Korczak visto da Wajda, un’occasione per imparare

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La splendida figura di Janusz Korczak è stata raccontata anche su pellicola, in un film poco noto del grande regista Andrzej Wajda.

di Elettra Sofia Mauri

Sulle pagine di PoloniCult Lorenzo Berardi ha già raccontato la storia di Henrik Goldszmit, meglio conosciuto sotto lo pseudonimo letterario di Janusz Korczak, parlando di lui in quanto pedagogista e scrittore. Anche un grande maestro del cinema polacco, quale Andrzej Wajda, ha deciso di raccontare la sua storia, forse ancora troppo poco conosciuta, nel film Dottor Korczak (1990).

Ciò che salta immediatamente all’occhio, a partire dai primi fotogrammi, è la scelta di girare l’intero film in bianco e nero. Apparentemente, questo scelta tecnica sembrerebbe smorzare i toni del racconto, lasciando le scene della miseria del ghetto di Varsavia e di violenza sfumare nel grigio. In realtà, a uno sguardo più attento, l’effetto potrebbe sembrare invece quello di accentare ancora di più la concretezza storica degli eventi, come in un documentario dell’epoca. Non a caso infatti, è presente un momento di “cinema nel cinema”: vengono mostrati dei soldati tedeschi mentre riprendono scene di ordinaria devastazione per le strade del ghetto.

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L’inizio del film è di per sé profetico, una delle prime battute del dottore riguarda il tema del sacrificio. Dice che per lui impegnarsi con i bambini non è un sacrificio, anzi, lo fa in primis per se stesso, e ammonisce di guardarsi bene da chi lo intende come tale, definendoli degli ipocriti. Tuttavia, l’epilogo stesso della storia, mostra il sacrificio supremo che Korczak dovrà affrontare con incredibile umanità e dignità.

Korczak PoloniCult 2Wajda mostra come Korczak accompagni la crescita e le esperienze fondamentali dei suoi ragazzi, a partire dal primo amore, normale avvenimento con cui prima o poi si scontrano tutti i ragazzini, fino alla questione ben più drammatica del dover fare i conti con la morte. Durante un momento di ricreazione, Korczak suggerisce ai bambini di mettere in mostra una particolare opera dell’indiano Tagore. Particolare, poiché tratta l’argomento della morte, non la solita recita per fanciulli quindi. Korczak stesso motiva la sua scelta, dicendo di averlo fatto perché i ragazzi possano prendere confidenza con la morte. Il realismo del dottore, che può sembrare crudo e disumano, testimonia comunque una dedizione appassionata e una cura amorevole per i suoi ragazzi, mirata ad affrontare ciò da cui erano circondati ogni giorno nel ghetto, ovvero morte e disperazione.
Korczak combatte strenuamente fino all’ultimo, con caparbio e coraggio sfrontato, contro le miserie della guerra, ma allo stesso tempo, alla fine accetta in totale abnegazione il proprio destino. Rinuncia infatti alla possibilità di salvarsi, per accompagnare fino alla fine i suoi ragazzi.

A rendere la bellezza di questo film hanno contribuito anche altri due nomi importanti nel panorama del cinema polacco. A firmare la sceneggiatura è Agnieszka Holland, mentre le musiche sono di Wojciech Kilar (compositore spesso presente nei lavori di Krzysztof Zanussi). La sua marcia finale, su cui i bambini camminano guidati da Korczak, rende più di qualsiasi parola.

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Il finale immaginario del film aveva creato a suo tempo alcune polemiche, a causa della scelta di rappresentare Korczak e la schiera di bambini che scendono dal vagone del treno per correre gioiosamente in libertà su verdi prati. “La morte è tanto facile, la vita invece è tanto complicata dice il dottore in una battuta, lasciandoci la sua battaglia come esempio per affrontare le complicazioni della vita.

 

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