Imi, la radio poliglotta di Varsavia

Imi

Negli studi e tra le voci di Imi, la radio che parla dai e ai cittadini stranieri in Polonia.

di Lorenzo Berardi

Una radio multilingue fatta da volontari stranieri residenti in una capitale europea con l’obiettivo di fare sentire la propria voce e comunicare con il territorio. Il progetto è affascinante e, in apparenza, non proprio una novità. A Vienna, ad esempio, Radio Afrika trasmette programmi e notizie in più lingue straniere sin dal 1997. E anche in Italia diverse emittenti radiofoniche locali e nazionali propongono da anni trasmissioni realizzate da e per stranieri nelle proprie lingue natie. Tuttavia la storia di Imi Radio, che dal maggio del 2015 trasmette su Internet in diretta da Varsavia, merita di essere raccontata.

L’odierna Polonia è una nazione monoculturale, dove appena l’1,5% degli abitanti è di origine straniera. E a seguito delle elezioni parlamentari di due anni fa il Sejm di Varsavia è divenuto l’unico parlamento europeo nel quale non siede un singolo rappresentante di un partito di centrosinistra. Una situazione che, comunque la si voglia vedere, di  certo non avvantaggia il pluralismo. L’attuale partito di governo, Diritto e Giustizia (PiS), si attesta su posizioni nazionaliste ed euroscettiche non esattamente a favore di una Polonia multiculturale e multireligiosa. Una linea politica che guarda con sospetto all’arrivo di nuovi immigrati nel Paese e in cui prevalgono spesso chiusura e diffidenza nei confronti dello straniero e di chiunque sia ritenuto ‘diverso’.

Fondi europei e volontari stranieri

Ecco perché la presenza nella capitale polacca di una radio multilingue e fatta da stranieri e migranti diviene ancora più significativa. Imi Radio comincia a trasmettere on line nel maggio 2015 da un piccolo studio all’interno del Centrum Wielokulturowe nel quartiere varsaviano di Praga Połnoc, sulla sponda orientale della Vistola. Il centro occupa i primi due piani di un monumentale edificio all’incrocio fra Plac Hallera e Jagiellońska, di fronte al celebre Zoo di Varsavia. È un vasto spazio che ospita anche un punto informazioni per migranti, uffici, un palcoscenico per laboratori, concerti o spettacoli teatrali e uno spartano caffè interno.

La radio nasce da un’idea di Mamadou Diouf, musicista e scrittore senegalese che da trent’anni vive in Polonia dove era arrivato per studiare veterinaria all’Università di Lublino. Un artista che vanta collaborazioni con nomi noti come Anna Maria Jopek, Karolina Cicha e Zakopower, ma anche una persona alla mano che insiste per rispondere alle domande di PoloniCult in polacco, pur parlando un ottimo inglese. «È cominciato tutto con una piattaforma per migranti creata dalla collaborazione di tre città: Varsavia, Lublino e Cracovia – racconta a PoloniCult – Durante uno dei nostri incontri all’estero ho conosciuto un signore del Ruanda che aveva creato una radio migrante in Austria. Ho pensato che sarebbe stato bello fare qualcosa di simile in Polonia e a Varsavia».

È l’estate del 2014 e Mamadou decide di mettersi al lavoro per trasformare l’idea in realtà. A luglio, il progetto ottiene il finanziamento del fondo europeo Eea a cui fanno seguito il sostegno di soggetti locali come le fondazioni Inna Przestrzeń e Batorego oltre alla Polska Fundacja Dzieci i Młodziezy (Fondazione polacca per i bambini e la gioventù). A settembre comincia la ricerca dei volontari. «Ho cercato persone senza alcuna esperienza di radio giornalismo. Per me l’importante era trovare qualcuno che avesse entusiasmo, idee e la determinazione di fare cose concrete» spiega Mamadou.

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Vladimir è una di queste persone. Messicano («nessuna origine russa – ride – mia madre mi ha chiamato così in onore di un personaggio letterario»), arrivato in Polonia quattro anni prima per un master universitario, ha deciso di restare. Vladimir viene a sapere di Imi per caso: «un giorno ho incontrato Mamadou che mi ha parlato della sua idea di creare una radio su Internet fatta da stranieri e migranti e mi ha chiesto se ero interessato al progetto – ricorda – Non ci ho pensato sopra neanche per un attimo e ho subito dato la mia disponibilità».

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Assieme a Mamadou e Vladimir, il nucleo iniziale della radio è formato da altri quattro redattori: Elmi dalla Somalia, Nga – vietnamita-polacca di prima generazione – Oliwia figlia di un congolese e di una polacca e Sebastian. In seguito si aggiungono altri volontari come Senait dall’Eritrea, Samir dalla Tunisia e la bielorussa Veranika. Nell’inverno 2014 la futura Imi non ha ancora microfoni, cuffie, neppure un mixer. Mamadou invita alcuni esperti al Centrum Wielokulturowe per organizzare corsi e workshop di gestione e conduzione radiofonica e solo nel gennaio 2015 le attrezzature tecniche vengono acquistate. A maggio dello stesso anno la radio è pronta a trasmettere on line.

I primi conduttori: Claudia e Vladimir

Due anni e mezzo dopo, i programmi di Imi sono curati da conduttori provenienti da undici nazioni diverse. Oggi il palinsesto dell’emittente prevede trasmissioni realizzate in nove lingue: arabo, bahasa indonesiano, francese, inglese, polacco, portoghese, russo, spagnolo, ucraino.

Claudia è una giornalista freelance rumena da alcuni anni a Varsavia che nel 2015 ha condotto il programma in lingua inglese Naszy Świat (Il nostro mondo). «Un amico della Moldova mi aveva parlato della radio quando ancora doveva iniziare a trasmettere – racconta – Mi sono informata e ho partecipato ad alcImiuni incontri con i primi redattori nell’autunno 2014. Ho scelto di unirmi a Imi perché penso che sia un progetto importante per dare voce a migranti e stranieri consentendo loro di esprimersi nella propria lingua madre e di parlare di ciò a cui tengono. E credo che sia davvero significativo avere una realtà come questa radio in Polonia dove l’opinione pubblica non è ancora abituata all’immigrazione e alcuni polacchi sono diffidenti nei confronti degli stranieri». Il programma di Claudia era un talk show in cui si commentavano avvenimenti politici polacchi e internazionali in compagnia di un ospite esperto in materia. «Ho avuto puntate dedicate alle elezioni presidenziali polacche e a quelle turche e ho seguito da vicino l’evolversi della crisi economica in Grecia», ricorda lei stessa.

Al pari di Claudia, anche Vladimir non aveva esperienze di conduzioni radiofoniche prima di approdare a Imi. Oggi dopo avere condotto un paio di trasmissioni dedicate all’arte e alla musica di lingua spagnola, Vladimir si dedica alla cultura a tempo pieno. Un paio d’anni fa assieme alla sua ragazza ucraina, Yulia, ha creato Etc. Foundation, un’associazione con cui, spiega a PoloniCult, «organizziamo eventi per bambini, incontri con le scuole, workshop di fotografie e scrittura». Da una di queste iniziative è nato il progetto letterario ‘Write the City’ che, nell’estate 2016, ha presentato al MitOst Festival di Tblisi un libro di racconti e poesie scritti da autori stranieri residenti a Varsavia. Un anno dopo, il progetto è approdato on line divenendo un e-magazine letterario a tutti gli effetti il cui primo numero è uscito a settembre. «Ora sono un po’ più povero di prima, quando lavoravo per una multinazionale, ma più felice», sorride Vladimir sfoggiando una t-shirt con la scritta: ‘I speak Polish, what’s your superpower?’ (Parlo polacco, qual è il tuo superpotere?).

 L’integrazione culturale parla polacco

Sia Claudia che Vladimir hanno imparato e padroneggiano la lingua del Paese in cui vivono oggi. E infatti il polacco resta la lingua franca all’interno di Imi. Tanto che il palinsesto della radio affisso all’interno dello studio è noto a tutti come ramówka e il sito dell’emittente è (per il momento) soltanto po polsku. Ciò nonostante, alcuni programmi sono creati e condotti in lingue diverse per raggiungere un pubblico ampio e variegato. Vergil e DJ, ad esempio, sono due americani che conducono ‘What Keeps You Here?” (Cosa vi trattiene qui?) un programma settimanale che guarda alla Polonia con gli occhi di uno straniero. Saadi, è a Imi sin dagli inizi, viene dalla Tunisia e ogni martedì parla di politica, musica e culture per due ore in lingua araba. Nè mancano i programmi bilingue, come ‘Polandinesia’ in cui Syaiful e Pratiwi trasmettono in bahasa indonesiano e inglese oppure ‘Diálogos Itinerantes’ di Maja, messicanista varsaviana, condotto in spagnolo e polacco. C’è persino chi di lingue ne adopera tre come Boris nel suo ‘T-Live’ in cui si alternano polacco, russo e ucraino e chi, invece, conduce solo in polacco, ma lo fa già alla tenera età di otto anni, come Daba che ai microfoni di ‘Świat bajek’ legge fiabe da tutto il mondo.

L’importanza di trasmettere da Varsavia resta un punto cruciale ed è ben chiara a Mamadou. «Non mi piace il termine assimilazione culturale, preferisco parlare di integrazione – specifica a PoloniCult – Questo perché assimilarsi a una cultura straniera significa perdere la propria. In questa radio integrazione significa sapere condurre una trasmissione nella propria lingua madre, ma anche sapere comunicare in polacco con i colleghi». Con volontari provenienti da undici Paesi diversi la scelta di anteporre il polacco all’inglese è coraggiosa e rende bene l’idea di quanto Imi Radio sia interessata a comunicare non solo da Varsavia, ma con Varsavia e la Polonia intera.

«Ciò che succede qui come nel resto d’Europa è che ogni trasmissione televisiva o radiofonica che parla di migranti lo fa affidandosi ad esperti che però migranti non sono – sottolinea Mamadou – Con Imi vogliamo dimostrare che nessuno può parlare di emigrazione meglio dei migranti stessi in quanto hanno vissuto in prima persona il fenomeno e sono spesso persone istruite. É come chiedere a chi è stato ospite in una casa di parlarne, quando invece chi ci vive potrebbe raccontarci della cucina, della camera da letto, di ogni suo piccolo particolare».

Ed è proprio questo processo di dare voce ai migranti, di farli parlare delle proprie esperienze dirette e degli argomenti che conoscono meglio uno dei passi più importanti verso l’integrazione a detta di Mamadou. Come afferma lui stesso: «integrazione significa essere felici quando qualcosa di bello accade nel Paese in cui ti sei trasferito o nell’essere abbattuti quando qualcosa di triste si verifica nella nazione in cui vivi e nella quale non sei nato». Una partecipazione emotiva non sempre scontata per chi ha vissuto all’estero per lunghi periodi e che una realtà come Imi cerca di incoraggiare, in nove lingue diverse.

[Articolo aggiornato a ottobre 2017].

 

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