Stanisław Barańczak, fra Polonia e Nuovo Mondo.

Baranczak PoloniCult

Ritratto di Stanisław Barańczak, il poeta professore.

di Lorenzo Berardi

Una premessa è d’obbligo. A oggi non esistono traduzioni italiane tanto dei versi quanto dei saggi di Stanisław Barańczak. Si tratta di una lacuna considerevole e inaspettata e che ci si augura venga presto colmata. La speranza è che, sottovoce, queste righe possano essere d’incoraggiamento in tal senso.

Perché ha senso scrivere di Barańczak oggi pur in assenza di uno qualsiasi dei suoi non numerosi scritti nella sempre più ampia selezione italiana della Polonia a scaffale? Innanzitutto, per l’importanza rivestita dal poeta e critico letterario, scomparso all’età di 68 anni il 26 dicembre 2014, per la diffusione e la comprensione della cultura polacca all’estero, specie nel mondo anglosassone. Barańczak è un autore rimasto a lungo dietro le quinte indossando le amate vesti di traduttore, recensore e commentatore sociale, ma i cui meriti non possono essere sottovalutati.

Poeta della nuova avanguardia polacca negli anni Sessanta ispirato dai versi degli amati Robert Frost ed Emily Dickinson, poi redattore della rivista Nurt e professore di filologia presso l’Università Mickiewicz di Pozńan, Barańczak è stato anche attivo politicamente in anni non facili per la Polonia. Fondatore del trimestrale clandestino Zapis e allontanato dalla propria cattedra universitaria nel ’77 con l’accusa di essere un dissidente, il poeta e professore ha scelto di lasciare la Polonia a seguito della proclamazione della legge marziale nell’81. Un addio sofferto ma che, lungi dall’allontanare Barańczak dagli avvenimenti polacchi, ne ha anzi rafforzato il legame culturale, seppure a distanza, con la madrepatria.

Un intellettuale quindi sospeso fra Stati Uniti e Varsavia, capace di spiegare le complessità della Polonia agli americani in anni colmi di facili fraintendimenti e al tempo stesso di assorbire la cultura anglosassone e declinarla al proprio verbo. Professore di letteratura polacca presso il prestigioso ateneo americano di Harvard per trentacinque anni. Per cinque anni Barańczak ha diretto l’autorevole The Polish Review pubblicata negli States continuando a scrivere in polacco su pubblicazioni come Zeszyty Literackie – da lui fondata – e Teksty Drugie.

Recensore e saggista capace di spaziare su poesia, teatro, politica americana e polacca senza disdegnare incursioni nella letteratura russa o lituana. Amico personale di alcuni dei maggiori esponenti della poesia e della società civile polacca del XX secolo, da Herbert a Szymborska passando per Michnik e Miłosz. Apprezzato traduttore in polacco di poeti del calibro di W.H. Auden, E.E. Cummings, Emily Dickinson, John Donne, T.S. Eliot, Robert Frost, Seamus Heaney e John Keats nonché di William Shakespeare e Thomas Hardy, Barańczak ha inoltre permesso al pubblico anglosassone di leggere Jan Kochanowski e Zbigniew Herbert in inglese.

Nei quasi trentacinque anni trascorsi oltreoceano, il professor Barańczak ha saputo assimilare la cultura accademica e tematiche sociali americane, aggiungendole al proprio bagaglio di conoscenze made in Poland. Tradurre, diffondere e soprattutto contestualizzare i grandi nomi della letteratura polacca contemporanea al pubblico d’oltreoceano è divenuto l’obiettivo di Barańczak fra una lezione e l’altra. Un prezioso e metodico lavoro non solo di traduzione ma anche di intepretazione culturale che ha permesso di ridurre le distanze che separavano gli Stati Uniti dalla Polonia. In questo senso, Stanisław Barańczak è stato ambasciatore ed esponente non solo della letteratura ma anche della vita politica e sociale polacca negli States.

La raccolta Breathing Under Water and Other European Essays pubblicata da Harvard University Press nel ’90 èBaranczak cover PoloniCult forse la testimonianza più completa della poliedricità di Barańczak. Un’opera, questa, che a venticinque anni di distanza dalla pubblicazione, ha ancora molto da raccontare. Il volumetto permette anche a chi è a digiuno di cose polacche di ricevere un’infarinatura su tematiche giocoforza non più attuali, ma indispensabili per capire la Polonia contemporanea. Il titolo dell’opera è ispirato a un racconto del grande Stanisław Lem, un autore che – a prima vista – sembrerebbe distante dalle corde di Barańczak, ma le cui storie di fantascienza erano talvolta consapevoli allegorie della vita quotidiana nella Polonia socialista. Una Polonia dalla quale il poeta e traduttore trasferitosi ad Harvard si è allontanato ma che non ha certo dimenticato. Ed è proprio questa capacità di Barańczak di essere al tempo stesso classico e contemporaneo, di volgere un orecchio alle liriche di Kochanowski e un occhio alle apparizioni televisive di Adam Michnik a renderlo un testimone prezioso.

Nel libro si trovano acute recensioni colme di interessanti aneddoti degli scritti di autori come Witold Gombrowicz, Tadeusz Konwicki, Czesław Miłosz, Bruno Schulz e Aleksander Wat. Ma non solo. Barańczak offre anche affascinanti ritratti di Giovanni Paolo II, Lech Wałęsa e dell’ex presidente cecoslovacco (poi ceco) e drammaturgo Vaclav Havel. Non mancano inoltre interessanti e sarcastiche riflessioni sul ruolo della censura nella Polonia socialista che talvolta richiamano La mente prigioniera, capolavoro dell’amico-rivale Miłosz.

La scrittura di Barańczak ha il pregio di essere sorprendentemente accessibile e quasi pop per un accademico e un critico letterario. Quando il professore scrive del suo arrivo negli Stati Uniti, ad esempio sottolinea a più riprese ‘l’orgia di colori’ che lo accoglie nel Nuovo Mondo. La differenza cromatica fra un’America in technicolor dove gli autobus sono ‘calorosamente gialli’ e I segnali stradali ‘deliziosamente verdi’ e l’uniforme grigiore che avviluppa la Polonia stupisce e rintrona il nuovo arrivato. Nel medesimo saggio Barańczak si sofferma fra il serio e il faceto su icone televisive americane dei primi anni ’80 come Johnny Carson e Barbara Walters e trova persino modo di nominare l’allora cestista dei Lakers Kareem Abdul Jabbar. Particolari questi che fanno capire come la lettura di Breathing Under Water and Other European Essays sia tutt’altro che un piacere riservato ai soli accademici.

A due mesi appena dalla scomparsa, Stanisław Barańczak è un autore che molti polacchi conoscono e apprezzano soprattutto come traduttore. Il pubblico italiano che non ha, purtroppo, la possibilità di valutare l’abile lavoro svolto dall’ex docente sui versi di Keats o sui sonetti di Shakespeare merita di scoprirlo in un’altra veste. E tradurre oggi alcuni dei saggi e delle recensioni di Barańczak in un volumetto non sarebbe solo importante di per sé, ma porterebbe i lettori italiani ad avvicinarsi agli scritti di autori polacchi già disponibili in libreria.

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