70 anni di Szarmach, il diavolo dal volto d’angelo

Szarmach

Il 3 ottobre del 2020 ha compiuto 70 anni Andrzej Szarmach, uno degli eroi della Polonia d’oro del periodo 1974-1982.

di Alberto Bertolotto

Quando era giovane, ancora senza baffi e con quei capelli biondi che scendevano quasi sino alle spalle, assomigliava a un angelo. E così, aSzarmach volte, veniva chiamato. Diavolo, sotto certi aspetti, lo era già e lo diventò col tempo, in area di rigore, Andrzej Szarmach, grande centravanti della Polonia dei tempi d’oro, che sabato 3 ottobre ha compiuto 70 anni. Non è un caso se la sua biografia si intitola Diabeł nie anioł (Wydawnictwo Dolnośląskie, 2016), a testimonianza di un carattere difficile ma anche di un temperamento che l’ha portato a segnare 31 gol in 62 presenze con la maglia della nazionale e a conquistare due medaglie di bronzo ai campionati del mondo del 1974 e del 1982.

IL RICORDO. Alcuni non sanno che, negli anni ’80, ai tempi dell’Auxerre, è stato il mentore di Eric Cantona. Lo stesso attaccante francese, icona del Manchester United, lo ha spesso elogiato, dicendo di aver imparato tanto da lui. È più facile che Szarmach, in particolare in Italia, venga associato le sfide con gli azzurri ai mondiali, prima in Germania Ovest e poi in Spagna. La prima immagine, datata 23 giugno 1974, è legata alla rete di testa su cross di Szymanowski nel match con la nazionale di Valcareggi, che sperava in un pareggio per passare il turno: la sua prodezza valse l’1-0, aprì la strada al 2-0 di Deyna e, di conseguenza, al ritorno in Italia tra pomodori e insulti di Rivera e compagni, giunti al capolinea dopo anni di successi (la partita finì poi 2-1 tra molte polemiche). Il secondo ricordo è associato alla sua esclusione da parte del ct Antoni Piechniczek dalla semifinale di Barcellona dell’8 luglio 1982, decisa dalla doppietta di Pablito. Szarmach andò in tribuna mentre per tutti avrebbe dovuto sostituire Boniek, futuro promesso sposo della Juventus, squalificato. Gli azzurri rimasero sorpresi da questa scelta, soprattutto Dino Zoff, bucato 8 anni prima in Germania. La realtà è che Piechniczek fece fuori il Diavolo già all’inizio dell’avventura iberica. E dopo molto tempo ammise l’errore. «Avrebbe potuto almeno essere in panchina» – disse. Nella finalina con la Francia, vinta per 3-2 dalla Polonia, Diabeł segnò il suo ultimo dei 31 gol con i Biało-czerwoni e neppure esultò, tanto era la sua delusione per non aver vissuto il suo terzo mondiale da protagonista. Fu la sua ultima gara in nazionale.

EFFICACE. Già, perché i primi due, quelli del 1974 e del 1978, li visse sulla cresta dell’onda. In Germania Ovest segnò 5 gol e fu vice-capocannoniere. Pensare che venne convocato solo per sostituire la stella della nazionale di allora, Włodzimierz Lubański, infortunato. Nel 1978 fu titolare e bucò il Perù con uno splendido colpo di testa, forse la sua prodezza più bella. Nel mezzo Szarmach fu capocannoniere con 6 centri ai Giochi Olimpici di Montreal del 1976 – terminati col secondo posto – e più tardi fu determinante nella qualificazione ai mondiali del 1982, venendo richiamato in nazionale per i match di qualificazione con la Germania dell’Est. La sua avventura tra i biancorossi sembrava finita, poi in PZPN si accorsero che non valeva la pena rinunciare a un calciatore così (assieme ad altri, come Tomaszewski) solo perché emigrati per lavoro a Occidente.

Bomber di una straordinaria efficacia, giocò dapprima con l’Arka Gdynia, quindi il Górnik Zabrze e lo Stal Mielec: dal 1969 al 1980 segnò ben 150 reti senza però mai vincere il campionato nazionale (pur disputando due volte in Coppa dei Campioni). Al compimento dei 30 anni, momento in cui i calciatori polacchi poterono lasciare il proprio paese durante il regime comunista, passò in Francia e tra Auxerre, Guingamp e Clermont Foot giocò altri 9 stagioni, timbrando più di 100 gol. Tuttora vive in Francia ma il suo ricordo rimane vivo in Polonia, tra addetti ai lavori e tifosi. Non ci si dimentica tanto facilmente di un diavolo dalla faccia d’angelo.

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