Con Buio arriva per la prima volta in Italia Anna Kańtoch, una delle scrittrici più brillanti della nuova generazione letteraria in Polonia
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di Salvatore Greco
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I luoghi letterari più belli sono quelli che non esistono. Quelli che scrittori abili sono capaci di creare invitandoci a partecipare a un immaginario creato da mille spunti diversi e che diventa reale nello spazio delle pagine che leggiamo. Anna Kańtoch in questo ha pochi rivali tra i suoi colleghi, in Polonia e non solo. La lunga esperienza maturata nel microcosmo della letteratura fantastica, e in particolare nel filone new-weird, l’ha resa sensibile alla creazione di mondi e all’idea di raccontare storie che in questi mondi possano nascere, crescere, coinvolgere i lettori e lasciare una traccia. Creare mondi non significa necessariamente immaginare pianeti lontani o regni affollati di orchi e draghi. A volte basta tirare un po’ le maglie fitte del reale e scovare spazi nelle sue zone grigie. Dico “basta”, ma è più difficile di quanto sembri. Servono penne capaci e menti attente per farlo. Anna Kańtoch è tra queste, e Buio ne è la dimostrazione.
Uscito in Polonia nel 2012 con il titolo di Czarne per le edizioni Powergraph e appena arrivato in Italia con Carbonio Editore nella traduzione di Francesco Annicchiarico, Buio è uno dei romanzi più riusciti di Anna Kańtoch, quello in cui la sua abilità nel creare storie complesse si incontra al meglio con un contesto affascinante e ricco di rimandi come quello degli anni Venti e Trenta del Novecento.
La Polonia degli anni Venti, per chi gode di certi mezzi economici, è un posto splendido in cui vivere. Teatri, ville in città, tenute in campagna, vestiti, automobili, e anche sanatori. È in uno di questi posti, un sanatorio sulla costa baltica, che incontriamo la nostra protagonista. In un luogo che fa tutto per non sembrare un ospedale, gli ospiti passeggiano pigri, bevono limonata al sole, giocano a bridge e organizzano serate di danza. I medici li osservano, li vezzeggiano con paternalismo, forse li curano, tenendoli in una bolla felice che brilla di leziosità.
La nostra protagonista è qui con il corpo, ma con la mente torna spesso a Buio, luogo simbolo della sua infanzia, dove la sua famiglia possedeva e possiede una tenuta di campagna per le vacanze. Buio, quel luogo di ricordi avvolti da una luce color seppia, è anche il motivo per cui la donna si trova in cura, ad affrontare un trauma insuperato e, forse, insuperabile.
In quel luogo fuori dal tempo dove passava le estati giocando con i suoi due fratelli, e dove sua madre assisteva in inerte sofferenza al viavai di muse che il marito, pittore della domenica, portava con sé, la protagonista ha avuto da ragazzina un incontro che le ha cambiato la vita nel bene e nel male. Jadwiga Rathe, attrice shakespeariana, musa e amante del padre, donna un po’ altera, arriva a Buio da ospite e travolge l’immaginario della protagonista. Per lei, figlia di mezzo cresciuta tra due fratelli maschi, nata da una madre rigida e affettata, Jadwiga è l’immagine di una femminilità diversa e irraggiungibile, ma per questo ambitissima.
Solo che l’arrivo di Jadwiga Rathe a Buio segna la fine di tutto quello che Buio è stato per la protagonista e la sua moglie. La morte misteriosa dell’attrice, avvenuta quei giorni proprio lì, chiude l’infanzia della protagonista per sempre, scavandoci dentro un dramma senza uscita.
Fino al presente, quando il fratello Franciszek viene al sanatorio a portarla via, la riporta con sé a Varsavia e lì la protagonista avrà modo di confrontarsi di nuovo con il suo passato, con i suoi desideri, con i suoi fantasmi, con Buio.
Leggere Buio significa dover lasciare fuori dalla porta un po’ delle nostre certezze. Dovremo accettare di farci accompagnare lungo le pagine da una donna di cui non conosciamo il nome, dovremo convivere con la sua memoria lacerata, la sua sensibilità complessa e soprattutto con il fatto che la linearità del tempo perderà di senso. Passato, presente e futuro in questo libro sono piani che si accavallano, a volte si contraddicono, ci costringono ad accettare cose che escono fuori dalle nostre convenzioni. Impossibili, direbbe qualcuno, ma non è questo il punto. Anna Kańtoch allarga la realtà sensibile e la ripiega, ma senza cadere nell’assurdo. L’autrice ci invita a seguirla in una verosimiglianza nuova, perfettamente coerente al suo interno, e che apre spazi letterari che altrimenti ci sarebbero rimasti negati. Lo fa anche grazie a una maestria notevole, che non lascia nulla al caso, e con una lingua capace di pennellare immagini vivide, evocare emozioni forti e lasciare tracce indelebili su temi importanti come l’identità e la sessualità, lasciando sullo sfondo una domanda sussurrata su cosa sia vero e cosa no.
Dentro Buio c’è tutto questo, e non vi deluderà.