Le avventure di Sindbad il marinaio: una e mille fiabe sulla vita

Lesmian Le avventure di Sinbad il marinaio

Quando le fiabe diventano lo specchio della realtà: Leśmian tra sfarzo orientale e avventure marine.

di Mara Giacalone

Che mi piaccia leggere è un dato di fatto o non sarei qui a scrivere di libri. C’è però una cosa che mi piace ancora di più ed è ascoltare storie – siano esse fiabe o resoconti di amici su viaggi bizzarri. Il massimo, poi, è mettere insieme le due questioni: ascoltare storie sui libri, su come i loro proprietari ne siano entrati in possesso, perché e in che modo siano legati ad essi. Purtroppo, la maggior parte delle volte entriamo semplicemente in libreria e compriamo un libro, o lo leggiamo per l’università, o lo chiediamo in prestito in biblioteca – a volte però, e chissà come mai questi poi diventano i nostri preferiti – taluni giungono a noi in modo bizzarro e si portano addosso storie colorate e avventurose. È il caso del libriccino di cui vi parlerò oggi: per ben due volte e da due persone diverse ho ascoltato cosa si cela dietro questo testo e posso dire che anche io ne sono entrata in possesso in modo del tutto inaspettato assicurando così un’altra avventura a questo piccolo tesoro – Le avventure di Sindbad il marinaio.

Di Bolesław Leśmian su questa pagina non si è ancora mai parlato, e magari qualcuno si è anche chiesto il perché – specialmente visto che questo avrebbe dovuto essere il Rok Leśmiana (cade infatti il 140esimo anniversario della sua nascita e l’80esimo della sua morte). Ebbene Leśmian non è un autore facile, non è praticamente tradotto (oltre che intraducibile) e pressoché sconosciuto persino in patria. Eppure c’è anche gente un po’ fuori dagli schemi che ha provato a fargli spazio, e noi vogliamo essere tra questi perché crediamo fortemente che necessiti di essere portato alla luce – specie quando altri lo vorrebbero al buio.

Non voglio oggi soffermarmi troppo sulla sua persona, sulla sua vita – ci sarà spazio per un ulteriore approfondimento nei prossimi mesi – oggi voglio parlare di quel libriccino con la copertina di un colore misto tra il grigio e il blu, cartonata e ruvida che mi è arrivato per posta a Como e poi da lì è giunto – incolume, per fortuna – fino a Cracovia. D’altronde, da un libro che narra avventure non ci si potrebbe aspettare diversamente.

Le avventure di Sindbad il marinaio (edite da Sellerio) riprendono la favola persiana che narra le stravaganti avventure durante i viaggi per mare di un giovane originario di Bagdad. Nella versione originale, Sindbad è protagonista dei racconti della bella Shahrazād ma in Leśmian manca il riferimento diretto alle Mille e una notte – è al lettore che spetta il compito di trovare le congiunzioni. Il racconto inizia in medias res: Sindbad si presenta subito, ci dà indicazioni biografiche precise permettendoci di inquadrarlo come personaggio fin dalle prime pagine e ci fa conoscere anche gli altri due personaggi principali, lo zio Tarabuk e il Demone Marino. Il libro si articola in sette avventure precedute da quella d’esordio, che spiega come Sindbad inizia il suo girovagare, e l’epilogo. La vicenda prende avvio quando zio Tarabuk – il quale componeva versi seduto sulla spiaggia – si addormenta e i suoi fogli vengono spazzati via da una folata di vento finendo sul fondo del mare dove vengono raccolti e letti dal Demone Marino: costui, disgustato da tali poesie, decide di scrivere una lettera a Sindbad per dimostrargli vicinanza e cordoglio. Una notte, uno frullio di ali sveglia il giovane che si vede recapitare un foglio scritto da ambo i lati – da una i versi dello zio, dall’altra la lettera del Demone:

[…] Lascia tuo zio all’istante, lascia i palazzi! / Non ti tenta una nave che sul mare spazi? / Non brami già un viaggio per terre remote, / Fra rari prodigi, per varchi e vie ignote? / […] Vinci ogni ostacolo, strappa le tue reti, / Corri, vola, tenta dell’onda tutti i segreti: / Questo il mio augurio: e con un cortese inchino / ti saluta affezionato il Demone Marino.

Sindbad non ci pensa due volte, si congeda e parte. Eccolo così in mare verso mille avventure. Quelle che ci presenta Leśmian sono pressoché le stesse che troviamo nei racconti originali, c’è l’isola che in realtà è una balena gigante, l’isola con i serpenti e i diamanti, quella con i cannibali… c’è magia, coraggio, desiderio di scoperta e avventura. Perché in fin dei conti, Le avventure di Sindbad il marinaio non sono che questo, una lunghissima metafora del desiderio di scoprire, di mettersi in gioco, di affrontare pericoli e sempre nuove sfide – una lunghissima metafora della vita. Sindbad è un giovane che si mette in mare spinto dalle parole scritte nella lettera da parte del Demone Marino. Ma chi è poi, costui? È un simbolo, è quella forza interiore che ci spinge a non accontentarci del nostro piccolo pezzetto di terra ma a voler esplorare altri posti, incontrare nuove persone, nuove culture. Se Sindbad fosse rimasto nel suo palazzo, non avrebbe rischiato la vita ma non avrebbe nemmeno avuto storie incredibili da raccontare, non avrebbe conosciuto l’amore, non avrebbe incontrato nuovi popoli. Il Demone Marino è tentatore, lo inganna, non gli permette di fermarsi un pochino a Bagdad, lo obbliga a riprendere sempre il viaggio: Sindbad diventa così un girovago, un wędrowiec – per usare la parola polacca che mi piace molto. La sua caratteristica è di essere bezdomny un aggettivo particolarmente caro a Leśmian che è anche simbolo dell’epoca di transizione in cui viveva e la bezdomność acquista così un carattere di forte impatto esistenziale e filosofico, rappresenta l’impossibilità dell’uomo di mettere radici perché ogni cosa intorno a lui perde di senso, tutto è caos e mostra la sua instabilità. Ecco dunque che i viaggi in mare ricchi di mostri, di personaggi mitici con poteri magici, di donne bellissime e pieni di imprevisti diventano lo specchio fatato in cui far riflettere la crisi della modernità: Leśmian utilizza il mondo della fiaba e i suoi elementi per parlare della più concreta e ben tangibile realtà che lo circondava. Le avventure sono un modo di crescita, di confronto personale con sé stessi – in primo luogo – e con il mondo e con le donne. Non può essere definito un romanzo di formazione per molti motivi eppure c’è un percorso di crescita, Sindbad impara attraverso l’esperienza cosa vuol dire perdere la donna amata, cosa significa stare lontano da casa e dai propri cari, cosa vuol dire bastare a sé stessi e dover sempre e solo contare sulle proprie forze, si scontra con il male e la sofferenza del mondo. Con la semplicità complicata e colorata tipica delle favole, dei racconti fantastici, Leśmian ci porta oltre i confini della realtà, ci porta nei sogni, nell’inconscio, ci porta in luoghi dove risiedono le nostre paure e i nostri più grandi desideri. Lo fa con immagini care e quasi “classiche” dei racconti mitico/epici ma il tutto è arricchito dal respiro pre-esistenzialista che caratterizza la sua scrittura e lo rende un poeta di nicchia, difficile da raggiungere – a meno che non abbiate ricevuto anche voi la malefica lettera.

Le avventure di Sindbad il marinaio sono un’opera che ben rientra nella sua poetica. Nonostante l’ambientazione esotica e lontana dalla Polonia possa trarre in inganno, tutti i temi affrontati fanno parte del suo discorso filosofico. Leśmian non fu solo poeta e il mondo delle fiabe gli era ben noto. Questa volta si è solo spinto un po’ più a oriente ma tutto il materiale raccontato è un mix esplosivo degli elementi che più lo caratterizzano: il sogno, l’amore, la morte, la mancanza di senso e stabilità… Leśmian è un autore tutto da scoprire e il fatto che Le avventure siano uscite in italiano, è un qualcosa che non smetterà mai di stupirmi e colgo dunque l’occasione per un ringraziamento personale al traduttore per l’ottimo lavoro fatto – l’italiano usato sa di antico, di polveroso, ma è esattamente quello che ci si aspetta da narrazioni quasi epiche – e per avermi dato l’opportunità di avere questo libriccino. Che sia anch’esso una copia della lettera del Demone Marino? Probabilmente sì…

“Io non ci sono. Non ci sono affatto. Non so neppure di esserci. So soltanto essere il sogno di chi è bramoso di sognare. Così ora sono un sogno tuo”.

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