Alla ricerca del tempo perduto – o i Bar Mleczny cracoviani

Prima tappa di un viaggio alla scoperta di uno dei simboli più complessi della Polonia di oggi: il bar mleczny.

di Mara Giacalone

 

Si sa che la Polonia è un po’ la patria delle contraddizioni e quindi, in una – se non LA – strada principale dello Stare Miasto di Cracovia, si trova un residuo del tempo che fu: proprio in Ulica Grodzka, tra Mariacki e Wawel – due dei gioielli dell’antico splendore cracoviano- c’è il Bar Mleczny Pod Temidą un timido residuo della Polonia post-guerra, di quel periodo in cui l’intero Paese cercava di sopravvivere.

Snobbati da tutti i sofisticati, questi posti sopravvivono ancora oggi e offrono un ottimo specchio di osservazione sociale che non può non attirare l’attenzione di giovani poloniste con un certo interesse antropologico. Cracovia, essendo una città importante, ha un vasto campionario di Bar Mleczny di cui a breve vi parlerò, ma prima due parole sulla loro genesi, affinché tutte le considerazioni postume possano essere ben comprese.

Partiamo dalle basi, ovvero dal nome. In italiano, a dir la verità, non esiste un corrispettivo esatto, potremmo pensarlo come latteria nel senso di esercizio che si occupa della vendita di prodotti derivati dal latte, ma il rischio è di perdersi via la complessità del luogo. Scomponendolo, semplifichiamo la questione: Bar lo consideriamo come un luogo generico in cui mangiare – potremmo dire che è qui usato come ristorante (ma da prendersi con le pinze!), mentre l’aggettivo mleczny significa “a base di latte” – lattoso? latteo? -, quindi, riassumendo, abbiamo un luogo per mangiare latticini e derivati. Per ovviare alla problematica, meglio utilizzare il termine polacco.

Il primo di questi posti nacque a Varsavia nel 1896 da un’idea di Stanisław Dłużewski, agricoltore, allevatore e proprietario terriero: si chiamava Mleczarnia Nadświdrzańska e serviva prevalentemente pietanze a base di latticini, uova e farina, vedendo così come protagonisti pierogi e naleśniki e solo raramente carne. Poiché tale idea funzionò, divenne presto adottata in tutto il paese, specie dopo la Prima Guerra Mondiale quando la Polonia acquisì la sua indipendenza. Fu però dopo la Seconda Guerra Mondiale e durante il periodo comunista che questi posti divennero un vero e proprio simbolo. La popolazione era in maggioranza povera e gran parte dei ristoranti venne prima nazionalizzata e poi chiusa. Verso gli anni sessanta, i bar mleczny divennero un vero e proprio fenomeno in quanto offrivano cibo a prezzi molto bassi ed erano utilizzati soprattutto dai lavoratori in pausa pranzo quando le fabbriche in cui lavoravano erano sprovviste di mense. La particolarità, oltre a quella dei prezzi estremamente bassi, era di aver conservato l’idea originale e quindi servivano prevalentemente cibi di derivazione casearia, e piatti vegetariani – specie durante gli anni ‘80 quando la carne era razionata. Dopo la caduta del comunismo, la quasi totalità dei Bar mleczny fece bancarotta a causa dei nuovi e “normali” ristoranti; nonostante ciò, alcuni di questi sopravvissero sia con lo scopo di preservare la memoria, sia per aiutare le fasce più bisognose della popolazione. Verso il 2010 si è assistito tuttavia a un ritorno nostalgico, una sorta di revival e oltre a riprendere in mano quelli più datati, si è proceduto a un vero e proprio restyling in chiave moderna. Va anche ricordato che tali posti beneficiano di sovvenzioni statali come riconoscimento della loro utilità sociale che nel 2015 equivalevano a circa 20 milioni di złoty (5 milioni di €).

Ritornando a Cracovia, come ho scritto all’inizio, un Bar Mleczny lo troviamo proprio in una delle vie principali che collega il Rynek al castello e infatti è sempre preso d’assalto non solo dalla popolazione locale, da studenti squattrinati (!), da scolaresche autoctone, ma anche e soprattutto da turisti. Durante il mio soggiorno cracoviano ho avuto modo di andare alla ricerca e conquista di questi piccoli grandi tesori umanitari. Nonostante a Cracovia ce ne siano parecchi, la mia avventura si è concentrata su cinque posti in modo da poter avere un panorama abbastanza completo delle diverse soluzioni adottate nell’evoluzione moderna dei bar mleczny.

Tutti questi posti sono fondamentalmente caratterizzati dagli stessi elementi. Essendo un calco delle vecchie mense operaie, tutti – tranne uno tra quelli da me visitati -hanno mantenuto l’idea della fila per ordinare: si sceglie cosa mangiare da una serie di tabelloni al muro indicanti prezzo e grammatura, ci si mette in fila con il proprio vassoio, si ordina e si va poi alla ricerca di un tavolo. Il tutto non è poi molto dissimile da un fast-food e di fatto la sensazione non è molto distante: i polacchi di solito consumano il pranzo in tutta fretta, liberando subito il posto, i turisti, invece, li si riconosce perché si intrattengono al tavolo come a un comune ristorante.

Bar mleczny

(un piatto di placki ziemnaczane servito al Pod Temidą)

 

Nel mio girovagare, il primo in cui sono capitata – ben prima di decidere di scriverne – è il Pod Temidą che, trovandosi in posizione così centrale, offre ai turisti la possibilità di mangiare cibo tipico a prezzi molto bassi e di fare un salto indietro nel tempo nonostante questo abbia un’atmosfera abbastanza moderna e non comunista, ma piuttosto qualcosa di molto easy e alla mano. Quello che nessuno mette in conto è la qualità che è – ovviamente- medio-bassa e, d’altronde, corrisponde poi al prezzo pagato. Il menù si diversifica però dall’idea originaria e infatti troviamo anche piatti “ricchi” con la carne: le zuppe -immancabili -, i pierogi -per lo più i classici ruskie e con carne-, naleśniki dolci e salati per poi passare a cose più elaborate e sostanziose come bigos e placki ziemniaczane oltre all’immancabile kompot da bere… Rimanendo in centro, degno di nota è il Milk Bar Tomasza, una rivisitazione americanizzata del classico bar mleczny. L’atmosfera fa molto Happy Days e in effetti appena entrati è come se si uscisse da Cracovia e si finisse catapultati in un altro mondo… Ciò spiega anche la clientela, per lo più stranieri madrelingua inglesi in una fascia compresa tra i 20 e i 30, rarissimamente polacchi o comunque giovani, mentre solitamente la clientela dei bar mleczny è tipicamente over 60. Il mood è molto rilassato e in questo caso, dopo aver ordinato alla cassa, le cameriere servono ai tavoli. Si è molto, molto lontani da quella che poteva essere l’idea di Dłużewski nel 1896, ma è bello anche che si cerchi – e si riesca – a dar voce ed espressione a una tradizione rivisitata, moderna e, perché no, fashion, che chiama e cerca di dialogare con i giovani. Ovviamente ciò si riversa sui prezzi che sono decisamente più alti rispetto alla media dei bar mleczny e anche sulla qualità dei cibi – ma occhio ai naleśniki con gli spinaci, sono pieni di aglio!

Bar mleczny

Una fascia intermedia – ma tendente al basso – è occupata da due posti che sono fuori dal centro storico, rispettivamente uno a Podgórze – Bar Mleczny Południowy – e uno all’incrocio tra Aleja Mickiewicza e Ulica Kościuszki, Bar Mleczny Flisak. Nessuno dei due posti è fuori mano o difficilmente raggiungibile, tuttavia sono frequentati prevalentemente – se non esclusivamente – da polacchi dai 50 anni in su. È qui che si inizia a intravedere la “verità storica” dei Bar Mleczny. Senza paura di usare aggettivi poco carini, non possono che essere considerati -dai nostri occhi – sciatti. In quello di Podgórze ci accolgono sedie in plastica arancione, posate in plastica, tovaglie in plastica, ambiente spoglio e “cuoche” che non invogliano molto a mangiare. Prezzi assolutamente bassi – ryż z jabłkami i śmietaną (riso con mele e panna) per 3 zl – e la qualità di conseguenza, ma il posto è affacciato direttamente su Rynek Podgórski. È stato qui che ho iniziato ad osservare una tendenza, quella di andare e chiedere Bar Mlecznyil cibo na wynos – d’asporto – con la particolarità che la gente arriva direttamente con i contenitori propri e se li fa riempire, ciò significa che non è una cosa una tantum ma bensì qualcosa di più abituale, fattore che fa riflettere e tornare alle considerazioni fatte prima, quando scrivevo che i bar mleczny vennero lasciati aperti per quella fascia di popolazione che faceva più fatica: paradossalmente costa meno andare a prendere il cibo lì che fare la spesa. Questo fenomeno l’ho osservato anche al bar mleczny Flisak che all’aspetto risulta un po’ più curato con tavoli e sedie in legno e persino centrini con vasi di fiori. L’aspetto però lascia a desiderare e -come ha commentato la mia compagna di (dis)avventura – non ispira fiducia e voglia di mangiare. Un altro fattore di cui io, polonista, non mi sono resa conto è che in questi ultimi due posti, per uno straniero è molto difficile se non quasi impossibile ordinare in quanto nessuno parla inglese e il personale non nasconde la scocciatura se si tenta di esprimersi in tale idioma. Nonostante sia un problema facilmente riscontrabile, mi sembra che, in un bar mleczny sia quasi una cosa giusta e normale, come a voler preservare l’integrità originale, salvaguardare con nostalgia un pezzo di passato indistruttibile e a ciò va sommato che il personale – ma anche la clientela – ha tendenzialmente una scolarizzazione base che non contempla la lingua straniera. Tutto ciò l’ho trovato amplificato nell’ultimo posto in cui sono stata, il Bar Mleczny Centralny a Nowa Huta. Già quartiere di per sé strano, “esotico” e contraddittorio, ero certa che questo bar mleczny mi avrebbe riservato sorprese e così è stato. Appena entrata mi ha colto una sensazione di vertigine e avrei voluto uscire, mi sono trovata totalmente spaesata in un luogo che sentivo non appartenermi, per molte ragioni. La fortuna di essere da sola e di riuscire a mettere in fila due parole in polacco ha giocato a mio favore permettendomi di -più o meno – mimetizzarmi all’interno della fila lunghissima e lentissima per la cassa. Il tempo di attesa l’ho sfruttato per una serie di considerazioni. Prima di tutto, la totalità della clientela -me esclusa- era polacca e, cosa davvero strana per me, evidentemente abituale frequentatrice perché in diverse occasioni ho assistito a saluti tra conoscenti, come se mi trovassi al bar del quartiere. Un’altra particolarità era la lingua, un polacco molto più pulito e chiaro rispetto a quello a cui ero abituata in centro; inoltre, anche qui tantissimi erano in fila con i contenitori per portare le pietanze a casa; la maggior parte delle persone erano da sole e al di sopra dei 50 anni., i prezzi a dir poco ridicoli e la qualità, tuttavia,nemmeno così bassa.

È stato un salto nel tempo e nello spazio. Dopo nove mesi trascorsi tra Stare Miasto e Kazimierz a fare la studentessa italiana che si può permettere ogni lusso e sfizio, piombare in un posto che trasuda ancora di stenti, fatica e privazione, è stata un’esperienza forte e nonostante all’inizio avessi pensato di andarmene, sono contenta di essere rimasta. Questo “viaggio” alla scoperta di una tradizione che oscilla tra attrazione turistica e supporto a chi ha bisogno mi ha permesso di avvicinarmi ancora di più alla Polonia.

E sebbene Cracovia sia un gioiello di città, visitare Nowa Huta è una specie di dovere imprescindibile per dare a Cesare quel che è di Cesare e smettere di reputarla il fratello brutto e cattivo della city. Questo passa anche attraverso i Bar Mleczny che sono considerati una specie di elemento di vergogna, un residuo di qualcosa che si cerca di cancellare ma – fortunatamente – non solo si ostinano a rimanere, ma sembrano addirittura evolversi. Forse, finché si tratta dell’ attrazione turistica ubicata in Grodzka e parzialmente camuffata, tutto va bene: i polacchi della fascia più giovane si limitano a passarle accanto e gli stranieri di passaggio usufruiscono di un posto con prezzi stracciati. Però – e c’è un però – se qualcuno fosse un po’ nostalgico dei tempi andati, e magari volesse anche fare un tentativo di comprensione, beh, il tram 22 in direzione Kombinat porta direttamente nel cuore di Nowa Huta in Plac Centralny im. R. Reagana.

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