Antal Szerb, scrittore senza frontiere.

Antal Szerb

ESTensioni arriva in Ungheria, terra ferita, terra di Antal Szerb.

 
di Lorenzo Berardi
 

Mi è venuto in mente che devo andare in Italia per forza, fino a quando l’Italia si trova ancora al suo posto e fino a quando posso, possiamo andare ancora da qualche parte. […] Il viaggio all’estero non è una necessità primaria e lo Stato totalitario prima o poi proclamerà sicuramente l’idea che il vero patriota non lascia la propria terra, il vero patriota sta seduto a casa”.

Antal Szerb – La terza torre (A Harmadik Torony, 1936) traduzione di Luigia Guida.

Polonia e Ungheria sono due nazioni che a prima vista non hanno molto in comune. Diverse le lingue, le radici culturali, le tradizioni, nessun confine condiviso. In comune, però, vi è il fatto di essere state per secoli terra di conquista altrui così come di provare risentimento nei confronti di una comunità internazionale ritenuta colpevole di non avere tutelato i due Paesi fra Versailles e Yalta. Vi sono poi altri punti di contatto recenti fra polacchi e ungheresi: primo fra tutti la tradizione insurrezionalista di entrambi i popoli.

Non va infatti dimenticato che l’insurrezione ungherese del ’56 iniziò il 23 ottobre con un corteo organizzato dagli studenti del Politecnico della capitale in direzione del monumento al generale polacco Józef Bem, eroe tanto della rivolta polacca del 1830 quanto di quella magiara del 1848. Ispirati dai moti antisovietici di Poznań, repressi nel sangue quattro mesi prima, e dalla reinstaurazione del ‘revisionista’ Gomułka a Varsavia, i manifestanti di Budapest sfilarono dietro a striscioni inneggianti alla ‘amicizia con il popolo polacco’ e scandendo slogan ‘Polonia, mostraci la via’. In seguito, quando la rivolta ungherese venne schiacciata dai carri armati inviati da Mosca, migliaia di polacchi mostrarono la propria solidarietà ai magiari feriti negli scontri donando sangue e inviando in Ungheria tonnellate di medicinali.

Un fatto curioso e di cui pochi sono a conoscenza è che, a partire dal 2007, il 23 marzo è divenuto ‘il giorno dell’amicizia ungherese-polacca’. Oggi i legami fra Budapest e Varsavia sono, forse, meno evidenti ma non certo affievolitisi. Da un lato, il timore per l’immigrazione incontrollata che ha portato l’Ungheria a costruire un discutibile muro lungo il proprio confine con la Serbia, comincia a riguardare anche la Polonia. Dall’altro, il neo presidente della Repubblica polacca Andrzej Duda è un dichiarato sostenitore del premier magiaro Viktor Orbán in materia di politica economica.

E chissà cosa penserebbe Antal Szerb di un politico contrario all’apertura delle frontiere come Orbán e della decisione del suo governo di negare a migliaia di migranti richiedenti asilo diretti in Germania l’accesso alla stazione Keleti di Budapest.

Antal SzerbSzerb è stato un grande scrittore ungherese allergico ai totalitarismi e ai fili spinati lungo le frontiere. Un autore scomparso troppo presto, travolto dai turbini della storia. La sua tragica vicenda personale ricorda quella di un grande letterato polacco suo contemporaneo come Bruno Schulz. Nati a distanza di nove anni l’uno dall’altro, entrambi di origine ebraica, sia Szerb che Schulz sono stati uccisi a sangue freddo e per futili motivi. Il polacco assassinato nel novembre del ’42 nel ghetto di Drohobyč per una sciocca vendetta privata fra due ufficiali tedeschi; l’ungherese picchiato a morte nel gennaio ’45 in un campo di concentramento dal quale si era rifiutato di uscire per condividere il destino del proprio popolo.

Nei suoi intensi quarantatré anni di vita, Szerb non è mai stato in Polonia. Tuttavia, l’autore ungherese ha viaggiato in lungo e in largo per l’Europa con una particolare predilezione per l’Italia, la Francia e il Regno Unito, tre nazioni in cui è vissuto. Sono proprio questi Paesi, la loro arte, cultura e letteratura ad avere ispirato alcuni dei libri migliori scritti da Antal Szerb. Linguista, saggista e poeta l’autore ungherese ha regalato ai posteri un insieme di opere molto diverse l’una dall’altra e tutte di grande pregio. Appassionato tanto dell’umorismo britannico di P.G. Wodehouse quanto del teatro di Ibsen, Szerb non è stato solo un abile traduttore da inglese, francese e italiano, ma anche un autore capace di assorbire e integrare nella propria scrittura gli stili narrativi da lui più amati.

L’esordio di ‘La Leggenda di Pendragon’, pubblicato in patria nel ’34 e uscito in Italia per i tipi di Edizioni E/O con la traduzione di Bruno Ventavoli, è folgorante. Il romanzo è un divertito omaggio alla letteratura gotica anglosassone filtrata attraverso gli occhi e l’ironia di uno scrittore ungherese particolarmente sensibile al fascino femminile. ‘Il viaggiatore e il chiaro di luna’, invece, sembra una rilettura in chiave psicanalitica del ‘Peter Camenzind’ di Herman Hesse con alcuni influssi esoterici degni di Stefan Grabiński. Una prima edizione italiana di questo libro, uscita nel ’96 sempre per Edizioni E/O e tradotta da Bruno Ventavoli, è stata di recente ristampata.

Antal Szerb

Che dire poi di ‘Oliver VII’ opera ambientata dallo scrittore ungherese in un farsesco staterello fittizio dell’Europa centrale il cui monarca inscena una rivoluzione da operetta per liberarsi di un potere che non desidera e dedicarsi un contemplativo e idillico esilio veneziano? Qui le atmosfere sono in bilico fra il serio e il faceto in una brillante satira politica che sembra debitrice tanto del Re Matteuccio di Janusz Korczak quanto de ‘L’uomo che volle essere re’ di Rudyard Kipling. Chi ha amato l’ultimo film di Wes Anderson, troverà nella Repubblica di Zubrowka inventata dal regista americano, molti punti di contatto con il Regno di Alturia immaginato da Szerb. Non a caso, i nomi scelti da Anderson per ‘Grand Budapest Hotel’ riecheggiano proprio Polonia e Ungheria, sebbene la fonte dichiarata di ispirazione del cineasta statunitense sia ‘Il mondo di ieri’ di Stefan Zweig.

Da diversi anni Antal Szerb – anzi Szerb Antal come dicono gli amici ungheresi – è divenuto uno degli autori più letti dai magiari. Ancora oggi l’opera più nota dell’autore in Ungheria resta ‘Il viaggiatore e il chiaro di luna’, libro pubblicato nel 1937 e che racconta la luna di miele di due sposini ungheresi in Italia, sulle orme del Grand Tour e nell’ombra sempre più incombente del regime fascista. Si tratta di un romanzo sui generis che fonde alla perfezioneAntal Szerb la sua ambientazione italiana con il delicato tema della crisi esistenziale attraversata del protagonista, Mihály. Il tutto in un contesto in cui Szerb riesce a non tradire la propria distintiva ironia e, al tempo stesso, a mostrarsi disilluso nei confronti di una borghesia mitteleuropea impreparata ad affrontare un futuro incerto. È in quest’opera inoltre che si ritrovano per la prima volta le misteriose atmosfere veneziane tanto amate da Szerb per averle conosciute e apprezzate in prima persona. Lo scrittore ungherese riproporrà la città lagunare come sfondo di uno dei suoi romanzi anche in ‘Oliver VII’, pubblicato nel ’43 sotto lo pseudonimo di A.H. Redcliff per sfuggire alla censura imposta dalle persecuzioni razziali in patria. Inoltre, Venezia recita un ruolo da protagonista, assieme a Ravenna, Bologna e San Marino, anche ne ‘La terza torre’ (A Harmadik Torony) diario italiano di viaggio del ’36 uscito in traduzione inglese, ma ancora inedito nel nostro Paese. E proprio da una delle tre torri della minuscola Repubblica del Titano, il Montale, deriva il titolo della raccolta.

Antal Szerb non si è tuttavia limitato a romanzi e diari di viaggio. Va dato merito alla britannica Pushkin Press e all’eccezionale traduttore Len Rix di avere pubblicato in inglese non solo le opere già menzionate, ma anche una raccolta di racconti intitolata ‘Love in a Bottle’ (Szerelem a palackban) uscita in Ungheria nel 1935. Nello stesso anno Szerb scrisse anche una sorta di Baedeker semiseria della capitale ungherese intitolandola Budapesti útikalauz marslakók számára (Guida di Budapest di un marziano).

Ma non è tutto, perché il prolifico scrittore si è anche occupato di critica letteraria dando alle stampe fra ’29 e ’41 uno studio sulla letteratura britannica, uno su quella ungherese e, per finire, un’erudita storia della letteratura mondiale. Infine, va ricordato che Szerb è stato anche poeta nonché autore di un originale libro storico dedicato a una collana appartenuta alla regina francese Maria Antonietta, volume oggi disponibile in inglese con il titolo di The Queen’s Necklace.

Una poliedricità bruscamente interrotta dagli eventi che hanno portato alla prematura scomparsa del grande letterato ungherese. Oggi la voce di Antal Szerb merita di essere riscoperta tanto in Italia – dove è ancora poco conosciuta, nonostante il grande amore dello scrittore per il Belpaese – quanto in Polonia. Presso gli editori di Varsavia e dintorni una traduzione de ‘Il viaggiatore e il chiaro di luna’ (Podróżny i światło księżyca) è uscita già nel ’59, prima che il suo autore cadesse in un immeritato e inspiegabile oblio. Tradurre o ripubblicare e infine leggere Antal Szerb – sulla scia di quanto sta già accadendo nel mondo di lingua anglosassone – sarebbe l’occasione per scoprire un autore sensibile, ironico e capace di spaziare su più generi con maestria. Uno scrittore che ha saputo battersi contro le assurdità della sua epoca e, pur soccombendovi, ne è uscito vincitore.

PoloniCult consiglia:

La Leggenda di Pendragon di Antal Szerb

La terza torre di Antal Szerb

The Queen’s Necklace di Antal Szerb

Love in a Bottle di Antal Szerb

Oliver VII di Antal Szerb

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