La signora dello zoo di Varsavia: qual è il prezzo per i giusti?

La signora dello zoo di Varsavia PoloniCult

Nemmeno quando il mondo sembra diviso in prede e predatori, l’amore per la vita e per il prossimo può essere negato. Impressioni da La signora dello zoo di Varsavia

di Elettra Sofia Mauri

Forse non tutti sanno che le mura dello zoo di Varsavia conservano un’incredibile storia vera di amicizia ed eroismo, avvenuta durante la Seconda Guerra Mondiale.

La signora dello zoo di Varsavia (The Zookeeper’s Wife, 2017), distribuito in Italia in dvd dall’8 marzo 2018, racconta proprio questa storia: quella dello zoologo Jan Żabisńki e di sua moglie Antonina, responsabili della gestione dello zoo nella capitale polacca, che tra il 1939 e il 1945 misero in salvo circa 300 ebrei nascondendoli all’interno della loro struttura. Gli Żabisńki ottennero il riconoscimento di Giusti tra le Nazioni nel 1965 per le loro azioni eroiche.

Di fronte all’orrore del vedere i propri amici e collaboratori ebrei venir segregati nel ghetto, per Jan ed Antonina il rischio di venire scoperti passa subito in secondo piano rispetto al desiderio di fare qualcosa per le persone che hanno da sempre fatto parte della loro vita.  Ben presto però, si rendono conto che ciò che era iniziato in nome dell’amicizia, per aiutare i loro migliori amici, non può rimanere un caso limitato. I coniugi decidono così di studiare un piano per riuscire a portar fuori dal ghetto più persone possibili.

Antonina, donna dolce e sensibile, si prende cura degli animali dello zoo come se fossero parte della sua famiglia. Il suo amore per ogni creatura traspare da ogni suo gesto e dalla facilità con cui riesce a comunicare con gli animali, da quelli feroci e possenti, ai più piccoli e indifesi.

Lutz Heck, zoologo tedesco nominato da Hitler supervisore dello zoo, non rimane indifferente al fascino unico e discreto della donna, instaurando con lei un rapporto privilegiato con lo scopo di sedurla. Antonina si ritrova a vivere un dilemma interiore lacerante: cogliere l’occasione assecondando il debole che Heck ha per lei e ottenere così favori per mettere in atto il piano segreto di salvataggio degli ebrei, o rimanere moralmente integra agli occhi del marito, rinunciando alla possibilità di salvare più persone? Come dice Antonina stessa in una battuta del film, “voglio solo fare la cosa giusta”, ma qual è il bene più importante a cui dare la precedenza? La felicità personale o la vita degli altri?

Il film è tratto dal libro Gli ebrei dello zoo di Varsavia (recentemente ristampato da Sperling&Kupfer) della scrittrice americana Diane Ackerman, a sua volta basato sul diario e sulle note personali di Antonina Żabisńka. La regista Niki Caro condivide con l’autrice del libro una certa sensibilità verso il tema del rapporto dell’uomo con la natura: ha infatti firmato anche la regia del sensazionale La ragazza delle balene (Whale Rider, 2002), e raccoglie un cast hollywoodiano di serie A (tra cui spiccano Jessica Chastain e Daniel Bruhl).

La delicatezza dell’animo di Antonina Żabisńka si riflette nelle riprese e nella fotografia della pellicola, in cui non viene mai mostrato più del necessario, pur senza censurare l’atroce violenza dell’occupazione nazista.  Agli occhi degli spettatori più attenti non sfuggiranno le allegorie incarnate dagli animali che, nonostante il loro apparente silenzio, comunicano molto di più di quel che ci si aspetti nel film. Come spiega anche Antonina, spesso preferisce gli animali alle persone, poiché gli animali non sanno mentire (così come sosterrà poi anche il linguista russo Boris Uspenskij nei suoi studi sulla semantica della negazione).

Nel film la storia degli Żabisńki si incrocia con altre famose vicende storiche legate alla Varsavia del periodo, come quella della costituzione dell’Armia Krajowa (l’Esercito Nazionale polacco) di cui fece parte Jan Żabisńki e a quella del dottor Korczak, che rinuncia all’aiuto degli Żabisńki non potendo portare in salvo tutti i suoi bambini, ma solo alcuni.

Sia il film che il libro sono stati criticati per l’eccessivo sentimentalismo e manierismo, che sono forse discutibili ma dipendono soprattutto dal gusto e dalla percezione personale dello spettatore. La profonda umanità di Antonina Żabisńki e di suo marito del resto infrange ogni possibile mal interpretazione della storia, lasciando in chi guarda il film la sensazione della necessità di continuare a far conoscere al mondo storie come questa, anche nel 2018.

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