Carte Blanche, storie di ordinaria decadenza.

Carte Blanche

Carte Blanche è il primo lungometraggio del giovane regista Jacek Lusiński

di Lorenzo Berardi

Negli ultimi anni il cinema polacco ha trovato nuova linfa presso il grande pubblico proponendo opere ispirate a vicende personali, fenomeni di costume o eventi realmente accaduti. Da film dedicati a tematiche non facili come Chce się żyć (Io sono Mateuz, 2013) a Bogowie (2014) – di cui vi abbiamo già parlato – passando per il più scanzonato Disco Polo (2015). Il tutto senza dimenticare i biopic dedicati a due personaggi importanti della recente storia polacca come Jerzy Popiełuszko e Lech Wałęsa usciti rispettivamente nel 2009 e nel 2013.

Ispirato a una storia vera che qualche anno fa suscitò scalpore sulla stampa polacca, Carte Blanche è un film uscito nei primi mesi di quest’anno e che è ha ottenuto un buon successo di pubblico e critica. Si tratta della seconda opera sul lungo formato del regista quarantacinquenne Jacek Lusiński fino a qualche mese fa poco noto anche agli stessi spettatori polacchi. Purtroppo, come spesso accade, il consenso ottenuto in patria non si è ancora tradotto in una distribuzione della pellicola all’estero.

Il tema del film è di quelli che non lasciano indifferenti. Come reagirebbe un individuo consapevole di essere destinato a perdere del tutto la vista per via di una incurabile malattia genetica rimasta per quarant’anni dormiente? Quali sarebbero le ripercussioni sulla vita privata, affettiva e lavorativa di una persona destinata a sprofondare nel buio nel giro di pochi mesi? Interrogativi che Kacper, professore di storia in un liceo di Lublino, inizialmente neppure vuole porsi, convinto che la diagnosi lo condanni a una vita non più degna di essere vissuta. Scapolo, insegnante appassionato ma non adeguatamente retribuito (un problema, questo, che accomuna la Polonia all’Italia), ancora scosso per la tragica scomparsa della madre, Kacper si ritiene al capolinea.

Tuttavia, un insperato successo lavorativo – l’incarico di ‘presentare’ alla matura (la maturità polacca) una classe del quinto anno, fornirà al professore le motivazioni necessarie per tirare avanti. A patto di non rivelare a nessuno, fatta eccezione per l’amico Wiktor, il segreto che lo accompagna: quello di una cecità incombente che, inesorabile, riduce di giorno in giorno il suo campo visivo. Saranno proprio gli stimoli ricevuti dai suoi studenti, dall’istrionico scansafatiche Madejski, alla brillante ma ribelle Klara, a permettere a Kacper di continuare a fare lezione, pur adottando alcuni accorgimenti ed escamotage per mascherare il suo nuovo limite sensoriale.

Professore apprezzato dai propri studenti per utilizzare metodi didattici poco tradizionali, Kacper è tuttavia visto con sospetto da molti colleghi docenti che lo ritengono un protegé della preside. All’inizio sono soprattutto il professore di ginnastica Florczak e la professoressa di polacco Ewa a mostrare ostilità nei confronti dell’insegnante di storia. Tuttavia, entrambi – per motivi e in modi diversi – diverranno favorevoli al professor Kacper al termine della gita di classe di fine anno all’acquario di Gdynia che farà da preludio alla matura.

Carte Blanche

Di sicuro largo merito della efficace riuscita di Carte Blanche va all’interpretazione di Andrzej Chyra, attore già noto per film come Katyn e Na imię e qui in una delle sue prove più convincenti. Il suo professor Kacper è un docente malinconico e carismatico a metà strada fra il professor Keating interpretato da Robin Williams ne L’attimo fuggente di Peter Weir e il professor Vivaldi di Silvio Orlando ne La scuola, diretto da Daniele Luchetti. Fra gli altri componenti del cast si distinguono Urszula Grabowska (Ewa), Andrzej Blumenfeld (Florczak) e Dorota Kolak (la preside). La giovane Eliza Rycembel (Klara), ormai specializzatasi in ruoli da liceale nel cinema polacco, convince solo a metà, forse vittima di un ruolo talmente borderline da risultare quasi stereotipato. Più naturale e a suo agio nei panni della simpatica canaglia risulta invece Tomasz Ziętek, alias Madejski.

La scelta del regista di mostrare la graduale riduzione della vista del protagonista è azzeccata e permette di immedesimarsi in Kacper. Alla lunga, tuttavia, questa scelta risulta stancante proprio per gli occhi dello spettatore vista anche la presenza di numerose scene buie o rischiarate da una singola lampadina. Un leitmotiv inatteso delle inquadrature è invece il pantografo del filobus che diviene una presenza ricorrente del film come a sottolineare la condizione di Kacper costretto a procedere lungo percorsi prestabiliti fra casa e lavoro per paura di smarrirsi o tradire la propria condizione di non vedente. Eccezion fatta per qualche scena leggermente troppo melodrammatica, la regia di Lusiński non eccede in protagonismi e riesce inoltre a offrire incantevoli scorci di Lublino, location insolita per il cinema polacco. La scelta di mostrare nelle scene conclusive il personaggio reale alla cui storia il film è ispirato riprende quanto già visto in Bogowie di Palkowski, film uscito pochi mesi prima di Carte Blanche.

Carte Blanche

Qualche parola sul titolo. L’espressione ‘carte blanche’ non è di uso comune nel polacco e, nell’originale francese così come in inglese, ha il medesimo significato dell’italiano ‘dare carta bianca’. Ad essere sinceri, la scelta di un simile titolo non è di immediata comprensione – tanto che alcuni conoscenti polacchi ritenevano significasse ‘tabula rasa’. Un fraintendimento che non viene risolto dal fatto che l’espressione ‘carte blanche’ non sia mai pronunciata all’interno del film. Probabile che Lusiński abbia scelto di fare il misterioso optando per un titolo capace di suggerire un nuovo inizio per il suo protagonista e, al tempo stesso, di solleticare la curiosità dei suoi compatrioti. Un obiettivo senz’altro raggiunto grazie a un film magari non magistrale, ma comunque gradevole e intelligente.

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