Marek Hłasko. Sedotto e abbandonato da Varsavia

Su L’ottavo giorno della settimana

 ‘Żył krótko, a wszyscy byli odwróceni’

‘La sua vita fu breve e tutti gli voltarono le spalle’

(Iscrizione sulla tomba di Marek Hłasko al cimitero varsaviano di Powązki)

Marek_Hłasko_by_Zbigniew_KresowatyAutore, giornalista, sceneggiatore. Ma anche camionista e donnaiolo. Scrittore autodidatta con il vizio dell’alcool e dei sedativi. Anticonformista e ribelle. Esule e solitario. Le note biografiche su Marek Hłasko presenti nelle quarte di copertina dei suoi libri assumono spesso sfumature degne di John Fante e richiamano alla mente i versi della canzone di Piero Ciampi Ha tutte le carte in regola (per essere un artista). E le carte in regola per il successo letterario internazionale Hłasko le aveva eccome, salvo disperderle in fretta. Eppure colui il quale negli anni ’60 venne ribattezzato il ‘James Dean polacco’ per via della vaga somiglianza con l’attore americano, fu per qualche anno scrittore di culto in Europa.

Nato il 14 gennaio 1934 a Varsavia, Hłasko trascorre l’infanzia fra Białystok e Breslavia e solo nel ’49 torna nella capitale per continuarvi gli studi. Un anno dopo è già stato espulso da scuola e lavora come autotrasportatore di legname. Nel ’51, inaspettatamente, Hłasko diviene reporter di Trybuna Ludu, il giornale ufficiale del Partito operaio unificato polacco. Fra i diciassette e i ventidue anni, Marek alterna l’attività di giornalista con quella di camionista sino a che, nel maggio ’56, esce la sua prima raccolta di racconti Pierwszy krok w chmurach (Il primo passo nelle nuvole). È un successo di pubblico e critica. Cinquantamila copie vendute e un premio degli editori polacchi dopo, Hłasko è un intellettuale gradito alle autorità. Tuttavia, nell’ottobre del ’57 l’enfant prodige della letteratura polacca è già in disgrazia. Il mensile Europa, per il quale lavora, viene chiuso con l’accusa di essere ‘liberale e borghese’. Fiutato il pericolo di vedere il proprio passaporto ritirato dalle autorità, lo scrittore lascia la Polonia nel febbraio del ’58. Non vi tornerà mai più.

Per undici anni Hłasko vive fra Francia, Germania, Italia e Israele con una fallimentare esperienza a Hollywood come sceneggiatore al seguito di Roman Polanski. Conduce un’esistenza raminga e sregolata fra stanze d’albergo e night club al perenne inseguimento di compatrioti e compagni di bevute. Pur annebbiato da alcool, nostalgia e solitudine, Hłasko continua a scrivere. Pubblica, fra gli altri, il romanzo Drugie zabicie psa (Uccidendo il secondo cane), ancora inedito in Italia, una delle sue opere più note. Il 26 giugno del 1969 il corpo di Marek Hłasko viene ritrovato in casa del suo amico Bobermin a Wiesbaden,  nell’allora Germania Ovest. Il referto medico riporta un mix di alcool e sonniferi come causa del decesso.

A quarantacinque anni dalla scomparsa, Hłasko resta il disincantato e abrasivo cantore di una Varsavia che non c’è più e i cui contorni si intravedono appena. Un cantore lontano dagli opprimenti stilemi letterari del realismo socialista imperanti nella Polonia dell’epoca. Il verismo di Hłasko, intriso di un sarcastico pessimismo, descrive una Varsavia di fine anni ’50 grigia, decadente e individualista. Una città in cui le nuove generazioni compatiscono i propri genitori più che contestarli e non credono in un cambiamento dello status quo. Emblematico, in questo senso, è il romanzo breve Ósmy dzień tygodnia (L’ottavo giorno della settimana) pubblicato nel ’57.

Piotr e Agnieszka, i due giovani protagonisti, vivono la propria condizione di innamorati in maniera sofferta e conflittuale. Al desiderio di trascorrere più tempo assieme per conoscersi meglio si associa la consapevolezza di non poterlo fare per timore di sguardi indiscreti, maldicenze e mancanza di una stanza tutta per loro. L’impossibilità di tradurre il sentimento reciproco in vissuto quotidiano, acuita dalla mancanza di prospettive, spinge i due giovani a vedere nell’andare a letto assieme l’unico modo per condividere qualcosa di proprio. Una ricerca dell’intimità che porta con sé dubbi, ripensamenti e una grande rabbia interiore per ciò che avrebbe potuto essere ma non è. Lo stesso rancore che Grzegorz, fratello di Agnieszka e sedicente scrittore, cerca di dimenticare ogni sera in fondo al bicchiere citando Słowacki e Dostoevskij. È una Varsavia notturna in cui ‘tutte le donne sono vestite uguali e indossano lo stesso profumo’. Una città di bettole per camionisti e nottambuli in cui brindisi si concludono spesso e volentieri in scazzottate. Un mondo che Hłasko conosce benissimo e il cui linguaggio verbale e corporeo descrive alla perfezione.

Peccato che la versione cinematografica di Ósmy dzień tygodnia, diretta da Aleksander Ford nel ’58 non sappia riproporre l’atmosfera del libro. Le buone interpretazioni di Sonja Ziemann (futura moglie di Hłasko) e Zbigniew Cybulski – a sua volta emulo di James Dean – nella parte dei protagonisti non bastano. Basti pensare che Ford sceglie di spostare intere scene dal quartiere operaio di Praga con i suoi caseggiati di mattoni rossi alle linde stradine della Stare Miasto, la città vecchia di Varsavia, riempiendole di improbabili ubriaconi e popolane.

Cinquantasette anni dopo, il rettangolo di Varsavia nel quartiere di Praga Połnoc in cui si svolge la maggior parte del libro è cambiato. Via Brzeska mantiene in parte la sua nomea di strada povera e malfamata nella quale è sconsigliato aggirarsi da soli di notte, Via Targowa, invece, a seguito dalla costruzione della seconda linea della metropolitana di Varsavia, è in fase di inarrestabile gentrificazione. Un processo che non ha portato alla riscoperta di Hłasko. Infatti nella Varsavia di oggi il mito di Marek Hłasko appare appannato e le sue opere sono talvolta di difficile reperimento in libreria. A Hłasko è stata intitolata soltanto una tranquilla stradina residenziale nel quartiere di Marymont, dove si svolge uno dei suoi primi racconti. E al cimitero di Powązki è arduo distinguere la lapide dell’autore da quelle circostanti.

Anche in Italia il nome di Marek Hłasko non è conosciuto come meriterebbe dopo il fugace e illusorio successo di fine anni ’50. L’ottavo giorno della settimana è stato pubblicato da Einaudi nel ’59 e poi da Mondadori nel ’63 prima di cadere nel dimenticatoio. Solo nel 2009, Libri Bianchi ha avuto il merito di riproporre l’opera sotto il titolo L’ottavo giorno della settimana e altri racconti. Sempre a Libri Bianchi si deve la pubblicazione di Bei ventenni (Piękni dwudziestoletni, traduzione di Anna Ewa Gogolin), l’autobiografia di Hłasko scritta nel ’66 che resta il suo brillante testamento letterario.

Lorenzo Berardi

Nel 2010 Libri Bianchi aveva curato, senza purtroppo riuscire a pubblicarla, anche una raccolta di alcuni fra i primi racconti di Hłasko intitolata Il primo passo nelle nuvole e altri racconti. Oggi il volume è reso disponibile dall’editore in formato pdf, qui. Per chi non riuscisse a procurarsi i due libri di Marek Hłasko editi da Libri Bianchi, entrambi i volumi si possono ordinare scrivendo all’editore.

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