Timothy Garton Ash a Varsavia: di Europa e populismi

Garton Ash

Il ritorno di Timothy Garton Ash a Varsavia è un pretesto per un confronto sull’Europa, sulla Polonia e sui destini delle democrazie liberali occidentali.

di Lorenzo Berardi

Is Europe Disintegrating?‘, l’Europa si sta disintegrando? Ḕ questo l’assunto da cui è partito Timothy Garton Ash nell’incontro tenutosi presso la sala dell’ex biblioteca centrale dell’Università di Varsavia di Krakowskie Przedmieście il 25 aprile scorso. Una domanda che mai come oggi può apparire retorica. E lo storico britannico, pur ribadendo il proprio convinto europeismo e rammaricandosi per Brexit, non ha certo smentito l’impressione che l’Unione Europea (più che l’Europa in sé) abbia attraversato giorni migliori.

Fra i massimi esperti di Europa centro-orientale da almeno trent’anni, Garton Ash è oggi uno degli storici contemporanei più conosciuti e influenti al mondo. Autore di nove libri, di cui almeno quattro fondamentali per capire l’Europa post ’89: ‘We the People‘, ‘The Uses of Adversity‘, ‘The Magic Lantern‘ e ‘The Polish Revolution: Solidarity‘, il professore di European Studies al St. Antony’s College di Oxford ha vissuto in prima persona molti dei cambiamenti da lui raccontati. Un vero storico-reporter che ha fatto dell’osservazione sul campo – e spesso partecipante – il proprio biglietto da visita. Talvolta, forse, esagerando nel sottolineare il ruolo da lui giocato in alcuni momenti chiave della storia recente europea. Basti citare le pagine di ‘The Magic Lantern’ in cui Garton Ash sostiene di avere arringato minatori polacchi e coniato slogan ad hoc per il suo amico Vaclav Havel durante la Rivoluzione di Velluto praghese.

Resta il fatto che oggi Timothy Garton Ash sia una delle voci più note, ascoltate e autorevoli – anche in Italia – in tema di Polonia e dintorni. Uno storico che non fa mistero della propria scarsa simpatia nei confronti degli attuali governi polacco e ungherese così come del proprio disappunto per l’imminente uscita del Regno Unito dall’Ue e teme la crescita delle destre populiste in Europa. Un oratore brillante e, forse anche per motivi anagrafici, più lucido nell’esposizione e aperto al confronto dialettico di un altro grande esperto britannico di Polonia quale Norman Davies ascoltato nella capitale polacca da chi scrive nel novembre 2014.

L’Europa che abbiamo: l’eredità complessa dell’89

L’evento varsaviano si è tenuto in una sala stracolma in ogni ordine di posto con una platea internazionale e variegata composta da un mix di studenti di relazioni internazionali, Erasmus e Overseas, professori e accademici polacchi, personale diplomatico e qualche madrelingua inglese.

L’esposizione degli otto motivi scelti dallo storico oxfordiano per spiegare l’indebolimento dell’Unione Europea a partire dall’89 è stata convincente, ma non inattaccabile. Assente, per esempio, alcun riferimento all’impatto avuto dalla crisi economica globale iniziata nel 2007 sul Vecchio Continente e sui suoi delicati equilibri geopolitici interni. Opinabile, inoltre, il concetto più volte ribadito che uno dei motivi scatenanti della inattesa vittoria dei ‘Leave’ al referendum sulla Brexit sia stata l’eccessiva ‘presenza percepita’ di immigrati polacchi nel Regno Unito. Una semplificazione che ricorda le forzature mediatiche adottate da un tabloid come il Daily Mail che Garton Ash ha più volte ridicolizzato durante il suo intervento.

Da un lato lo storico inglese ha evidenziato come un tratto caratteristico dei populisti sulla ribalta europea, da Viktor Orbán a Marie Le Pen passando per Geert Wilders e Nigel Farage sia quello di arrogarsi il diritto di rappresentare la voce e il volere ‘del popolo’ e ‘della gente’. Una tendenza sulla quale Garton Ash ha messo in guardia la platea. Eppure, il titolo di uno dei libri di maggiore successo del professore oxfordiano è ‘We the People’, un concetto derivante dal celebre esordio della Costituzione statunitense. All’epoca, agli occhi di Garton Ash, ‘il popolo’ in questione erano coloro che hanno voluto e saputo rovesciare il comunismo a Berlino, Budapest, Praga e Varsavia. Sfugge quindi il motivo per cui il concetto di ‘popolo’ fosse legittimo e dotato di una connotazione positiva agli occhi dell’autore alloGarton Ashra al contrario di oggi.

Qualche pecca si è registrata inoltre nell’organizzazione dell’evento con un anziano professore dell’ateneo varsaviano a fare alquanto impacciati onori di casa. Terminata la lectio dell’invitato britannico è arrivato il momento del question time. Peccato però che le prime due domande rivolte a Garton Ash siano state assai prolisse e poste in polacco – lingua che l’autore parla quasi alla perfezione – senza alcuna traduzione a beneficio dei molti stranieri presenti in sala sprovvisti di interprete in simultanea. Una dimenticanza dell’organizzazione che ha spinto decine di persone a lasciare anzitempo la sala perdendo così quasi un’ora del coinvolgente dibattito innescato dalle successive domande, perlopiù in inglese, provenienti dal pubblico.

L’Europa che avremo: fragilità internazionale e nazionalismi

Fra chi ha scelto di porre i propri interrogativi a Garton Ash si sono segnalati uno studente russo di Kaliningrad, una ragazza cinese, l’ambasciatore giapponese a Varsavia, un georgiano, una signora francese, un italo-polacco rappresentante di una Ong, un caraibico di lingua francese, oltre a qualche professore e studente polacco. Come si può evincere dalla provenienza geografica di chi è intervenuto le domande hanno riguardato una vasta galleria di argomenti. Dalle allora imminenti elezioni presidenziali francesi, all’importanza del sentirsi europei delle nuove generazioni in un contesto continentale in cui avanzano i nazionalismi sino all’influenza del voto di Brexit e della politica estera di Donald Trump sul futuro dell’Ue.

Va dato atto allo storico britannico di essere stato esemplare nel cercare di rispondere a ognuno con pazienza e in modo sistematico senza ricorrere a scorciatoie semantiche. Nelle sue risposte Garton Ash ha evidenziato una grande preoccupazione per il peso giocato dalla disinformazione online nello stravolgere la realtà dei fatti e trasformare le fake news in realtà a furia di ripeterle e trasmetterle. Una tecnica che riguarda la comunicazione social adoperata dal neopresidente americano come la possibilità di influenzare esiti elettorali con studiati attacchi informatici e mediatici. A tal proposito lo storico britannico ha evidenziato la propria diffidenza nei confronti della Russia: un timore storicamente sentito in Polonia e oggi più che mai avvertito a Varsavia e dintorni. Una minaccia propagandistica a base di slogan anti-multiculturali e cyberattacchi che potrebbe minare ulteriormente la solidità europea.

Secondo Garton Ash, inoltre: «la minaccia militare russa è reale e le difese orientali dell’Europa vanno aumentate». Un approccio pragmatico proveniente da un autore che certo non può essere tacciato di sfacciato militarismo, tutt’altro. Ecco perché sentire Garton Ash ripetere uno degli slogan preferiti di gruppi paramilitari e survivalisti polacchi, la massima latina ‘Si vis pacem, para bellum’ (Se vuoi la pace preparati alla guerra), ha provocato qualche brivido nel pubblico varsaviano.

Sorprendente, per altri motivi, anche la convinzione dello storico britannico che l’Europa debba continuare ad accogliere nuovi membri per sopravvivere a se stessa. Una tesi, quella che l’allargamento dell’unione sia stato il principale successo dell’Ue – al contrario di moneta unica e politica estera condivisa – condivisibile. Resta il fatto che uno dei motivi additati da numerosi storici contemporanei e politologi come responsabili dell’indebolimento dell’Unione Europea sia stato proprio una troppo repentina e poco ragionata apertura a nuovi Stati membri.

A detta di Garton Ash, invece, l’entusiasmo di cui l’Ue tuttora gode in Paesi di recente annessione possa aiutare a scongiurarne o almeno rallentarne la disintegrazione. Peccato solo che il professore inglese non abbia indicato quali possano essere i papabili candidati a divenire nuovi membri dell’Unione, sconsigliando invece un ingresso della Turchia e sottolineando come i tempi per Georgia e Ucraina non siano ancora maturi.

Nel complesso l’incontro varsaviano con uno dei maggiori storici contemporanei ha lasciato sensazioni discordanti. Se da un lato, il successo stesso dell’evento e la sua dimensione internazionale e multiculturale sono segnali confortanti sul successo dell’idea di Europa anche in Polonia, dall’altro è innegabile che si percepiscano molte paure e tanto scetticismo sul futuro dell’Ue. La repentina ascesa di Trump negli Stati Uniti, l’inatteso isolazionismo insulare del Regno Unito, l’immutata diffidenza nei confronti della Russia di Putin e l’inarrestabile crescita cinese non lasciano presagire tempi rosei per il Vecchio Continente, sempre più ridotto a vaso di coccio tra vasi di ferro. Timothy Garton Ash ha fatto leva sull’entusiasmo delle nuove generazioni ricordando l’importanza di difendere quanto conquistato dall’89 a oggi e difeso l’idea di un’Europa coesa, ma senza dispensare eccessivo ottimismo in merito. Per chi è entrato nella sala dell’ex biblioteca dell’Università di Varsavia in un pomeriggio di sole primaverile e ne è uscito sotto un insistente acquazzone, la sensazione è stata che anche l’Europa debba capire come mettersi al riparo dalla furia degli elementi in attesa di una schiarita.

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