“Caro Witek” – perché l’umanità ha bisogno di miti.

Gombrowicz
 
di Mara Giacalone

L’estate scorsa, in occasione dell’anniversario di Witold Gombrowicz, il museo a lui dedicato – Muzeum Witolda Gombrowicza we wsoli – aveva organizzato una specie di contest per tutti i suoi fan. Gombrowicz111 –così nominato tale evento – chiedeva ai partecipanti di scrivere chi fosse per loro l’autore, il loro rapporto con le opere… I testi dei partecipanti furono poi tutti pubblicati sul sito ufficiale del museo e su Facebook.

Gombrowicz Muzeum

GombrowiczUn mese e un giorno prima del suo compleanno – 4 agosto – mi sono laureata con una tesi su di lui e a lui dedicata, in cui mettevo a fuoco la problematica della forma  e della de-formazione del soggetto in Ferdydurke da una prospettiva antropologica. Il lavoro iniziava con una delle mie citazioni preferite,  Nie wiem jaki jestem naprawdę, ale cierpię, gdy mnie deformują. A więc wiem przynajmniej, kim nie jestem (Non so come sia in realtà, ma sono certo della mia deformità. E quindi so, sopra a tutto, chi non sono). È dunque difficile e rischioso dare – o tentare di dare – una risposta alla domanda “chi è/era Gombrowicz?”. Difficile lo è per tanti motivi e specie per rendere omaggio alla sua memoria sarebbe brutto e totalmente riduttivo affibiargli delle categorie o, peggio, delle forme (!). Nonostante ciò, accolsi la sfida e partecipai – a modo mio – al contest. Senza indugiare in ulteriori parole, lascio spazio alla mia lettera, che voleva primariamente essere il ringraziamento di una polonista, di una fan e di una persona che la pensa come lui…

***

“Caro Witold,

e pensare che rischiavamo di non incontrarci in questa vita ma -ironia delle forme- ci siamo scontrati con un sonoro Sbam! : tu, un io indescrivibile e Io, con un io in (de) formazione.

Dati anagrafici essenziali: 23 anni, italiana.  Non so chi sono davvero -e forse non mi importa saperlo. Ma tu chi sei? Cosa eri? Sei certo solo della tua deformità.  E io della mia.

Quando ci incontriamo tra le pagine -scusa per gli aloni di the e i postit colorati- cerco solo di permettere che il tuo burbero viso da borghese viziato, perdona la forma, susciti in me, da me, per me -dentro e fuori di me- l’Epifania della libertà dalle forme.

Leggendoti -leggendoCi- scopro cosa sono e cosa non sono: Io. E so che non sarai d’accordo,  ma di me, di Mara, ce n’è una sola. Ti svelo un segreto io mio caro amico, siamo multiformemente unici nella nostra continua de-formazione.

Senti, non ti spiace se ti do del tu, vero? Ci frequentiamo da tanto ormai e siamo in rapporti intimi.  Non ho molto da dirti (bugia!). Ritengo però che spendere parole su te, ma poi, quale dei mille Te?, sia vano. Mi perdoni? Preferirei cercare di descrivere il bene che mi hai fatto.

Caro Witold,  chi ti ha chiesto di scombussolare la mia esistenza di per sé già disordinata e riuscire -con caparbietà e arroganza- a mettere a posto le maschere che popolano la mia vita?

Senti un po’, ma non hai sussultato anche tu nel cuore quando ho messo le mani su Ferdydurke?  Ricordo che le pagine mi bruciavano tra le mani mentre le giravo… spero non ti spiaccia se l’ho scarabocchiato e colorato ma dovevo frugare, entrare e uscire, inserire pezzi nella tua -nostra!- opera. Józio ha una nuova compagna di giochi. Indovina? Io. Non te lo ha detto che ho scritto una tesi sulle sue avventure?  Pimko avrebbe dovuto portarti una copia… Non ti spaventare, non ti ho dato nessuna forma, non ho espresso giudizi. Ho solo cercato di dar voce ai miei sentimenti esattamente come adesso.  Quel lavoro è una lettera d’amore per esprimere il mio affetto e la mia gratitudine perché mi hai cambiato la vita. Tu, contrario alla forma polacca hai riversato in me tutta la polonitá del mondo. No, non è una maschera,  è la mia essenza, il mio senso e ciò che dà ordine al mondo. Finalmente qui tutto acquisisce una forma -ops!!

Ammetto che ciò che più mi fa impazzire del nostro rapporto è la capacità di confrontarci senza mai litigare: concordiamo e divergiamo, camminiamo paralleli tenendoci per mano e poi ci spariamo obliquamente per rincorrerci.

Ma chi sei davvero?

Termine ho messo

Chi legge è fesso!”

MG

Gombrowicz

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