I calciatori polacchi in Italia oggi sono il terzo gruppo di stranieri dopo argentini e brasiliani. Come ci siamo arrivati?
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di Alberto Bertolotto
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Sono lontani i tempi in cui erano ben pochi i calciatori polacchi impegnati in Italia. A inizio anni ’90, per esempio, si potevano contare sulle dita di una mano. Successivamente, da Varsavia e dintorni, non partiva nessuno con direzione serie A, B o C: il mercato era strutturato in maniera diversa rispetto a ora e, evidentemente, la Polonia non era terra florida di talenti. Così, i dirigenti, non avevano intenzione di scoprire il territorio. Da qualche stagione il quadro è totalmente diverso. Nei campionati professionistici italiani – che scattano nel fine settimana – si trovano ben 26 i giocatori di nazionalità polacca: 16 in serie A (e 2 in Primavera), 5 in serie B e 3 in serie C. Soltanto Brasile e Argentina, nel nostro paese, sono più rappresentate con un totale rispettivamente di 33 e 25 calciatori soltanto nel massimo torneo. Chi sono, dunque, i protagonisti? Come mai i biało-czerwoni sono così richiesti in Italia? Potrebbero arrivarne altri, visto che il mercato chiude tra più di una settimana (il 2 settembre)? Interrogativi interessanti, a cui vogliamo provare a dare una risposta.
LE ORIGINI. I primi polacchi a esibirsi in serie A sono stati nel 1982 Zbigniew Boniek e Władysław Żmuda, entrambi provenienti dal Widzew Łódź, una vera e propria corazzata a livello continentale. Dopo il campionato mondiale spagnolo, in cui la nazionale guidata da Piechniczek arrivò terza, l’attaccante e il difensore andarono a rinforzare rispettivamente la Juventus e l’Hellas Verona. Furono i precursori e in patria aprirono una strada: lasciarono la Polonia prima dei 30 anni, possibilità non consentita durante il periodo socialista. Molto più tardi, nel 1992, e quindi dopo la caduta del Muro di Berlino, venne la volta di Piotr Czachowski e Marek Kozmiński, ingaggiati dall’Udinese dopo aver conquistato con la selezione la medaglia d’argento ai Giochi Olimpici di Barcellona: la stagione successiva, nel 1993, arrivò sempre in Friuli Dariusz Adamczuk. In totale cinque giocatori nel giro di undici anni, certamente non capaci di fare la storia se si esclude Boniek.
E quindi perché, gli operatori di mercato, avrebbero dovuto continuare a investire in Polonia? «In serie A, al tempo – ha risposto a riguardo proprio Adamczuk, attualmente direttore sportivo del Pogoń Sczeczin, capolista in Ekstraklasa – potevano militare soltanto tre giocatori stranieri. In bianconero, al tempo, eravamo io, Kozmiński ed Helveg. Si trattava della miglior lega al mondo, forte tecnicamente economicamente: all’estero i club acquistavano soprattutto campioni veri e propri come Simeone, Batistuta e tanti altri ancora. Non c’era spazio per noi polacchi». Fu così per quasi un ventennio. I migliori calciatori della generazione ’70-‘80 rimasero in Polonia (Żurawski, approdato poi all’estero solo a 29 anni) oppure emigrarono in Bundesliga (Waldoch, Krzynówek, Smolarek) o in altri campionati. Della nazionale polacca approdata ai campionati mondiali del 2002 e del 2006 – ultime partecipazioni prima dell’edizione del 2018 – e ai campionati Europei del 2008 solo Kozmiński giocò in Italia. Il motivo andava trovato anche nel fatto che, ad appesantire il trasferimento, fosse il loro status di extracomunitari. Tuttavia il quadro non cambiò neppure dopo il 2003, quando vennero considerati comunitari. Rimanevano altre le zone battute dai direttori sportivi.
IL CAMBIAMENTO. Nel 2006 tornò in Italia un calciatore polacco: fu Kamil Kosowski, attaccante classe 1977, approdato al Chievo Verona. Arrivava dal Southampton. A gennaio del 2007 arrivò sempre in serie A un altro biancorosso, che militava però in patria: era Radosław Matusiak, anche lui attaccante, classe 1982, proveniente dal Gks Bełchatow che stava lottando da neopromosso per la vittoria in Ekstraklasa (allora si chiamava Pierwsza Liga). A portarlo Gianluca Di Carlo, agente con licenza Pzpn e Figc, che da vent’anni vive tra l’Italia e la Polonia. La punta giocò tre gare, segnò un gol ma lasciò la Sicilia ad agosto dello stesso per andare nei Paesi Bassi (all’Heerenveen). Il calciatore non lasciò il segno (come Kosowski, rimasto un anno) ma fu un momento significativo: da lì a poco la situazione mutò: la recessione economica, una serie A sempre più scadente, la totale libertà per quanto concerne l’acquisto di calciatori comunitari, ha portato la comunità biancorossa a crescere sempre di più. «Ma non solo – interviene proprio Di Carlo, profondo conoscitore di entrambe le realtà – Quella polacca era una realtà in ascesa, che catturò l’attenzione dei club italiani. Uno dei momenti di svolta, a mio avviso, fu dettato dal rinvio della gara tra il Wisła Kraków con la Lazio di Coppa Uefa nel febbraio del 2003: allora i biancocelesti non vollero giocare a causa di un campo ghiacciato e a loro avviso impraticabile. Per i polacchi, quelle, erano condizioni normali, ma non per gli italiani. La sfida si giocò sempre a Cracovia a una settimana di distanza: l’allora Ministro dello Sport si infuriò, non era possibile a suo avviso un episodio del genere, e tramite dei finanziamenti statali aiutò i club a investire nei manti erbosi riscaldati in ogni impianto». Continua Di Carlo: «Per me si trattò di un momento importante, seguito dal rifacimento delle strutture prima dei Campionati Europei nel 2012: tutti aspetti che alzarono il livello di questo sport. Inoltre, sempre a mio avviso, va citato il fatto che un tecnico come Adam Nawałka decise tra il 2007 e il 2008 di studiare gli allenatori italiani, tedeschi e francesi: girò per l’Europa per capire come lavoravano i suoi colleghi. Tornò con un bagaglio che fu fondamentale per la crescita del calcio polacco e lo sviluppò alla guida del Górnik Zabrze e della nazionale».
Così, nel 2009-2010 approdarono in Italia Błażej Augustyn, Artur Boruc e Kamil Glik: era il primo segnale di un cambiamento. Col passare degli anni si è arrivati all’incredibile colonia attuale: un numero cresciuto sempre di più stagione dopo stagione sino a formare una famiglia composta anche da molti giocatori di livello internazionale, alcuni dei quali capaci di contribuire ai recenti risultati della nazionale (il buon campionato Europeo del 2016 e la qualificazione alla rassegna iridata Russia 2018).
I PROTAGONISTI Chi sono, dunque, i 26 protagonisti? I portieri, innanzitutto: sono tre e sono tutti nel giro della nazionale. Gioca nella Juventus ed è titolare per la seconda stagione di fila Wojciech Szczęsny (classe 1990), che nei biało-czerwoni si alterna con Łukasz Fabiański (in Premier League col West Ham). Łukasz Skorupski (’91) e Bartlomej Drągowski (’97) sono i numeri uno rispettivamente di Bologna e Fiorentina. Tra i difensori si trovano Bartosz Bereszynski (’92) alla Sampdoria, Bartosz Salamon (’91), Thiago Cionek (’86) e Arkadiusz Reca (’95) alla Spal, Paweł Dawidowicz (’94) all’Hellas Verona e Sebastian Walukiewicz (’00) al Cagliari. Quest’ultimo è arrivato nell’isola al termine dello scorso campionato: titolare della nazionale under 20, nel 2018-2019 è stato anche una pedina inamovibile nel Pogoń Szczecin, disputando un’ottima stagione sia a livello individuale (ha totalizzato 23 presenze) sia con la squadra (ha centrato la qualificazione tra le prime otto in Ekstraklasa).
In mezzo al campo spicca il decano del gruppo, Piotr Zieliński (’94), punto di forza del Napoli e in Italia dal 2011. Assieme a lui due calciatori arrivati in Italia quest’estate, Filip Jagiełło (’97, al Genoa via Zagłębie Lubin) e Szymon Żurkowski (’97), approdato alla Fiorentina dal Górnik Zabrze: entrambi hanno fatto parte della nazionale under 21 che ha battuto l’Italia ai recenti campionati Europei di categoria. Chiude il gruppo Karol Linetty (’95), pronto a disputare la sua quarta stagione con la Sampdoria.
In attacco, due top player come Arkadiusz Milik (’94) del Napoli e Krzysztof Piątek (’95) del Milan: una coppia che non ha bisogno di presentazioni. Infine Łukasz Teodorczyk (’91), in forza all’Udinese dall’estate del 2018, e Mariusz Stępiński (’95), trasferitosi all’ultimo istante del calciomercato dal Chievo all’Hellas Verona: è rimasto in riva all’Adige, è tornato in serie A e ha firmato un quinquennale diventando uno degli acquisti più costosi della presidenza Setti (5,5 milioni di euro). In serie B militano cinque polacchi: un mese fa al Frosinone – dal Palermo – è arrivato Przemysław Szymiński (’94), alla Salernitana – in prestito rispettivamente da Genoa e Lazio – sono giunti il laterale Paweł Jaroszyński (’94) e il regista Patryk Dziczek (’98). Per il Pordenone, matricola assoluta della categoria, ha firmato Jan Jurczak, estremo difensore classe 2001 dell’Escola Varsavia: alto 2 metri, sarà il terzo portiere della prima squadra e il titolare nella Primavera.
La lista non è finita perché in serie C militano l’esterno del Bari Tomasz Kupisz (’90, in Italia dal 2013), l’attaccante del Ravenna Szymon Fyda (’96) e la punta del Carpi di proprietà del Parma Davide Mastaj (’98), quindi il portiere del Teramo Michał Lewandowski (’96). “I calciatori polacchi – interviene Dariusz Adamczuk – si trovano bene in Italia per tanti motivi: innanzitutto la lingua non è difficile, quindi non costituisce una barriera; quindi perché, rispetto a quando giocavo io in serie A, il livello tecnico si è abbassato e di conseguenza i nostri talenti possono dire la loro, anche perché sono molto ben preparati fisicamente. Questo è un aspetto che si nota”. A tal proposito, l’Atalanta fu colpita da Reca per la sua straordinaria forza fisica, esibita quando militava nel 2017-2018 come terzino nel Wisła Plock di Jerzy Brzęczek, tecnico promosso al termine di quella stagione alla guida della nazionale polacca. Tra i motivi citati da Adamczuk, ne aggiungiamo uno: i giocatori amano l’Italia, il suo cibo, la sua storia, i suoi luoghi, il suo clima. Stępiński, in un’intervista rilasciata più un anno fa, disse che «è impossibile trovare un polacco a cui non piaccia o che non sia attratto dall’Italia».
IL FUTURO. Roberto Peressutti, friulano doc, ha lavorato come preparatore atletico nello staff di Marco Giampaolo e Bruno Tedino. Attualmente è ai box: in precedenza ha allenato Zieliński (ad Empoli), Linetty (alla Sampdoria), Murawski, Dawidowicz, Thiago Cionek e Szymiński (a Palermo). Dei calciatori polacchi apprezza tante doti, in particolare la propensione al lavoro: «I ragazzi con cui ho collaborato – ha spiegato – si sono dimostrati tutti disponibili, umili, con grande voglia di migliorare. Spesso erano loro a chiederti cosa poter far per poter progredire. Naturalmente l’aspetto tecnico conta: nel mio caso stiamo parlando di buoni giocatori ma posso dire lo stesso anche per gli altri, visto che militano da anni in Italia». Le caratteristiche caratteriali, in particolare, hanno portato le società della serie A a informarsi sempre di più e a seguire con costanza il mercato polacco. A questo si è unito anche l’aspetto economico, visto che per acquisire un elemento che milita in Ekstraklasa – generalmente – la spesa è minore rispetto a tanti altri campionati europei. «Non sono un esperto di mercato – ha premesso Peressutti – ma posso dire che i club guardano con attenzione la cultura del lavoro del calciatore e la loro mentalità, per non parlare dello staff tecnico: sono aspetti importanti, che non vanno a creare problemi di gestione. Poi, alla base dei polacchi, c’è sempre il loro intento a progredire e la determinazione ad arrivare lontano». Uno, su tutti, ha colpito Peressutti: «Piotr Zieliński è un talento smisurato – ha chiuso – in partita è riuscito a far vedere solo a sprazzi quello di cui è in grado di fare. Ha una padronanza tecnica notevole e inoltre è un bravissimo ragazzo, ben voluto da tutti». Insomma, tanti pro e pochi contro nell’acquisire calciatori dalla Polonia: un’onda che difficilmente si fermerà. «Sì – ha voluto concludere Adamczuk – già nell’ultima parte di mercato potrebbero vedersi altri giovani arrivare in Italia dal nostro paese. C’è un monitoraggio costante da parte dei club tricolori sul nostro campionato e sui nostri giocatori». E non è escluso che il prossimo ad arrivare in serie A possa essere proprio un calciatore del Pogoń Sczecin, Adam Buksa, attaccante classe 1996, in nazionale ai campionati Europei under 21 e già in Italia nella Primavera del Novara nel 2013.