Nabu – il miraggio della vita

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Wędrówka Nabu, una storia commovente e forte per riflettere sulla crisi della società contemporanea.

di Mara Giacalone

Proprio in questi giorni mi è capitato di vedere un video su un esperimento condotto sulla letteratura per l’infanzia. Nello specifico, da una libreria piena sono stati tolti prima i libri con zero personaggi maschili, poi quelli con zero personaggi femminili, quelli dove le femmine non parlano e infine quelli dove i personaggi femminili sono principesse con il chiaro risultato che non rimanevano praticamente più volumi. Ora, cosa c’entra tutto questo? C’entra nel momento in cui ci accorgiamo che le bambine faticano a trovare punti di riferimento forti nelle storie che leggono. Ecco che, dunque, la scelta di Jarosław Mikołajewski di far diventare Nabu la protagonista del suo libro, mi ha colpita e apre una serie di considerazioni molto profonde e complesse.

Wędrówka Nabu – Nabu in cammino – è l’ultimo libro di Jarosław Mikołajewski e pubblicato per i tipi di Austeria, la nota casa editrice polacca specializzata in letteratura ebraica. Il testo si presenta sotto forma di libro per bambini, con i disegni a opera dalla più che conosciuta illustratrice Joanna Rusinek ma, come spesso accade, questo è un travestimento perché il contenuto, man mano che giungiamo alla fine, si fa complicato non solo perché tratta un argomento difficile e delicato ma anche e soprattutto perché rappresenta un sonoro schiaffo alla società europea e in modo ancora più evidente all’Italia – ricordiamo che Mikołajewski è stato direttore dell’Istituto polacco di cultura a Roma e conosce bene la situazione nel nostro paese.

Nabu è una bambina che abita in una terra deserta dove gli incendi sembrano capitare  frequentemente a causa del clima e anche se questa è una ziemia bez nazwa, una terra senza nome, possiamo facilmente intuire che si tratti dell’Africa. Della bambina sappiamo solo che si diverte a giocare al teatro con il fratellino e che per due volte di seguito, nel suo villaggio, scoppiano degli incendi che bruciano dapprima la sua casa e poi anche le altre in modo che lei e la sua famiglia si trovano, da un momento all’altro, senza un posto dove stare. È in questo momento che la piccola si ribella e mostra le prime caratteristiche tipiche dell’eroe: la ferma risolutezza nelle scelte e il coraggio di affrontare il destino. La bambina decide dunque di partire, di mettersi in viaggio proprio come nelle migliori favole della tradizione. Parte senza una meta ma con la consapevolezza che non si fermerà fino a quando non avrà trovato un luogo sicuro da poter chiamare casa e in cui vivere con i suoi cari. Dopo dieci giorni e dieci notti, incontra dei soldati che le intimano di fermarsi e la avvertono che non può proseguire a causa della parete: ma Nabu non vede nessun muro e procede convinta nella sua direzione, se non ché sbatte contro questo muro invisibile causando ilarità nei soldati. Ovviamente non perde le speranze, si rialza e si rimette in cammino costeggiando la parete. Poco più avanti si imbatte in due poliziotti che la informano che non può andare oltre a causa del filo spinato, ma Nabu non lo vede e procede ferendosi alle gambe e causando ilarità anche nei poliziotti. La testardaggine della piccola, però, è più forte e non si ferma, ma prosegue ancora fino ad arrivare al mare dove vede delle barche e decide di prenderne una ma viene fermata da tre frontalieri che la avvertono che tali imbarcazioni non esistono tuttavia, se vuole, può pagare un biglietto per arrivare alla tanto desiderata altra parte: 5000 soldi, o 200 capre e 30 cavalli oppure due anni di servizi domestici in casa loro. Questa volta sembra che sia Nabu ad avere le visioni, perché lei vede le barchette anche se queste non ci sono: l’unica cosa che rimane da fare, dunque, è iniziare a nuotare fino a quando non avrà raggiunto l’altra sponda. Nuota tutta la notte, l’acqua le arriva alla gola, è stanca, chiama la mamma fino a quando non si ritrova sulla spiaggia, dall’altra parte. Ce l’ha fatta. E ora? Ora viene vista e indicata dai bagnanti che chiamano chi di dovere ed ecco accorrere sei funzionari che la circondano. Quale sarà il destino di Nabu?

Sei funzionari stavano di fronte alla bambina. Metà rideva di lei, metà lanciava occhiate nefaste alla bambina. Metà della folla indicava le case, metà il mare.

O meglio, non indicava ma piuttosto indica. Ora. Perché questo è esattamente quel momento.

Quando questo momento sarà passato, Nabu potrà andare a riscaldarsi e a riposarsi. Oppure tornare in acqua.

Come si evince, il tema portante – anche se esplicitato solo alla fine –  è quello dell’emergenza migranti, o meglio, sul come l’Europa si rapporti all’emergenza. La citazione appena riportata,  lascia basiti per la sua durezza e, allo stesso tempo, semplicità. Non sono sicura che questo sia un libro per bambini, o meglio, non solo. È sicuramente uno strumento utile ai genitori per educare i figli al pensiero critico e aiutarli ad affrontare un discorso complicato ma che è anche urgente perché i bambini sono immersi in una realtà – la scuola –  multiculturale, e hanno il diritto di comprendere il perché e il per come e non si può lasciare alle sole maestre l’onere di spiegare: devono essere in primo luogo i genitori ad affrontare il discorso. Un libro – una fiaba – è, in questo senso, un medium perfetto. Non solo perché utilizza un linguaggio semplice e le immagini sono incredibilmente graziose e delicate, ma perché garantisce che il messaggio arrivi in modo diretto e resti più impresso, specie se il bambino è già in grado di leggere da solo.

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La scrittura di Mikołajewski si avvale di moltissimi strumenti della tradizione favolistica, prima tra tutte la triplicazione degli eventi rendendo non solo un climax crescente ma rimarcando gli avvenimenti facendo sì che sia più semplice ricordarli. Il tema di fondo, il viaggio alla ricerca di qualcosa, riprende lo schema classico del romanzo basato sulla quest, su qualcosa da trovare o ritrovare: Nabu negli incendi non ha perso solo la casa, ha perso la sua infanzia e quello stato di spensieratezza tipico dei bambini. È diventata improvvisamente una donna e vuole salvare la sua famiglia, non importa quanta fatica farà. Ecco dunque che possiamo leggere la metafora della cecità di Nabu – non vede né il muro, né il filo – come una cecità davanti alle difficoltà perché la speranza è più forte, la disperata ricerca di andare avanti e trovare un luogo sicuro e protetto.

Leggendo la vicenda della piccola bambina venuta da un villaggio lontano, non possiamo non avere sotto gli occhi le migliaia di immagini che quasi ogni giorno riempiono i telegiornali, internet e i quotidiani. Tutti abbiamo visto le foto di quelle misere barche che partono dall’altra sponda del Mediterraneo e che guardano a noi, alle nostre terre, come ad una ziemia święta, una terra santa dove trovare finalmente pace. Nabu è un’eroina moderna, simbolo della crisi che ci investe da vicino. Nabu entra nelle nostre librerie, ci mostra, con quel candore tipico dei bambini il paese da dove arriva, ci narra la sua storia e ci tira per la manica del nostro maglione nuovo e costoso chiedendoci di guardarla e decidere in fretta perché è urgente, perché vuole riposarsi, è stanca e vorrebbe solo essere accettata.

Un libro da regalare ai bambini, ma ancora prima da regalare agli adulti perché se i bambini sono il futuro, gli adulti sono il presente ed è da questo momento che bisogna iniziare il cambiamento.

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