
Nessuno sa davvero chi siano i Bokka, siamo a stento sicuri del fatto che siano polacchi, negli spettacoli live indossano delle maschere con degli specchi sul volto, ma la loro musica affascina pubblico e critica.
di Salvatore Greco
Quando pensiamo a un gruppo “misterioso” la mente va facilmente ai Daft Punk, i geniali artisti francesi che hanno raggiunto qualsiasi angolo del mercato discografico senza mai mostrare i propri volti. Lo stesso fanno i polacchi (?) Bokka, ma in questo caso non solo nessuno li ha mai visti in faccia, ma nessuno ha proprio idea di chi siano, la critica e gli appassionati in Polonia si divertono a cercare di indovinarlo provando a riconoscerne le voci e gli stili oltre che inventando elaborate teorie degne di cacciatori di tesori professionisti, ma che non portano ancora da nessuna parte.
Ma lasciando perdere volti e nomi chi sono i Bokka? Facciamolo dire alla loro musica:
I motivi per cui in molti li paragonano ai Sigur Ros sono abbastanza chiari, al di la del nome che porta con sé fascinazioni scandinave, per via delle sonorità fatte di riverberi elettronici e voci morbide anche se rispetto al gruppo islandese il sound è più duro e vario, la voce della cantante è più grave e le melodie più dilatate.
Attualmente all’attivo dei Bokka c’è un solo album, che si chiama anch’esso Bokka, uscito nel 2013 e composto da 13 brani, tutti con titoli in inglese. Il disco si apre con una traccia –Found something– che dimostra una chiara provenienza dal jazz sperimentale con l’uso di strumenti acustici, vibrati e qualche nota di sax ma tradisce già l’approdo all’ambient che poi è lo spazio naturale del suono dei Bokka.
I brani scorrono fluidi quasi come se l’album fosse un concept e via via anche i titoli costruiscono un ambiente comune. Town of strangers, Strange spaces, So empty, l’idea di fondo guardandoli scritti senza ascoltarli è quella di un lavoro oscuro, un po’ cupo e di difficile fruibilità, un percorso artistico in cui si affronta l’imperscrutabilità attraverso la chiusura dell’autore nel mondo delle proprie turbe. In realtà Bokka è un disco che fa della pulizia compositiva un suo punto di forza ed è anche un’opera “furba” che persegue una dignitosa integrità artistica senza rinchiudersi in un bunker di autoreferenzialità intellettuale, e alterna spazi di sperimentazione e suoni puri a brani decisamente più orecchiabili e quasi pop:
Le suggestioni sonore dell’album variano di brano in brano e vanno da questi ritmi più accattivanti alle morbide passeggiate elettroniche di brani come I’m all that I have lost, ma Bokka ha la forza di restare un disco organico e dall’identità salda come abbiamo detto in apertura e lo fa grazie a un elemento imprescindibile e trasversale: la misteriosa e un po’ spettrale voce femminile che accompagna l’ascoltatore dall’inizio alla fine. Il cantato sempre pulito anche sopra le distorsioni foniche più disparate è un filo rosso che tiene assieme tutto e rinsalda quella semplicità di ascolto che, dicevamo, permette ai Bokka di fare musica colta ed elaborata senza essere “difficile”, che non a caso poi è la grande capacità dimostrata anche dai due gruppi internazionali scomodati in questo articolo anche se in situazioni diverse: i Sigur Ros e i Daft Punk.
Questa caratteristica, unita allo stuzzicante (ma a volte frustrante) gioco del mistero sulle identità dei componenti della band, rende i Bokka straordinariamente noti, molto più di quanto non succederebbe normalmente a una band con un’identità sonora del genere che ammicca persino un po’ all’ambient studiato di Jacaszek, musica di qualità ma di certo non fatta per scalare le classifiche.
Il difetto di una fama oltre i propri recinti che è stata costruita sulla base di un gioco mediatico è che rischia di sgonfiarsi in maniera impietosa quando/se quest’ultimo viene svelato. Sarebbe un peccato per un progetto come questo dei Bokka che è in grado di produrre musica di qualità finire così, malamente abbandonato dagli appassionati del mistero, per cui strumentalmente ci auguriamo che lo strappo nel cielo di carta non avvenga troppo presto e che quegli specchi continuino a celare il pregio di una creatività mai doma, in barba alle curiosità pruriginose di alcuni, e in attesa di un nuovo entusiasmante disco da ascoltare.