tra i tanti basta citare Andrzej Juskowiak, attaccante classe 1970 di Gostyń, quindi del voivodato della Grande Polonia, che esordì già a 17 anni tra i ferrovieri, arrivando a vincere il titolo nazionale tre anni più tardi, laureandosi inoltre capocannoniere del torneo con 18 reti. Due stagioni dopo, in seguito alla conquista del titolo di re dei bomber ai Giochi Olimpici di Barcellona del 1992, iniziò la sua carriera internazionale. Non fu di altissimo profilo, ma comunque buona avendo giocato in Portogallo e in Germania. Questo è solo un esempio. Vale maggiormente la pena sottolineare che il lancio dei baby avveniva senza che alle spalle ci fosse una visione o particolari strutture: non esisteva ancora il concetto di creazione di giocatore su cui ora stanno lavorando numerose società polacche come il Lech Poznań, l’autore del cambiamento.

La svolta, il nuovo modo di ragionare, risale alla seconda metà degli anni 2000, tra il 2006 e il 2007, quando i ferrovieri si fusero assieme all’Amica Wronki, club della Wielkopolska, che grazie al supporto della fabbrica di elettrodomestici Amica riuscì nel giro di una decade dalla sua fondazione ad arrivare addirittura in Coppa Uefa. Una società di tale spessore non poteva resistere a lungo nella piccola Wronki, da qui la volontà dell’unione con il Lech, di base a Poznań. Cosa successe? Nel capoluogo della Grande Polonia si decise di mantenere la base della prima squadra. A Wronki, dov’erano rimaste strutture di buon livello, venne spostato l’intero settore giovanile. Si iniziò a puntare in maniera decisa sul vivaio, rinforzando lo scouting e affidando la direzione a Marek Śledź, dirigente che aveva le idee molto chiare a riguardo. Con il passare degli anni arrivarono qui i migliori prospetti della Polonia, convinti dalla progettualità e dall’organizzazione del club. Così, nel tempo, nacquero nel vivaio biancazzurro i giocatori che, ora, tutta Europa conosce e che costituiscono la base della nazionale maggiore polacca: Kristian Bielik, Tomasz Kędziora, Jan Bednarek, Karol Linetty, Kamil Jóźwiak, Jakub Moder, senza dimenticare Bartosz Bereszyński (una sola stagione nel vivaio del Lech), Marcin Kamiński, Dawid Kownacki (quest’ultimi due fuori dal giro dei biało-czerwoni, almeno per ora) e chi sinora si è soltanto affacciato a questa platea come Robert Gumny o Jakub Kamiński. Si tratta di calciatori che militano nei principali campionati continentali dopo aver fatto tutta la trafila al Lech. Lo stesso Śledź affermò in un’intervista a Przegląd Sportowy di due anni fa che, grazie alla vendita dei propri gioielli, i ferrovieri avevano guadagnato una cifra tra i 50 e i 60 milioni di Euro.

Quest’ultimo è l’altro aspetto importante: il business. Appurati i frutti raccolti dai biancazzurri, altre società polacche hanno deciso di investire sempre più nel proprio settore giovanile, andando di fatto a imitare ciò che facevano a Poznań. Tra il 2015 e il 2020, per citarne alcune, Pogoń Szczecin, Zagłębie Lubin, ŁKS Łódź, Wisła Kraków e Legia Warszawa hanno rinnovato i propri centri, mentre il Raków Częstochowa ha nominato proprio Śledź – separatosi dai ferrovieri- come direttore della propria accademia. Per il Lech la concorrenza è aumentata: se prima, per esempio, una famiglia della Małopolska non aveva dubbi nel mandare il proprio figlio a Wronki, ora può essere stimolata dal fatto di trovare una struttura e una società altrettanto organizzata a Lubin, dove negli ultimi anni – per fare qualche esempio – sono usciti calciatori andati a comporre l’ossatura della prima squadra ed elementi di stampo europeo come Jagiełło, Slisz e Białek, quest’ultimo possibile crack della Bundesliga. La conseguenza generale di tutto ciò è che l’Ekstraklasa è diventato il campionato che deve essere: una lega intermedia a livello continentale, che lancia giovani, in grado poi di esprimersi in contesti molto più competitivi. La direzione è questa e ad aver fatto da battistrada è stato proprio il Lech Poznań.

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