Klezmer, il suono polacco della tradizione ebraica.

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di Salvatore Greco

Viaggio nel mondo della musica klezmer tra identità ebraica, tradizione e modernità.

Violini, fisarmoniche, violoncelli e clarinetti si rincorrono lungo indaffarati virtuosismi, poi rallentano fino quasi a fermarsi, le note si distendono su di un letto di malinconia e poi ancora riprendono furiose a rincorrersi o a saltellare imitando (ed evocando) una danza scomposta. Eccolo in breve, il capriccioso, malinconico e allo stesso tempo euforico mondo della musica klezmer, il suono polacco della tradizione ebraica.


Precisiamo da subito che il patrimonio della musica klezmer non appartiene solo alla Polonia, ovviamente, ma ha casa un po’ ovunque sia giunta la diaspora ebraica e nel tempo ha ispirato e si è fatto ispirare da molte sonorità popolari e non. Sono evidenti i debiti che il mondo del jazz deve alla musica klezmer portata negli Stati Uniti dagli ebrei in fuga dall’Europa negli anni ’30 e ’40.

Anche se non appartiene esclusivamente alla Polonia, la musica klezmer tra Cracovia e Varsavia ha sempre attecchito in maniera significativa anche per via del legame speciale che accomuna la civiltà ebraica e quella polacca, nel bene e nel male. Non è questa la sede per discutere la complessità a volte anche drammatica dei rapporti tra la comunità ebraica in Polonia e quella “autoctona”, ma tali legami di certo sono antichi, profondi e in un certo modo persino consolidati dalle tragedie a tutti note. Basterà dire che oggi il Paese che ha, suo malgrado, ospitato Auschwitz oggi ospita il più importante festival di cultura ebraica del vecchio continente. Senza contare che il klezmer in questa fetta di Europa ci è nato, visto che le sue origini risalgono alle famiglie di musici erranti di origine ebraico-ashkenazita che si guadagnavano da vivere suonando per villaggi e città già nella seconda metà del XVIII secolo. Anche grazie a una serie di caratteri talmente tipici da essere diventati stereotipi, riusciamo quasi a vederli, vestiti da chassidim, lunghe barbe, a suonare i loro strumenti in piedi. Li vediamo talmente bene che il piccolo artigianato ligneo di Cracovia e dintorni ne ha fatto un prodotto tipico apprezzatissimo dai turisti:

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In realtà la musica klezmer che ascoltiamo oggi poco ha a che fare con questi buffi rabbini e con i ritmi allegri e danzanti del repertorio yiddish classico (che comunque vanno per la maggiore nei matrimoni ebraici ancora oggi), ma nel corso del ventesimo secolo ha raggiunto significative vette di qualità ed è stata adottata da musicisti di alta scuola. In particolare nel ventennio tra le due guerre, il più ricco e vivace della storia polacca recente, a farsene interprete fu uno dei più famosi musicisti dell’epoca, il galiziano Leopold Kozłowski, ultimo discendente di un’antica famiglia di musicisti ebrei “di strada” a cui è stato dedicato anche un documentario dall’eloquente titolo “Last Klezmer“.

Il ruolo di Kozłowski nella conservazione della cultura ashkenazita non si limita alla sua attività di musicista e di divulgatore della musica klezmer, infatti negli anni è stato direttore del teatro ebraico di Varsavia, autore di musiche da film, collaboratore con numerosi teatri e ospite fisso di quasi tutti i festival di cultura ebraica della Polonia, da quelli maggiori fino a quelli più piccoli.

Gli anni dell’occupazione nazista furono, com’è facilmente immaginabile, decisamente oscuri e quelli successivi all’Olocausto servirono più che altro alla comunità ebraica a ritrovare la propria identità collettiva o -più facilmente- ad abbandonare la Polonia. Kazimierz, lo storico quartiere ebraico di Cracovia, durante il socialismo cadde in disgrazia e finì depopolato dall’emigrazione; solo da pochi anni sta provando a ricreare la sua identità con locali a tema, ristoranti kosher e varie iniziative culturali che rievocano un mondo che effettivamente non esiste più.

Esiste però la volontà di ridare vita alle atmosfere dei tempi che furono e dagli anni ’90 fioriscono numerosi i gruppi di musicisti che suonano musica klezmer unendo la tradizione e l’innovazione con risultati più che interessanti.

I Kroke, gruppo attivo dal 1992 e messo insieme dalla volontà di alcuni ex-allievi del conservatorio di Cracovia, suonano una musica molto ricca e strumentale che predilige i ritmi lenti, malinconici e nostalgici e non fanno mistero di voler evocare il più possibile le atmosfere della vecchia Kazimierz:

La volontà dei musicisti, in ogni caso, è anche quella di sperimentare e lavorare sulla tradizione klezmer per creare nuove sonorità in un esercizio di gusto jazzistico.

Un altro gruppo importante della scena klezmer cracoviana è l’ensemble di musicisti nota come Bester Quartet e che fino al 2007 usava il nome decisamente poco equivocabile di Cracow Klezmer Band.

Anche quando aveva un nome così distintivo il Bester Quartet attingeva al patrimonio klezmer con un certo grado di libertà interpretativa mischiando polacco, inglese, yiddish ed ebraico per testi e titoli oltre a commistioni musicali ricche e interessanti. Rispetto alla musica klezmer tradizionale, infatti, si prediligono il più delle volte ritmi più lenti e tenui che evocano quella dolcezza malinconica che si associa (fin troppo) facilmente alle atmosfere ebraiche dell’Europa centrale. La volontà di sperimentare resta comunque nel solco di una ben precisa tradizione di simboli come dimostra l’album della band chiamato Sanatorium under the sign of hourglass (Il sanatorio all’insegna della clessidra), evidente omaggio all’omonima raccolta di racconti di Bruno Schulz da cui è tratto il seguente brano:

Giunti alla conclusione di questa breve presentazione è chiaro come buona parte di ciò che oggi chiamiamo klezmer ha perso la sua parte gioiosa in favore di una melancolia forse persino un po’ schiava di se stessa, come se ormai qualsiasi riferimento al mondo ebraico di un’altra epoca debba portare il marchio della cupa nostalgia. Non ne risente la qualità musicale e la capacità del klezmer contemporaneo di giocare con l’ampio mondo jazz, come dimostrano gli esempi precedenti e anche il Quartet Klezmer Trio

In ogni caso non manca chi dell’autentico spirito klezmer riesce a mantenere intatta la vivacità come i Di Galitzyaner Klezmorim che rievocano il mondo allegro, quasi euforico, con cui negli shtetl si festeggiavano le ricorrenze. Una vitalità che né pogrom né Olocausto hanno cancellato e che può restituire alla tradizione ashkenazita quella parte felice di sé troppo spesso occultata.

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